La polemica di luglio-agosto 2010
Nel 1993 Francesco Ernani e Roberto Iovino pubblicarono un libro intitolato ‘‘La Repubblica degli Enti Lirico-Sinfonici”. Se dovessero riscriverlo oggi sarebbe più appropriato chiamarlo ‘‘I Principati dell'Impero Lirico-Sinfonico”. Le Repubbliche, pur sovvenzionate dallo Stato, avevano una base e un sostegno locale: erano ex-enti autonomi comunali e ci¤ comportava anche un controllo dal basso. Oggi, a dodici anni dalla Legge Veltroni che li ha trasformati in fondazioni private, dipendono dal centro -- Fondo unico per lo spettacolo (Fus) -- più di prima e hanno perso una parte del sostegno locale e del controllo dal basso. Il mondo della lirica assomiglia al Sacro Impero Romano dove i ‘‘Principati” non sembrano avere un indirizzo chiaro e andare ciascuno per conto proprio.
Il disagio è dimostrato -- più che dallo stock di debito accumulato (duecento milioni di euro in dodici anni di cui la metà nell'ultimo lustro) e dai commissariamenti decisi in seguito a crescenti disavanzi -- da un indicatore eloquente: mediamente il costo di una rappresentazione lirica in Italia è il 140% della media dell'Unione Europea a 15 e circa il 200% dell'Unione Europea a 27.
In Italia la privatizzazione è fallita: al 90% il finanziamento è pubblico. La tabella sui risultati di bilancio negli ultimi cinque anni indica che solo La Scala (che ha attirato consistenti soci privati), il Regio di Torino, il Massimo di Palermo e il Lirico di Cagliari hanno chiuso i conti in pareggio o in attivo per una serie di anni; l'Arena di Verona e il San Carlo di Napoli hanno rimesso i conti in ordine di recente (nel caso del San Carlo grazie all'impiego di Fondi per le Aree Sotto-utilizzate per saldarne il debito).
Inquietante in ogni caso lo stato patrimoniale del comparto: il patrimonio conferito alle fondazioni al 31 dicembre 1998 è diminuito mediamente di oltre il 20% (in termini nominali -- ma di almeno il 40% in termini reali). Lo sarebbe anche di più se quello dell'Accademia di Santa Cecilia non fosse più che raddoppiato. Gli interessi passivi portano via dieci milioni di euro l'anno.
Il 70% dei costi è per il personale. Necessariamente, le misure di contenimento previste dal Governo col Decreto Bondi riguardano questa voce, anche perché i cachet degli artisti ‘‘a scrittura” sono già regolamentati da misure che stabiliscono fasce e compensi massimi. La tabella sugli organici mostra che le due maggiori fondazioni hanno masse tecnico-artistiche analoghe a quelle della Staatsoper di Vienna che ogni anno mette in scene cinquanta titoli d'opera e dieci di balletto. Circa il 15% dell'organico complessivo è nell'area amministrativa; quello della Fondazione Petruzzelli (nove titoli e circa cinquanta rappresentazioni) è quasi una volta e mezzo (131 addetti) rispetto a quello della Scala (83 addetti), che propone venti titoli per oltre duecentocinquanta rappresentazioni.
Nel Sacro Impero Romano, quando il centro era messo alle strette decretava nei confronti delle disfunzioni apparentemente maggiori. E’ da auspicarsi che nei regolamenti previsti dal decreto legge si includano misure tali da incentivare la buona gestione da parte del management: si chieda, ad esempio, che il settanta percento degli spettacoli sia in coproduzione, si contemplino meccanismi per premiare le fondazioni ‘‘virtuose” in termini di bilancio e di quantità e qualità di programmazione e si prevedano matching grants, di frequente impiego all'estero, in base ai quali indirizzare i contributi pubblici verso i teatri che riescono a meglio coprire le proprie spese con l'apporto di privati.
Giuseppe Pennisi
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento