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Otello al Massimo, una coproduzione con Napoli per mostrare cantando il Made in Sud in Milano Finanza Sicilia 27 febbraio
Otello al Massimo, una coproduzione con Napoli per mostrare cantando
il Made in Sud
di Giuseppe Pennisi
«
Otello di Giuseppe Verdi mancava da Palermo da 15 anni. Non perché
l'opera non sia amata dal pubblico ma per la difficoltà di trovare due tenori
all'altezza dei rispettivi ruoli. La parte del protagonista è stata scritta per
una voce particolare: un tenore drammatico, con voce brunita, ma in grado di
ascendere a registri altissimi per discendere, poi, a vocalità quasi baritonali;
un tenore) lirico leggero (Cassio) in grado di tenere a lungo il registro di
centro. Di tenori per questi due impervi ruoli ce ne sono pochi, e quelli bravi
richiedono cachet molto elevati. Sono essenziali un doppio coro di alto livello
e una concertazione che sappia cogliere sia il legame con il melodramma
ottocentesco sia la carica innovatrice. L'allestimento che ha debuttato al
Teatro Massimo è importante non solo perché risponde a questa sfida ma per due
altre ragioni: è una coproduzione con il San Carlo di Napoli per dividere le
spese tra le due fondazioni e per mostrare ciò che i due maggiori teatri del
Mezzogiorno riescono a produrre insieme; è un importante biglietto la visita
perché il 20 aprile sarà presentato in circa 200 sale cinematografiche in Italia
(e forse anche in diversi Paesi europei). Un modo importante se non per
«esportar cantando», almeno di «mostrare cantando il made-in-Italy».
Questi aspetti sono specialmente importanti in una fase in cui il rilancio
del Mezzogiorno è in gran misura affidato alla «ricchezza culturale» del Sud e
delle Isole ed un'importante riorganizzazione è in corso al Collegio Romano
(sede del dicastero dei beni culturali). Siamo, alle prese non con un ordinario
allestimento dell'opera verdiana ma con una produzione che intende lasciare il
segno; sarà seguita anche dalla critica straniera. Verdi aveva 75 anni quando
l'opera, dopo un lungo periodo di gestazione, ebbe la trionfale prima alla
Scala. È al tempo stesso il culmine e il superamento del melodramma: ancora legata
ad alcuni aspetti del genere alla base del successo e della fama di Verdi,
metabolizza la rivoluzione apportata da Richard Wagner, protesa verso quella
che sarebbe stata la musica del novecento. Per la drammaturgia e regia ritorna
un grande nome Henning Brockuas per tanti anni nel suo ritiro di Passo di Treia
nel maceratese interrompendolo per poche nuove produzioni a Jesi e per le
riprese dei grandi lavori fatti con Josef Svoboda negli anni 90 che si sono
visti in tutto il mondo. Le scene sono di Nicola Rubertelli, i costumi di
Patrizia Toffolutti, le luci di Alessandro Carletti. È una struttura scarna ed
efficace, ma soprattutto adattabile a palcoscenici di differenti dimensioni e
che non dispongano delle strutture tecnologiche più aggiornate In una scena
essenzialmente unica, la vicenda viene portata in una Cipro devastata (quasi da
guerra balcanica) e corrotta. Domina il bianco ed il nero. Nel podio Renato
Palumbo che ha già primeggiato più volte nell'opera verdiana, ha colto con
perizia l'equilibrio tra tradizione ed innovazione. Di grande livello la
Desdemona di Julianna Di Giacomo (una delle voci nuove più apprezzate negli Usa
ed in Europa) e lo Jago di Giovanni Meoni (un veterano del ruolo). La sera
della prima il protagonista, il tenore argentino Gustavo Porta, ha avuto serie
difficoltà nel primo atto («ingolandosi» nell'Esultate e mancando le «mezzo
voci» nel duetto): si è gradualmente ripreso nel resto dell'opera. Modesto il
Cassio di Giuseppe Varano. A fianco di un'orchestra di alto livello, i cori
guidati da Piero Monti hanno cantato da veri protagonisti. (riproduzione
riservata)
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