Ecco la
Matteonomics: redistribuzione e rilancio. Avrà effetti?
27 - 02 - 2014Giuseppe Pennisi
Sarebbe inappropriato, prima ancora che poco generoso,
dare enfasi alla differenza tra alcune dichiarazione (con stime quantitative
preliminari) di collaboratori del Presidente del Consiglio ed alle
puntualizzazioni del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF). Si è
chiaramente in una fase di transizione in cui una squadra con poca
dimestichezza di Ministeri, Parlamento e quant’altro, sta cominciando a
elaborare politiche economiche in un momento, peraltro, molto difficile per il
Paese.
E’ più importante, ritengo, analizzare il sottostante
del programma delineato alle Camere nei suoi principali aspetti
macro-economici. La strategia di breve periodo (su quella di medio e lungo
periodo non credo ci siano ancora elementi da consentire non un’analisi ma pure
solamente un sunto) è fortemente redistributiva nell’ipotesi che un aumento dei
redditi reali dei ceti ai livelli più basso di reddito e di consumo possa
assicurare un incremento della domanda interna tale non lasciare le flebili
ipotesi di crescita in balia dell’esportazioni in un mercato mondiale in rapido
cambiamento ed in cui si intravedono segni di rallentamento. La riduzione del
cuneo fiscale contributivo (da finanziarsi con la riduzione della spesa
di parte corrente secondo le indicazioni della spending review)
sarebbe una delle due leve principali; l’altra sarebbe un abbattimento
dell’Irap (anche da finanziare con la riduzione della spesa di parte
corrente secondo le indicazioni della spending review).
Questa manovra (se le cifre della spending
review lo consentono) è sensata, ma monca. Infatti, è difficile
pensare che un aumento dei consumi dei ceti più deboli abbia effetti di
trazione della domanda e un moltiplicatore così elevato da fare tornare l’economia
ad un tasso di crescita non inferiore all’1,5%, quello considerato come “tasso
di crescita potenziale” dalle elaborazione econometriche della Commissione
Europea e della Banca centrale europea. Ora siamo ad un pallido e traballante
0,1%. La crisi del manifatturiero (ci sono oltre 300 vertenze aperte nei tavoli
del Ministero dello Sviluppo Economico, MISE) mostra come sia urgente una
politica industriale. Tanto più che, pure a livello europeo, sono state
smussate le opposizioni e le ritrosie al termine spesso politica industriale.
In materia la Matteonomics non deve fare grandi
sforzi: solo poche settimane fa, il CNEL ha approvato un documento “Per una
nuova politica industriale” condiviso da parti sociale ed esperti economici di
varie scuole. Può essere la base da cui partire Ed avere presto risultati
concreti.
Nessun commento:
Posta un commento