Lunedì 24 febbraio 2014
“Attraverso un viaggio virtuale –
dice Mario Praz- intende evocare l’atmosfera culturale, psicologica ed umana
delle genti zingare, ebree, nere”.
Due prime importanti all'opera di
Roma
Giuseppe Pennisi
Su
due prime importanti al Teatro dell’Opera di Roma – Ghetto di Mario
Piazza il 25 febbraio e Manon Lescaut di Giacomo Puccini con la direzione di
Riccardo Muti ed il debutto a Roma di Anna Netrebko- incombe la minaccia di uno
sciopero da parte di alcuni orchestrali. Ove ciò avvenisse, Muti probabilmente
romperebbe il suo rapporto con il teatro capitolino. Inoltre, non avendo
accesso alla ‘Legge Bray”, per la fondazioni lirica romana sarebbe prevedibile
la liquidazione, dato che il debito supera il capitale sociale. Sono, quindi,
ore concitate e drammatica. Tutti coloro che amano la musica si augurano un
‘lieto fine’ Cosa è Ghetto “Attraverso un viaggio virtuale – dice Mario Praz-
intende evocare l’atmosfera culturale, psicologica ed umana delle genti zingare,
ebree, nere”. Lo spettacolo arriva per la prima volta in Italia, forte di ben
oltre cinquecento repliche in tutta Europa. “Ghetto è un inno alla vita –
dichiara Piazza – una interpretazione della vita ebraica, in un momento preciso
in cui assistiamo a una recrudescenza di razzismo, antisemitismo e
intolleranza”. Non vuole essere uno spettacolo narrativo, basato su una
drammaturgia che riporta semplicemente alla storia dei ghetti, ma, attraverso
un viaggio virtuale, intende evocare l’atmosfera culturale, psicologica ed
umana delle genti zingare, ebree, nere. Personaggio chiave è la Tikvah, figura
con chiare citazioni al pittore Marc Chagall, interpretata dall’étoile Gaia
Straccamore (25, 27, 28 febbraio), in alternanza con la prima ballerina
Alessandra Amato (26 febbraio, 1, 2 marzo). Rappresenta la Speranza, ed è lei a
evocare personaggi poetici e complessi come i giovani Sarah (Sara Loro il 25,
27 febbraio, 1 marzo e poi Alessia Gay il 26, 28 febbraio e 2 marzo) e David
(Claudio Cocino il 25, 27 febbraio, 1 marzo e poi Alessio Rezza il 26, 28
febbraio e 2 marzo), che simboleggiano il futuro. Guida spirituale che anima il
ghetto è invece il Rabbino capo, interpretato da Manuel Paruccini (25 e 28
febbraio), che si alterna nel ruolo con Antonello Mastrangelo (26 febbraio e 1
marzo) e Giuseppe Schiavone (27 febbraio e 2 marzo). Manon Lescaut fu il primo
grande successo di Giacomo Puccin. In gran misura in seguito alla
interpretazione di Maria Callas della caloratura da lei data all’aria del
secondo atto (In quelle trine morbide), oltre che dal colore bruno da lei dato
al duetto sempre del secondo atto (Tu , amore? Tu?) e al finale “Sola, perduta,
abbandonata), si è favorita una tinta a volte più scura, sino al soprano
drammatico di agilità – è stato per lustri il ruolo preferito da Renata Scotto
al Metropolitan.. Ancorato in gran misurata al baritono verdiano è Lescaut. E
tale il basso brillante Geronte de Ravoir. In Manon Lescaut , l’orchestra non è
essenzialmente di supporto al canto (ed all’azione scenica) come nel melodramma
verdiano. Ha assorbito, in parte, la lezione wagneriana del sinfonismo continuo
nel golfo mistico. Quindi, l’organico si è ampliato ed arricchito e ci sono
momenti (l’intermezzo) in cui la ‘musica a programma’, ossia il poema
sinfonico, vengono inclusi nel gioco scenico. Inizia quel processo di
orchestrazione opulenta (ed impervia) in cui la partitura è frastagliata e
frammentata ma si ricompone di continuo in nuove unità – un processo che avrà,
in Puccini, in suo apogeo in La Fanciulla del West ma a cui stava lavorando, in
parallelo, in una piccola città provinciale di Moravia (priva di un vero e
proprio teatro , nonché di una sala da concerto) Léos Janaceck. Manon Lescaut
appartiene al Novecento storico per l’orchestrazione (che nelle esecuzioni e
nelle recensioni riceve, spesso, poca attenzione) quasi più che per la vocalià.
Se nelle voci si apre con un sublime “chiacchierar cantando” (quanto dovette
imparare Richard Strauss da Manon Lescaut!) e si giunge ai turgidi “la” del
duetto delle frenesia erotica del secondo atto, in orchestra, il grande
organico si deve cimentare con una scrittura frammentata, spezzata e
ricostruita.
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