Ci sono
progressi Ma le eurocolombe sono sotto attacco
GIUSEPPE PENNISI
Alla vigilia del Consiglio Bce è giunta una buona notizia che, per molti aspetti, ha avuto meno rilievo, sulla stessa stampa specializzata, dei tremoli segnali di ripresa dell’economia reale (nel 2015 il Pil dell’eurozona segnerebbe un aumento dello 0,5%). La notizia riguarda la Grecia: per la prima volta dall’inizio della crisi, il saldo primario dei conti pubblici è in attivo, anche se per una cifra modesta (un miliardo di euro) e non tale da assicurare stabilità, ci precisa Jens Bastian, un economista che per due anni ha fatto parte della 'troika'. È un barlume al termine di un lungo tunnel durante il quale è quasi scomparso il ceto medio greco ed è dilagata la povertà. Il barlume, però, viene letto da numerosi economisti, non solo tedeschi, come un segno che la medicina può avere effetti collaterali spiacevoli ma funziona.
Proprio alla vigilia della riunione Bce, è iniziato un vero e proprio attacco nei confronti di alcuni aspetti della politica dell’istituto volta a facilitare la ripresa con misure 'non convenzionali', come gli Omt annunciati dal Mario Draghi il 2 agosto 2012 ma sino ad ora mai attuate. Questa volta a sparare non sono i giuristi (alcuni da sempre critici della congruità degli Omt con il Trattato di Maastricht) : il primo colpo è partito nel numero di febbraio della maggiore rivista accademica dell’Estonia, uno degli ultimi arrivati nell’eurozona. Nel fascicolo appena pubblicato di Discussioons on Estonian Economic Policy , Manfred O.E. Hennied e Matti Raudjary, due economisti di punta , affermano che gli Omt (e chi li ha inventati) non sono in linea né con la teoria economica né con i trattati dell’Unione Europea.
Quasi in parallelo, uno dei consiglieri economici più ascoltati del Governo di Berlino, Hans Werner Sinn fa uscire sul primo fascicolo di The World Economy un saggio in cui si analizzano 'austerità, crescita ed inflazione'. Sinn conclude che politiche neo-keynesiane sarebbero controproducenti nel Nord Europa ed inutili nel Sud sino a quando l’area mediterranea e la Francia non risolvono i loro problemi di competitività. Anzi « i flussi di investimento dovrebbero andare verso il Nord – dove rendono di più – piuttosto che essere dirottati artificialmente verso il poco produttivo Sud». Il punto centrale è che oggi, nonostante i segnali di leggera inversione di tendenza, il clima nei confronti dei Paesi a alto debito è ancora meno favorevole di un mese fa. Anche a ragione del probabile naufragio dell’unione bancaria.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Nessun commento:
Posta un commento