OPERA/
1. Grandi ritorni all’Accademia di Santa Cecilia: Marcello Panni
Pubblicazione:
martedì 4 febbraio 2014
Il Maestro
Panni
NEWS Musica
Marcello
Panni è uno dei maggiori musicisti italiani viventi. Poliedrico: compositore,
direttore d’orchestra, organizzatori di eventi musicali. Ha lavorato
soprattutto all’estero e alcune delle sue opere per il teatro sono in inglese o
in francese. Ha portato la musica contemporanea italiana in tutto il mondo all’inizio
degli Anni Settanta con l’Ensemble Teatromusica e musica straniera di pregio.
E’ stato direttore artistico di teatri importanti all’estero (ad esempio, Bonn,
Nizza) ed in Italia (San Carlo), ma tranne l’Accademia Filarmonica Romana, le
principali istituzioni musicali della capitale, dove è nato e cresciuto, lo
hanno quasi ignorato. Non è salito per oltre vent’anni sul podio dell’Accademia
di Santa Cecilia e da oltre dieci su quello del Teatro dell’Opera di Roma.
Quanto il suo ritorno fosse gradito è dimostrato dal fatto che nonostante la
sera del 31 gennaio , Roma fosse sotto un vero e proprio alluvione, non
mancasse pubblico al concerto da lui diretto nella Sala Sinopoli del Parco
della Musica (1200 posti) con un programma improntato alla musica del ‘Novecento
storico’ o contemporanea.
Ha
iniziato con quel gioiello de L’’Histoire du Soldat di Igor Stravinskij,
da considerarsi anche come un omaggio al ricordo della ‘Grande Guerra’ che, in
Italia viene associata al 1915-18, ma è in effetti iniziata nel luglio 1914
(questa estate il Festival di Salisburgo avrà una sezione specifica). Il
compositore, sempre profondamente anti-comunista, aveva lasciato la Russia alle
prime avvisaglie della rivoluzione sovietica. Con l’inizio della prima guerra
mondiale su suolo francese, emigrò povero in canna in Svizzera dove composti
lavoro proprio allo scopo di girare per città e villaggi a costi bassissimi:
comporta un attore – voce recitanti (nelle versioni più elaborate – ne ricordo
una alla Piccola Scala nel 1980 ed uno all’Orchestra Sinfonica di Roma nel
2011- vengono utilizzate marionette) ed un ensemble di sette strumentisti
(violino, tromba, clarinetto, fagotto, trombone, percussioni, contrabbasso). E’
una micro-opera. Verso schemi simili andò Britten dopo la seconda guerra
mondiale a ragione delle sempre maggiori difficoltà di allestimento di opere
tradizioni che il compositore preconizzava a causa delle crescenti restrizioni
economiche e dell’aumento di offerta in altri settori (cinema, televisione,
viaggi). L’ Histoire è, quindi, lavoro che apre un solco nel “Novecento
storico”: l’abbandono delle opere post-romantiche e veriste con enormi organici
ed il ritorno all’opera da salotto della Camerata Bardi. Il musicologo Giovanni
Gavazzeni ricorda un altro aspetto importante de L’ Histoire: è il
lavoro con cui Stravinskij effettua una sbalorditiva virata al periodo russo
alla poetica neoclassica sino ad approdare in vecchiaia alla dodecafonia in
un’operina per la televisione finanziata da una casa di dentifrici.
La
trama è di un’innocenza al limite dell’ingenuo ma i versi di Charlez Ramuz
messi in musica da Stravinskij ne fanno un’ironica ma profonda considerazione
sulla condizione umana. Oppure una parabola: il diavolo, subdolo ed ingannatore
che promette ricchezza e felicità al povero soldatino, viene da quest’ultimo
sconfitto. E’ anti-comunista perché il diavolo è – lo ha detto lo stesso
compositore – il Soviet che tutto promette e nulla dà. Attenzione pochi sanno
che Stravinskij, morto nella propria villa vicina a New York, chiese di essere
sepolto in Italia per (lo è nel cimitero di Venezia) e che, nonostante la sua
avversione al comunismo, era assolutamente apolitico, come rivela un’intervista
data in Francia, durante il Fronte Popolare, in cui dice di “aborrire” la sinistra,
“detestare” la destra e che il centro gli “fa semplicemente schifo”.
Panni non ha presentato un’edizione scenica ma la suite da concerto
articolata in sette brevi momenti orchestrali per un totale di una mezz’ora
circa di musica. Il direttore ed i solisti hanno, però, dato agli ascoltatori
l’intero significato artistico e musicale del lavoro dalla marcetta iniziale
del buon ed ingenuo soldatino alla maestosa (ma ironica marcia trionfale del
Diavolo, passando da aspetti melodici-armonici ed anche un breve episodio
cromatico.Nel resto del concerto due composizioni di Panni (la prima commissionata dall’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ed in prima esecuzione assoluta) e la seconda un lavoro recente in prima esecuzione nella capitale. Le Vesti della Notte è una cantata di 12 minuti per mezzosoprano e 12 esecutori. Mette in musica tre ‘quartine’ di Omar Khayyàn con una forte tensione ritmica e tali da richiedere vere e proprie acrobazie vocali al mezzosoprano (Cristina Zavalloni). La seconda un trittico La Terra del Rimorso che utilizza lo stesso organico strumentale de L’ Histoire e cita musiche molto note con affettuosa ironia in un contesto rurale salentino .
Conclusione allegra con le Folk Songs per mezzosoprano e sette esecutori. Bis e grande successo. Mentre fuori pioveva, pioveva
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