Musica, trionfo romano per Masha Carrera con “Stabat Mater”
Roma, 10 apr (Velino) - Merita una menzione lo “Stabat Mater” di Giovanni Battista Pergolesi visto e ascoltato la sera dell’8 aprile, a Roma, nell’ambito della rassegna “Concerto di Pasqua” all’Oratorio del Gonfalone. Un lavoro che verrà eseguito anche in altre sedi del Lazio (l’ultima replica è il 30 aprile), pur se in nessuna troverà il magnifico ambiente barocco (una vera e propria scena) del Gonfalone. Sull’ultimo lavoro di Pergolesi, che morì a Pozzuoli a soli 26 anni, vagano le leggende che circondano le opere estreme, come succede ad esempio al “Requiem” di Mozart. Già notissimo, Pergolesi ricevette l’incarico dall’Arciconfraternita della Vergine dei Dolori di Napoli. La composizione sarebbe stata eseguita nella chiesa francescana di San Luigi al Palazzo ogni venerdì di Quaresima. Nel terminare il lavoro, il compositore scrisse di proprio pugno le parole Finis Laus Deo, un ringraziamento all’Altissimo da parte di chi si sapeva in punto di morte e temeva di non poter completare il lavoro.
Questa consapevolezza permea la partitura (dodici veloci numeri per un totale di poco più di quattordici minuti) in cui due voci, un soprano e un mezzo soprano, sono accompagnate da un organico molto ridotto. È una scrittura che, pur seguendo la prassi del contrappunto scarlattiano, di prammatica nella Napoli dell’epoca, se ne allontana recependo le innovazioni che Pergolesi aveva introdotto nel teatro in musica con “La serva padrona”, “L’Olimpiade” e “Adriano in Siria”. Innovazioni profonde che si allontanavano dai florilegi del teatro barocco per rendere il canto e l’accompagnamento dell’azione scenica squisitamente espressivi. Va ricordato che quando alcuni decenni più tardi, con Pergolesi già deceduto, una “compagnia napoletana” portò a Parigi “La serva padrona” scoppio la querelle des bouffons, una vera e propria guerra guerreggiata tra i partigiani dei “napoletani” (in prima fila Rousseau) e i seguaci del teatro tradizionale francese alla Lully.
Questa premessa è utile per situare l’esecuzione nel proprio contesto. Antonio Cipriani ha guidato l’orchestra Tartini, un complesso specializzato in questo repertorio portato anche in Francia, Thailandia, Francia, Spagna, Venezuela e Brasile, oltre che nella Basilica di San Pietro. La giovane Flavia Caniglia è un mezzo soprano dalla emissione sicura. La vera trionfatrice è la più nota Masha Carrera (frequenti le sue tournée in Giappone dove ha portato, applauditissimi, “Traviata” e “Nozze di Figaro”): un soprano lirico puro dall’intonazione cristallina che ha reso tutta l’umana drammaticità del ruolo. Si spera di tenerla più spesso in Italia, sui nostri palcoscenici, piuttosto che su quelli dell’Estremo Oriente. Tra i prossimi concerti al Gonfalone si segnala l’omaggio a Mendelssohn, nel bicentenario della nascita, in calendario il 7 maggio.
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