lunedì 14 giugno 2010

Quanto pesa davvero la manovra finanziaria? Ffwebmagazine.it del 14 giugno

Focus


Uno sguardo anche ai provvedimenti del resto d'Europa
Quanto pesa davvero
la manovra finanziaria?
di Giuseppe Pennisi Per discendere dall’Himalaya del debito, i maggiori paesi Ocse, in particolare quelli dell’Unione Monetaria Europea (Ume), stanno attuando manovre coordinate di finanza pubblica tese a ridurre disavanzi di bilanci e lo stock di debito pubblico. Ci sono timori e tremori che ciò possa scatenare una deflazione, inevitabile premessa di una recessione ancora più forte di quella subita nel 2009. E a dare il polso della situazione sono, in primo luogo, i dati sulla disoccupazione. Negli Usa e nell’Ue, un lavoratore su dieci cerca un’occupazione senza trovarla. Negli Stati Uniti , il tasso di disoccupazione è al 9,7% della forza lavoro: un’analisi dettagliata della Federal Reserve Bank di New York e della Università dl Michigan (Nber working paper w15979) sottolinea che i dati, da un lato, evidenziano un aumento della disoccupazione di lungo periodo (un esito di trascinamento dalla situazione precedente la crisi) e, dall’altro, possono sottostimare il fenomeno aggregato a ragione dell’ampliamento delle dotazioni finanziarie e dell’entità dell’Emergency Unemployed Compensation (l’equivalente Usa della Cassa integrazione straordinaria). Negli Stati Uniti, inoltre (rileva Willem H. Buiter nell’ultimo fascicolo della Oxford Review of Economic Policy), le restrizioni annunciate, ma non ancora attuate, si intersecano con una politica di bilancio espansionistica rafforzata nella seconda metà del 2009.Il nodo centrale, quindi, è l’Europa della moneta unica. Nell’area dell’euro, il tasso di disoccupazione è pari al 10% delle forze di lavoro; nel paese di maggior peso (la Repubblica federale tedesca) è al 7,7%, in Italia all’8,5%, ma in Francia sfiora il 12% e in Spagna il 20%. In che misura una politica di bilancio restrittiva coordinata rischia di aggravare il quadro sino a non renderlo più sostenibile sotto il profilo economico e sociale?Per giungere a una valutazione di merito occorre effettuare un’analisi più dettagliata, e meglio mirata, di quella presentata su numerosi quotidiani in questi ultimi giorni. Ad esempio, i “tagli” proposti in Germania (80 miliardi di euro) sono scadenzati su quattro anni; la parte maggiore è proposta per il 2012 e per il 2013. Anche la manovra “tremontiana” è scadenzata su due esercizi finanziari con il grosso delle restrizioni nel 2011. Per l’area dell’euro, secondo le nostre stime, la media ponderata dei “tagli” nel 2010 e nel 2011 è pari all’1% del Pil della zona: mi soffermo su questi due anni perché le legge finanziarie guardano a 12 mesi e, di conseguenza, quelle per il 2012 (da presentarsi nell’autunno 2011) possono essere differenti dai programmi di oggi se il quadro cambia. Inoltre, dato che siamo a metà 2010, è bene porre l’accento sul 2011, ossia sul prossimo esercizio finanziario. La maxi-manovra Merkel per il 2011 è pari appena allo 0,4% del pil stimato per l’anno prossimo. Sempre nel 2011, la manovra “tremontiana” è pari allo 0,8% del pil, al fine d’incidere sullo stock di debito. Più incisive le manovre in Grecia (4% del pil), Portogallo (3,1% ), Spagna (2,9%) in quanto l’andamento dei mercati dei loro titoli di Stato evidenzia dubbi sulla loro solvibilità.In termini generali, quindi, la manovra è meno intensa di quello che potrebbe sembrare. Occorre, però – come correttamente sottolinea un’analisi recente di Alberto Alesina e Roberto Perotti sulla “qualità delle restrizioni” – notare che tali restrizioni riguardano spese di limitata utilità o spese che nel breve periodo aumentano produzione ed occupazione e nel medio e lungo incidono positivamente sul capitale fisso sociale.A riguardo è importante ricordare che il 17 giugno Roma sarà la capitale mondiale dell’investimento a lungo termine: gli occhi dei maggiori osservatori internazionali saranno puntati su Palazzo Corsini sede dell’Accademia dei Lincei, dove, alla presenza del Capo dello Stato, si svolgerà un convegno organizzato dalla Cassa Depositi e Prestiti (CDP), per il Long Term Investors Club (LTIC). Il Club è stato fondato nell’aprile 2009 dalla CDP, dalla BEI, dalle Caisse de Depôt et Consignation francese e dal Kreditanstalt für Wiederaufbau (KfW). Ai quattro fondatori si sono aggiunti altri soci, tra cui il fondo sovrano cinese. I quattro fondatori gestiscono 1.300 miliardi di euro; aggiungendo le risorse di nuovi e potenziali soci la risorse del Club arrivano a 3000 miliardi di euro. Il Club ha finalità operative specifiche: ha già creato tuo fondi di “private equity” – “Marguerite” e “Infra-Med” , diretti specificatamente agli investimenti pan-europei il primo e a quelli nell’area del Mediterraneo il secondo. In parallelo, il Club promuove una rete internazionale di riflessione sugli aspetti economici, contabili e legali degli investimenti a lungo termine , rete che potrà contribuire alle “nuove regole” della finanza e dell’economia mondiale verso le quali vari G stanno lavorando da anni. Un segnale importante dall’Italia al resto d’Europa.

14 giugno 2010

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