Controtempo
V: tiriamo le somme
A gennaio Artribune ha annunciato la
quinta edizione del festival internazionale Controtempo, tenutosi a Roma dal
primo al 15 febbraio, organizzato a Roma dall’Accademia di Francia a Villa
Medici in collaborazione con l’Accademia Filarmonica Romana, l’Auditorium Parco
della Musica, lo GMEM - Groupe de Musique Expérimental de Marseille, la Wigmore
Hal di Londra, l’Auditorium du Louvre, la Philarmonie du Luxembourg e il
Festival di Aix-en-Provence. Un grande sforzo collettivo da parte di
istituzioni di indubbio prestigio. Vediamo com’è andata.
Scritto da Giuseppe
Pennisi | venerdì, 21 febbraio 2014 · 0
Arditti String Quartet e otto quartetti interpretano
il Quartetto N. 4 di Horatio Radulescu – photo ©Musacchio & Ianniello
Gli otto concerti del festival internazionale Controtempo
si sono tenuti nell’intimo Gran Salon di Villa Medici, tra arazzi del Seicento
e una splendida vista sul centro di Roma illuminato, nella bucolica Sala
Casella nei pressi di Villa Borghese e nella enorme Sala Santa Cecilia del
Parco della Musica.
Il tema del festival è stato il quartetto d’archi, in cui i quattro strumenti si fondono in un unico strumento a sedici corde. Non sono mancati concerti in cui i quartetti, che suonavano simultaneamente, erano due, diventando uno strumento a trentadue corde. Nel concerto finale, il quartetto principale era circondato da otto quartetti, raggiungendo così 128 corde.
Altra caratteristica, il nesso con il visivo: non solo l’architettura rinascimentale di Villa Medici e l’atmosfera quasi bucolica della Sala Casella. Quasi in contemporanea con il festival si teneva infatti all’Accademia di Francia una mostra di Simon Hantaï, che resterà aperta sino all’11 maggio. Inoltre, il concerto finale nella Sala Santa Cecilia era esso stesso un coup de théâtre, con gli otto quartetti disposti in posizioni strategiche sullo smisurato palcoscenico e la musica spettrale di Horatio Radulescu (con molti riferimenti a quella di Gérard Grisey, Tristan Murail, Hugues Dufourt) che conduceva in un Medio Evo molto postmoderno.
Il tema del festival è stato il quartetto d’archi, in cui i quattro strumenti si fondono in un unico strumento a sedici corde. Non sono mancati concerti in cui i quartetti, che suonavano simultaneamente, erano due, diventando uno strumento a trentadue corde. Nel concerto finale, il quartetto principale era circondato da otto quartetti, raggiungendo così 128 corde.
Altra caratteristica, il nesso con il visivo: non solo l’architettura rinascimentale di Villa Medici e l’atmosfera quasi bucolica della Sala Casella. Quasi in contemporanea con il festival si teneva infatti all’Accademia di Francia una mostra di Simon Hantaï, che resterà aperta sino all’11 maggio. Inoltre, il concerto finale nella Sala Santa Cecilia era esso stesso un coup de théâtre, con gli otto quartetti disposti in posizioni strategiche sullo smisurato palcoscenico e la musica spettrale di Horatio Radulescu (con molti riferimenti a quella di Gérard Grisey, Tristan Murail, Hugues Dufourt) che conduceva in un Medio Evo molto postmoderno.
Interno di Villa Medici durante un concerto per il
festival Controtempo
Tre i tratti fondanti di questo festival. In primo
luogo, i quattro concerti affidati al quartetto Diotima hanno
evidenziato quanto sia contemporanea la musica chiamata “classica”. Hanno
accostato l’integrale del Livre des quators di Pierre Boulez
nella riscrittura del 2011 della composizione originale del 1948-49 con i
quattro quartetti tardo romantici composti da Arnold Schönberg nei primi
anni del Novecento e gli ultimi quattro quartetti di Ludwig van Beethoven
dell’inizio dell’Ottocento. I nessi sono molto forti e Beethoven sembrava
essere cugino del Novecento storico, ove non di esperienze ancora più moderne.
A introduzione, quasi, del raffronto Beethoven-Schönberg-Boulez, quattro giovani compositori (Laurent Durupt, Francesca Veronelli, Mauro Lanza e Raphaël Cendo) hanno mostrato i loro lavori (due ottetti e due quartetti) affidati al quartetto Tana e al quartetto Qvixote e a live electronics. Composizioni differenti (dal descrittivo all’introversione intimista), accumunate dalla ricerca di nuove sonorità, mantenendo simmetrie ma rifiutando ogni formalizzazione classica e abbracciando lo stile libero della sonata o del capriccio.
A introduzione, quasi, del raffronto Beethoven-Schönberg-Boulez, quattro giovani compositori (Laurent Durupt, Francesca Veronelli, Mauro Lanza e Raphaël Cendo) hanno mostrato i loro lavori (due ottetti e due quartetti) affidati al quartetto Tana e al quartetto Qvixote e a live electronics. Composizioni differenti (dal descrittivo all’introversione intimista), accumunate dalla ricerca di nuove sonorità, mantenendo simmetrie ma rifiutando ogni formalizzazione classica e abbracciando lo stile libero della sonata o del capriccio.
Il Quartetto Diotima – photo ©Molina
Grandioso il concerto finale dedicato a due
compositori recentemente e prematuramente scomparsi: il marchigiano (ma
messicano di cultura musicale e passione) Stefano Scodanibbio e il
romeno Horatio Radulescu, con radici nella cultura magiara ma plasmato sia da
Darmstadt che nel parigino Ircam. Musica di Scodanibbio (affidata al quartetto Arditti)
ha aperto il programma con un solo per violino e la rielaborazione di musica
messicana (tra cui Besame Mucho). Ha fatto seguito il Quartetto N. 4 di
Horatio Radulescu, a cui il compositore ha lavorato per quasi vent’anni. È un
quartetto particolare: il quartetto Arditti al centro del palcoscenico a 431
herz in intervalli di quinta, circondato da otto quartetti che simulano
un’immaginaria enorme viola da gamba con 128 corde. Il lavoro dura ben 45
minuti, con effetti spettacolari sotto il profilo sia sonoro che visivo.
Giuseppe Pennisi
Il Quartetto Diotima – photo ©Molina
Interno di Villa Medici durante un
concerto per il festival Controtempo
Arditti String Quartet e otto
quartetti interpretano il Quartetto N. 4 di Horatio Radulescu – photo
©Musacchio & Ianniello
Arditti String Quartet – photo
©Musacchio & Ianniello
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