Difficile pensare che nell’Italia dell’immediato dopo-guerra (esattamente nell’autunno del 1947), l’allora ventottenne Giulio Andreotti, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, si interessasse ad un ricco “dandy” che ha attraversato tutto il Novecento (soggiornando prudentemente in Svizzera, con la moglie, durante il secondo conflitto mondiale) diventando notissimo all’estero nel mondo della musica e delle arti figurative – nel 2007 a Salisburgo gli hanno dedicato un intero festival – ma noto in Italia in una ristretta cerchia di “addetti ai lavori” – musicisti, artisti e (immaginate) cultori di spiritualismo orientale e tecniche per coniugare i suoni dell’Asia con l’elettronica. Si tratta di Giacinto Scelsi, nato nel 1905 a La Spezia 1905 è morto a - Roma 1988.
Scelsi è ancora un enigma, nonostante la sua musica abbia influenzato intere generazioni in tutto il mondo e il suo interesse per lo spiritualismo orientale sia stato precursore di movimenti sviluppatisi in Europa e negli Usa negli Anni 70. Di origine aristocratica, Scelsi ebbe una formazione scolastica e musicale inconsueta, con precettori privati e lezioni individuali. Nel corso della sua vita ha partecipato intensamente alle tempeste -artistiche e culturali del proprio tempo, legandosi a figure come Jean Cocteau, Henri Michaux, Virginia Woolf, Walter Klein e grandi interpreti quali Nikita Magaloff e Pierre Monteux. Una delle sue prime composizioni Rotativa, in prima mondiale nella Sala Pleyel a Parigi, diretta da Monteux, il 21 dicembre 1931, lo impose all’attenzione internazionale.
Seguendo una peculiare ricerca culturale (non unicamente musicale), Scelsi non si è preoccupato delle estetiche e delle mode a lui contemporanee, ma fortemente influenzato dal pensiero orientale, utilizzava tecniche compositive tradizionali, suscitando ed esplorando problematiche oggi molto attuali: la centralità del suono, lo spiritualismo, il rapporto della musica con l’esoterismo, le nuove tecniche elettroacustiche di produzione sonora, il superamento della scrittura musicale tradizionale, la virtualità, il rapporto con lo spazio. Alla fine degli Anni Trenta organizzò a sue spese una serie di concerti di musica contemporanea per fare conoscere giovani musicisti italiani e stranieri, fra i quali Kodaly, Meyerowitz, Hindemith, Schoenberg, Stravinskij, Schostakovitch, Prokofief, Nielsen, Janàcek, Ibert. In Svizzera, durante la guerra mondiale, continuò una intensa attività culturale, sia poetica sia compositiva, iniziando un lavoro di tipo teorico fondamentale per gli sviluppi futuri della propria musica. Dedito anche alla produzione letteraria, si è intensamente interessato alle arti visive, in particolar modo all’arte informale, che ha attivamente sostenuto attraverso la creazione della Rome-New York Art Foundation. La sua opera è difficilmente classificabile, tesa ad esplorare e catturare un suono nuovo, al di fuori del tempo ma al tempo stesso vivo, presente, moderno; un suono da inseguire nelle sue infinite metamorfosi.
Nella sua casa-museo mozza fiato (una palazzina cielo-terra-terrazza sul lembo del Foro Romano) si possono non solo ammirare cimeli di ogni tipo raccolti durante la sua variegata esistenza (Scelsi è stato anche uno straordinario collezionista), ma da un mese circa, si può accedere a gran parte del suo dell’archivio (16.000 documenti) dopo anni di lavoro; restano da catalogare 7.000 articoli del suo archivio fotografico.
Tra i documenti c’è una lettera entusiasta del giovane Andreotti nei confronti di questo “dandy” per tanti aspetti così distinto e distante da lui.
Mai considerato parte dell’”intellighentsia” che ha egemonizzato l’Italia per alcuni decenni, su Scelsi minaccia di cadere una coltre di oblio se una Fondazione creata per ricordarlo non tenesse aperto il museo e l’archivio ed organizzasse raffinati concerti nella palazzina che, ai piedi del Campidolio, sovrasta il Foro.
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