Nel 2009 non c’è alcuna ricorrenza di Pëtr Il’’jč Čajkovskij. Nonostante le difficoltà di bilancio di molti teatri ed i costi elevati di lavori con frequenti cambiamenti di scena e ballabili, le sue due opere più note sono sui palcoscenici italiane in varie edizioni-Di Evgenij Onegin se ne sono viste due (una, a Ravenna ed a Rovigo , mediocremente importata dal Teatro Nazionale di Belgrado, ed un’altra a Trieste, di ottimo livello, prodotta dal Teatro Accademico Stanislasvkij di Mosca, un adattamento della regia originale del 1926 e con un egregio cast vocale). Una terza edizione è in arrivo alla Scala dal Bolshoi a metà luglio: tradizionale e grandiosa. Pikovaja dama (che preferisco tradurre “La Dama di Picche” , non “La Donna di Picche” come fanno alcuni, allo scopo di mantenere l’ambiguità del titolo originale) è al Regio di Torino sino all 31 maggio. A differenza di Evgenij Onegin, Pikovaja dama è raramente rappresentata in Italia; a Roma negli Anni 90, la sua messa in scena è stata annullata poiché avrebbe provocato il dissesto finanziario dell’ente: oltre tre ore di musica, sette quadri, 15 solisti, doppio coro con 100 coristi, un coro di 25 bambini ed una pantomima pastorale in una scena di “teatro-nel-teatro” culminante con l’arrivo dell’Imperatrice Caterina La Grande. A Torino, all’odor di tagli di bilancio, il regista programmato (Dmitri Cherniakov) è sparito senza lasciare tracce; il tenore (Misha Didyk, diventato una star dopo il successo riportato nel 2008 a La Scala ed alla Staatsoper di Berlino in “Igrok” ,“Il Giocatore”, di Prokofief) è scomparso pure lui. Fortunosamente, il regista franco-tunisino ma di cultura italiana, Denis Krief, si è inventato un allestimento a basso costo ma efficace. Il direttore musicale, Gianandrea Noseda, l’ottimo cast (tra cui un giovane tenore russo Maksim Aksënov, sino ad ora ignoto al di fuori della madrepatria) hanno fatto il resto ed assicurato il successo dello spettacolo.
Evgenij Onegin e Pikovaja dama non sono solamente le due opere di Čajkovskij più conosciute (al di fuori della Russia) ma quelle che meglio rivelano i suoi tormenti interiori e le sue difficoltà con la società in cui viveva. Il “Palazzo” era composto da un’aristocrazia decaduta e decadente e da una borghesia che invece di giustapporsi alla nobiltà bussava alla porta di servizio per essere ammessa almeno nrl mezzanino. Un esempio era la “borghesia ferroviaria” di cui era estrazione la Baronessa von Meck che sostenne finanziariamente il compositore per anni senza mai volerlo incontrare a ragione delle voci (peraltro fondate) sulle sue tendenze erotiche.
Tra la stesura del libretto e la composizione di Evgenij Onegin e quella di Pikovaja dama passano dieci anni. Nella prima, Čajkovskij , a quaranta anni e con un matrimonio di facciata (fallito), compie un coming out : tramite una serie di sotto-intesi (principalmente il duetto tra il protagonista ed il suo migliore amico al termine del secondo atto) dimostra di essere “gay”, ufficialmente un reato punito severamente (ma tollerato in certi circoli – quelli delle tëtki ,“ziette”- purché condotto discretamente tra adulti consenzienti o nei confronti di giovani servi della gleba). Evgenij Onegin è una rivolta contro le convenzioni sia aristocratiche sia borghesi. Tali convenzioni (ed il suo orientamento) comportano al protagonista l’uccisione in duello del suo più caro amico e la perdita dell’unica donna con cui aveva avuto la felicità “a portata di mano”.
In Pikovaja dama, il suo terzultimo lavoro di teatro in musica, non c’è neanche un orizzonte di felicità “a portata di mano” (intravista ma mai raggiunta). Herman, il protagonista, utilizza il proprio fascino sulla bella Liza per carpire alla vecchia contessa il segreto delle carte vincenti al gioco. La contessa (decenni prima conosciuta a Parigi come la “venere moscovita” ma prostituitasi per il tavolo da gioco) è , con la povera Liza, l’unico personaggio positivo. L’aristocrazia dei palazzi sulla Neva è macera sino al midollo. E pure l’esercito (Herman è un ufficiale). Pikovaja dama è la marcia verso la dissoluzione di un’intera società. Meno di tre anni dopo, Čajkovskij si sarebbe “suicidato” per avere sedotto il nipote quattordicenne del duca Serbon-Fermor , in seguito ad un giurì d’onore condotto da un gruppo di ex-compagni di studio. Meno di due lustri più tardi, la guerra russo-giapponese dà un colpo fatale al Palazzo che non hai mai accettato l’ambiguo Pëtr Il’’jč.
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