martedì 30 giugno 2009

TEMPO DI FESTIVAL Il Foglio primo luglio

Questa estate in Italia sono in scena 35 festival di lirica, rispetto ai 21 della Germania federale, ai 15 dell’ Austria, ai 16 degli Stati Uniti, ai 13 della Gran Bretagna agli e 11 della Francia. Questi dati vengono dal ai maggiori siti internazionali (www.operabase.com, www.operatoday.com) , il quadro non cambia: non vengono inclusi alcuni “festival” italiani (pur se così denominati) poiché frutto dell’attività di una compagnia di giro a basso costo (e di produzione e di biglietti), ma crescono quelli Usa. Se si guardano i dati americani con attenzione, molti festival nascondono saggi di fine corso (con più repliche) organizzati da Music Schools di Università per dare agli allievi il brivido del palcoscenico. Due “festival” del genere (non inclusi nei 35 citati in precedenza) sono in corso a Roma (vengono allestiti ciascuna estate) proprio con il medesimo obiettivo – dei due, uno è organizzato da un’intraprendente yankee docente in una scuola secondaria; all’ombra del Cupolone ha trovato l’America.
Nonostante musicisti e giornalisti si rotolino per terra, si strappino i capelli e protestino contro i “tagli” , consumiamo teatro in musica e melodramma più di altri. I festival” di Cianciano, Civita Castellana, Zavorrano, Massa Marittima, Ostia Antica, Pistoia, San Giminiano, San Vito al Tagliamento, Tarquinia, Veroli sono la tournee di un “Carro di Tespi” organizzato da un abile impresario con artisti dell’Europa orientale e dell’Asia centrale e titoli di sicuro richiamo, “Nabucco” e “Trovatore”; la qualità sarà simile a quella dei saggi delle Music Schools americane ma la cultura dell’opera lirica si diffonde o resta in vita. Ciò avviene nonostante le ristrettezze finanziarie; prima di tutto, del pubblico pagante e, successivamente, di un’amministrazione pubblica in cui negli ultimi dieci esercizi finanziari “il resto effettivo di cassa” (quanto non speso alla fine dell’anno) ha spesso superato quanto erogato.
Non mancano festival di qualità che attirano pubblico sia locale sia nazionale sia dal resto del mondo. Sono, soprattutto, quelli monografici (su un autore) o a tema (su un argomento). Tra i primi spiccano quelli imperniati su Puccini (Torre del Lago) e Rossini (Pesaro). Il Festival pucciniano ha condotto un’analisi economica dettagliata degli impatti (su valore aggiunto ed occupazione nell’area) delle attività connesse al 2008; il saldo economico è nettamente positivo. A Pesaro, il 70% del pubblico è straniero; al 20 giugno il 90% dei biglietti per la manifestazione (9-20 agosto) era già venduto, nonostante prezzi allineati su quelli tedeschi. Conti in attivo (e molti stranieri) pure nella piccola Jesi dove da circa un decennio si celebrano i due “genius loci”, Pergolesi e Spontini. Tra i Festival a tema spiccano Macerata (il tema del 2009 è “l’inganno”) e Ravenna (da sempre incentrato sulla spiritualità e l’incontro tra culture ed etnie). Il secondo è multidisciplinare (come quello di Spoleto)- la lirica è parte di un a serie di eventi in cui prosa, danza, cinema e mostre mobilizzano la città e l’area circostante.
Dalla esperienze di successo emergono alcune lezioni per chi sta operando al rilancio di quello che è stato il capostipite dei festival estivi italiani: quello dei “Due Mondi” di Spoleto, una manifestazione multidisciplinare a cui, di fatto, da dieci anni almeno Ravenna ha tolto lo scettro. In primo luogo, razionalizzazione d’amministrazione e direzione musicale: mentre Macerata, Ravenna, e Jesi (ed anche Perugia ed altre realtà) hanno integrato i festival con le attività dei locali teatri di tradizione (contenendo costi ed uniformando indirizzo artistico), a Spoleto convivono due strutture (il “Due Mondi” ed il “Lirico Sperimentale”, il cui management- unico caso al mondo- è a tempo indeterminato, tendenzialmente a vita), con evidenti duplicazioni e differenze di strategia. In secondo luogo, il finanziamento pubblico è essenziale ma se supera certi livelli trasforma il capitale umano da produttivo a improduttivo: a Ravenna e Torre del Lago (ed in Festival stranieri di prestigio come Aix en Provence e Glyndebuorne) vige la regola secondo cui un terzo del budget è finanziato dal contributo pubblico (di ogni ordine e grado) e due terzi da sponsor e biglietteria- un principio sano ed analogo a quello delle finanze “fogliane”. In terzo luogo, la capacità di attivare grandi co-produzioni internazionali (questa estate Ravenna lavora con Salisburgo e Parigi) e di vendere i propri allestimento ad altri teatri (il 20% circa degli introiti di Aix e Glyndebourne).

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