Cosa legge Renzi mentre sceglie i ministri e scrive il programma
Da una lettura di tanti anni fa – The Best and the
Bightest di David Halberstam (nella pessima traduzione italiana
intitolata Le Teste d’Uovo – Matteo Renzi ha appreso come nel
1960, o giù di lì, bastarono pochi ardimentosi per cambiare il ceto politico
americano. La strategia consistette nell’agire rapidamente e di sorpresa
(come il presidente del Consiglio incaricato fa da qualche anno).
La tattica aveva due punti fermi: a) segmentare l’impiego del
tempo (per massimizzarne i rendimenti della risorsa più scarsa); e b) leggere
qualche bella (e saggia pagina) tra una riunione e l’altra (per chiarirsi la
mente e non confondere i temi). Chi lo studia da vicino, sa che sono le
tecniche che sta seguendo: non erano quelle di John F. Kennedy, ma quelle che
Robert S. McNamara che di Kennedy fu segretario alla Difesa prima di guidare la
Banca Mondiale per oltre due lustri.
MacNamara aveva, nel cassetto della sua scrivania, libri di
poesia, particolarmente amati quelli di Yeats. Matteo Renzi – sussurrano i beni
informati – ha avuto dai suoi collaboratori letture più impegnative, più vicine
al suo lavoro e un po’ deprimenti.
La prima è uno studio (redatto in lingua inglese) da due suoi
concittadini, Nicolò
Bellanca dell’Università di Firenze e Stefania Innocenti
dell’Università delle Nazioni Unite a Maastricht. Il lavoro, disponibile in via telematica (pdf),
costruisce un quadro teorico della “resistenza al cambiamento in Italia negli
ultimi anni”. Ad ogni buon fine, Formiche.net ne allega il
testo integrale in pdf. Il lavoro utilizza la teoria dei giochi, in particolare
“il gioco a basso a potenziale” modellizzato da Gambetta e Origgi, per spiegare
perché tutti sembrano applaudire al cambiamento, ma marcano visita o se ne
vanno per un’altra strada appena si accorgono che le misure specifiche toccano
che i fiorentini chiamano il loro particulare.
Quindi, non una trappola ma una serie di trappoloni sono all’orizzonte.
Il secondo è un lavoro di Marco Battaglini dell’Università di
Princeton e di Lydia Mechtenberg
dell’Università di Amburgo ed esplora, con un’analisi empirica
sperimentale, cosa avviene quando “partiti politici in conflitto tra di loro
condividono il potere politico”. L’esperimento può essere letto in dettaglio
nel documento allegato. In effetti, quando si forma un governo siffatto, il
piano resta inclinato perché la minoranza è sempre pronta a “punire
comportamenti egoistici della maggioranza”. Anche quando la “punizione” non è
ottimale.

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