Il caso
Il «trappolone» della Corte tedesca per Mario Draghi
Il «trappolone» della Corte tedesca per Mario Draghi
GIUSEPPE PENNISI
A Francoforte, sede della Banca centrale europea, lo
champagne è probabilmente andato di traverso a quei pochi che avevano brindato alla lettura dei comunicati secondo cui la Corte costituzionale tedesca di Karlsruhe ha rinviato alla Corte di giustizia europea il giudizio sulla congruità delle Misure monetarie non convenzionali («Outright monetary measures») con il Trattato di Maastricht. Un’attenta lettura dei dispositivi della sentenza e del verbale della camera di consiglio, pubblicati il 10 febbraio, mostrano che si tratta non di una trappola, ma di un 'trappolone'.
Si aveva il sentore che non tutto fosse così roseo come mostrato da gran parte della stampa italiana, poiché gli Otms annunciati da circa un anno e mezzo – ma mai deliberati dal Consiglio Bce – sarebbero rimasti un’arma scarica per ancora un anno. Il dispositivo della sentenza dimostra, invece, che Draghi è alle prese con un trappola per topi. I verbali rivelano anzitutto che due degli otto componenti della Corte si sono duramente opposti agli «aiuti» e alla stessa sentenza di rinvio alla Corte europea: «Stiamo eccedendo dalla nostre competenze», ha detto uno dei giudici. Sostenendo in punta di diritto che la Carta della Repubblica federale vieta strumenti come gli Omts. La Germania dovrebbe pertanto cambiare la propria Costituzione prima di permettere l’attuazione dello strumento. Il compromesso è stato raggiunto con una motivazione non giuridica: l’annuncio degli aiuti «ha calmierato i mercati ed evitato una crisi europea».
Tuttavia, la Corte tedesca ha dato un compito limitato a quella Ue – la conformità degli Omtss con i Trattati – e si è riservata la possibilità di tornare sulla materia della 'costituzionalità tedesca' dello strumento. Ossia: ove la Cge si schierasse a favore del presidente della Bce, i giudici tedeschi potrebbero pur sempre dire che gli «aiuti», pur conformi ai trattati europei, non sono in linea con la Costituzione teutonica. Viene offerto tuttavia, tra le pieghe della sentenza, un compromesso articolato su tre punti. Il primo: in caso di ristrutturazione del debito di uno Stato (o di un istituto bancaria) la Bce non deve essere sullo stesso piano dei creditori privati (come non lo sono il Fondo monetario e la Banca mondiale) e dunque non deve accettare perdite eventualmente dovute a Omts. In ogni caso – secondo punto – la Bce «non deve interferire con il processo di formazione dei prezzi sul mercato finanziario », ossia definire obiettivi quantitativi per obbligazioni pubbliche o spread. Da ultimo, l’impiego degli strumenti deve essere «limitato», e cioè titoli al massimo triennali , non proprio ciò di cui avrebbero bisogno i Paesi più indebitati. La pistola potrà al più sparare a salve.
Così il rinvio dei giudici di Karlsruhe spunta le armi alla Bce
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