Il primo passo della strategia di Marchionne – l’accordo con la Chrysler- si è chiuso positivamente; per giovedì 18 giugno è convocato il tavolo con le parti sociali per studiare le implicazioni della fusione sugli stabilimenti in Italia. Si sta riaprendo un’altra partita, che era parsa chiusa: quella per l’acquisizione o concentrazione con la Opel. In effetti, l’intesa tra la filiale tedesca della GM (la cui casa madre è in procedura fallimentare) e la Magna sembra giunta in alto mare. Se a Berlino si stanno riaprendo i giochi, ciò non vuole dire che gli italiani sono i favoriti o che si sono allontanati i dubbi personali sul Lingotto da parte del Ministro dell’Economia tedesco Karl-Theodor zu Guttenberg. Tanto più che, secondo la Frankfurter Allgemeinen Zeitung, la Germania sta ancora trattando con la Magna se e quali rami dell’azienda verrebbero trasferiti ad Est (in specie nella Federazione Russa).
Mentre l’attenzione della stampa italiana è concentrata sul triangolo Fiat/Chrysler- Opel-Magna, il mondo dell’auto sta cambiando ad una velocità rapida di cui pochi paiono avere contezza. La GM (o meglio quel-che-resta-della GM in liquidazione) sta cedendo la Saab non alla Fiat (come si era pensato in un primo momento) ma a Koenigsegg, un piccolo produttore svedese di auto sportivo; anche investitori norvegesi (forse lo stesso “Fondo sovrano” costituito a Oslo per meglio impiegare i proventi da oli minerali) sarebbero parte dell’accordo (al fine di ripulire la Saab dal debito e d’apportare capitali freschi). In parallelo, il “Fondo sovrano” del Qatar sta trattando l’acquisto del 25% della Porsche; risanati i conti della casa di Stoccarda , gli Emirati (il “Fondo sovrano” di Abu Dhabi è già nella Daimler) potrebbero tentare il boccone più grosso: una partecipazione di rilievo nella Volkswagen.
La novità più interessante riguarda, però, la multinazionale d’origine indiana Tata. Un saggio di Subir Sen nell’ultimo fascicolo del’ “ Icfai University Journal of Business Strategy” analizza come il gruppo, creato nel lontano 1875, è stato drasticamente riorganizzato negli Anni 90 (quando stava per essere smembrato) e nel primo lustro di questo secolo. Ora è pronto ad entrare nell’agone internazionale (non unicamente indiano) per le utilitarie. Merita di essere letto con attenzione in Fiat ed al Ministero dello Sviluppo Economico. Alla Tata sanno che la crescita della domanda di auto in Europa occidentale ed in Nordamerica sarà il 20-25% della domanda mondiale; tuttavia non solo intendono (con i cinesi e pochi altri) catturare il mercato dei Paesi in via di sviluppo, ma anche entrare (alla grande) in quello delle piccole e medie cilindrate dell’Ocse avendo alle spalle un forte radicamento in un Paese di un miliardo di persone.
Ciò merita una risposta politica: da un lato, puntare (in seno all’Omc, l’Organizzazione mondiale per il commercio) all’apertura dei mercati “emergenti”; da un altro, vagliare potenziali accordi con “fondi sovrani” per alleggerire la Fiat dal fardello del debito.
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