Il Ravenna Festival, iniziativa che deve molto ai coniugi Rioccardo Muti e Maria Cristina Mazzavillani Muti (i quali hanno mobilitato le imprese e le banche della Romagna e non solo) compie vent’anni. Si estende su 80 appuntamenti in 35 giorni – dal 14 giugno al 18 luglio- con una programmazione che va dall’opera lirica (in coproduzione con Salisburgo e Parigi) al balletto, alla concertistica (sia sinfonica sia cameristica), a novità assolute anche di avanguardia, ed ad un gemellaggio importante (con Sarajevo). Le statistiche mostrano un successo superiori alle previsioni: 10.000 spettatori nel 1990, 60.000 anticipati (sulla base dei dati di biglietteria) per il 2009 – nonostante la crisi economica e finanziaria internazionale; un bilancio di 6 milioni di euro (per il festival in corso) di cui due terzi di sponsor privati e meno del 15% dal pubblico (il resto è la biglietteria), 500 carnet gratuiti a giovani di meno di 25 anni per incoraggiare la cultura musicale dei giovani; una forte partecipazione di stranieri.
In breve, nell’arco di quattro lustri, il Ravenna Festival ha preso il trono che un tempo spettava al “Festival dei Due Mondi” di Spoleto, creato negli Anni 60 , creato su iniziativa di Giancarlo Menotti e Samuel Barber e con obiettivi in parte analoghi: un festival polivalente (ossia con più arti sceniche dal vivo) e tale da attirare artisti internazionali. Quando nacque il Festival dei Due Mondi- occorre ricordarlo – “internazionale” voleva in gran misura dire “americano” – Spoleto si proponeva come una palestra per fare cantare, recitare, danzare, suonare giovani americani in Europa, in bei teatri europei del Settecento o dell’Ottocento e di fronte a quella che veniva ritenuta una “sophisticated European audience”. Vennero creati Spoleto Festivals anche negli Usa ed agli antipodi , ossia nella lontana Australia.
Perché uno dei due Festival, dopo una fase di relativa ibernazione, sta tentando un rilancio- intrapresa difficile in quanto il marchio di fabbrica ed il prestigio ad esso associato non solo facili da riacquistare (una volta perduti), mentre l’altro è in pieno fulgore?
Senza dubbio, ci sono determinati con una matrice di storia economica: per lustri nel mercato italiano dei Festival , quello dei Due Mondi ha operato in condizioni di monopolio (con tutti i problemi di perdita di tono muscolare che le rendite di posizione comportano).
Ci sono, però, anche determinanti puramente economiche su cui merita riflettere. La prima riguarda l’alto livello di finanziamento pubblico al Festival dei Due Mondi ed allo spoletino Teatro Lirico Sperimentale – circa il 90% dei costi. Mutuando da un’analisi di Francesco Del Monte, ciò ha innescato un circolo vizioso: il capitale umano è diventato da produttivo (sempre teso alla ricerca di nuove combinazioni di processo e di prodotto) improduttivo (teso invece all’accaparramento dei fondi pubblici: note, anzi, notorie le lotte tra Associazione e Festival a Spoleto) ed è mancata la disciplina portata dagli sponsor privati. Fenomeni analoghi si sono verificati a Festival come Aix-e-Provence e Glyndebourne finanziati quasi interamente da privati rispetto al Festival di Monaco (che, finanziato unicamente da Pantalone) sta perdendo mordente.
La secondo riguarda il carattere tematico di Ravenna rispetto a Spoleto. Quest’anno il tema è la spiritualità. In un mercato ormai plurale occorre differenziarsi al fine di avere spettatori (e sponsor) fidelizzati. Una differenziazione efficace è per autore (Rossini a Pesaro, Wagner a Bayreuth, Puccini a Torre del Lago Verdi a Parma) o per temi (proprio mentre a Ravenna terminerà il Festival dello Spirito un po’ più a sud nella costiera adriatica inizierà a Macerata il Festival dell’inganno) oppure porsi come Aix-en-Provence quale il Festival di spettacoli che dall’autunno si vedranno nel resto d’Europa e negli Usa – ossia la manifestazione delle “prime” .
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