Il 18 maggio 1909, a Parigi, lo Châtelet aprì per la prima volta il sipario sulla compagnia di balletti russi fondata da geniale Sergej Djagilev con danzatori transfughi dal teatro imperiale di San Pietroburgo. Per i vent'anni successivi, la creatività e il successo dei Ballets Russes (per antonomasia) non accennarono a diminuire, aprendo la via a una moderna collaborazione dei linguaggi artistici e al rinnovamento del balletto. La loro opera ha costituito per l'arte della danza teatrale uno snodo, i cui effetti rigeneranti hanno attraversato con impeto il novecento per iungere fino a noi. Il centenario viene celebrato in tutto il mondo – in primo luogo in Francia. In Italia l’evento più importante programmato è quello dell’Opera all’opera di Roma: dopo alcune serate in gennaio dedicate a Diaghilev (il quale, su sua richiesta testamentaria, è sepolto a Venezia- tanto amava il nostro Paese), dal 7 aprile al 3 maggio al Teatro dell’Opera di susseguono 15 repliche in cui vengono presentati tutti i più noti spettacoli dei Ballets Russes con scene e costumi modellati su quelli dell’epoca- una gioia, quindi, per gli occhi e per le orecchie (l’orchestra è diretta da David Coleman): la compagnia, curata da Carla Fracci, è rafforzata da ospiti internazionali quali Alexandra Iosifidi, Irma Nioradze e Stephanie Roublot, di Massimo Garon, Gheorghe Iancu, Ylia Kouznetsov, José Martinez e Alessandro Molin. E’ l’occasione per gustare anche prime per l’Italia o spettacoli poco noti (come “Cléopâtre” di Anton Arenskkij, “Les Biches” di Francis Poulenc, “La chatte” di Henry Sauert). Uitilizzo il presente mentre sarebbe più appropriato utilizzare il condizionale. Dopo un mese convulso di annunci, contro-annunci, nella mattina ancora più agitata del 4 aprile il Teatro è stato commissariato. Le maestranze hanno risposto proclamando lo sciopero ad oltranza. La Regione (che non è d’accordo con la decisione) ha annunciato che sospenderà il proprio finanziamento. A rendere la situazione ancora meno chiara – ove ce ne fosse bisogno – Riccardo Muti, invitato dal Sindaco a diventare direttore musicale del teatro, ha comunicato che non scioglierà alcuna riserva sino a quando non si saprà dove si andrà a parare.
La situazione è quanto mai intricata: dopo dieci anni di percorso virtuoso con bilanci consuntivi in pareggio ed anche in attivo – e dopo avere vinto l’Oscar europeo per la finanza nella lirica – la Fondazione espone un disavanzo nel consuntivo 2008 e ne mostra uno ancora maggiore nel preventivo 2009. Il commissariamento, da cui si è preso carico il Sindaco Gianni Alemanno in prima persona, dovrebbe durare tre mesi e porre la situazione del teatro su un sentiero di rilancio. Nel contempo, dietro le quinte e nelle “coulisses”, si discetta di cifre. Pullulano i contendenti agli incarichi chiave di Sovrintendente e di Direttore Artistico. Sulla stampa specializzata internazionale la “querelle” in corso sta proiettando un’immagine penosa e del Teatro e di Roma. Un’associazione di amici del Teatro ha indicato che farà ricorso al Tribunale amministrativo. Gruppi di abbonati chiedono di essere rimborsati.
Non sta certo ad un “chroniqueur” entrare nel merito, ossia alle cifre del consuntivo di bilancio 2008 e dei preventivi per il 2009 e per le stagioni future (i contratti si stipulano con molto anticipo). Le tensioni sono tali che sarebbe stato prudente chiedere un’analisi approfondita da una parte “terza”, non unicamente dal Ministero vigilante , anche al fine di evitare che . Si sarebbe dovuto chiamare un advisor privato o, dato l’alto grado di contributo pubblico, il servizio ispettivo della Ragioneria Generale dello Stato oppure della Corte dei Conti per un “referto” dei conti (passati e futuri) e degli elementi che li determinano, nonché per fornire indicazioni di possibili soluzioni. Una volta disponibile il “referto”, e il livello politico e gli organi di gestione avranno i dati per formulare ed attuare le misure del caso. Si ha l’impressione che si sia agito in fretta e senza disporre dei dati necessari.
Se, a causa delle polemiche, salta una stagione costruita su coproduzioni con i maggiori teatri lirici internazionali, il danno sarà irreversibile. Per il Teatro dell’Opera e per Roma.
Secondo una tesi il disavanzo è dovuto interamente ai tagli al Fondo unico per lo spettacolo (Fus): Secondo un’altra si sarebbero pareggiati i bilanci del passato dando fondo al patrimonio, peraltro “indisponbile”. Se la prima tesi è corretta occorre chiedersi perché si è ricorso al commissariamento. Il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali è tra i dicasteri dell'amministrazione italiana quello che maggiormente accumula residui passivi: in effetti, pare vengano erogati unicamente stipendi (e ciò avviene anche in musei dove 8 custodi hanno staccato nell'intero anno di grazia 2007 solo quattro biglietti) e spese per utenze (elettricità, telefono) mentre le spese per investimenti (ivi compresa la manutenzione del patrimonio culturale) languono, tranne che nelle due direzioni generali essenzialmente erogatorie (cinema e spettacolo dal vivo, ossia teatri, opera, concerti). A fine 2008, stime preliminari indicano un residuo di circa 500 milioni di euro; un ammontare che avrebbe raggiunto la cifra di 1.3 miliardi di euro se il Ministro dell'Economia non avesse utilizzato la forbice, cosa che avviene in qualsiasi Paese (dalla Svezia al Burundi) quale che sia il colore politico del Governo. Le ragioni per questa scarsa “capacitazione” (capacità non solo in atto ma in potenza) sono numerose: dato che la situazione va avanti da anni (nonostante i cambiamenti di Governo) si sarebbe dovuto chiedere conto ai vertici amministrativi che, al pari di quanto avviene in quasi tutti i Ministeri, di norma in autunno riallocano spese tra centri di responsabilità a secondo della loro effettiva capacità di realizzare programmi e progetti. Se ciò avvenisse, il Fus sarebbe ampiamente finanziato e i teatri- compreso quello della capitale - non sarebbero in crisi. Inoltre, sempre in base alla prassi del resto della Pa, i vertici amministrativi dovrebbe stabilire premi e sanzioni per i dirigenti in grado di programmare bene o male.
Un appello ai sindacati: sospendere i “Ballets Russes” ed il resto vuole oggi dire giocare per “l’amico del giaguaro” , ossia per chi vuole chiudere il Teatro. Per sempre. Dovrebbero invece aprirlo a tutti , se del caso con uno sciopero virtuale basato su spettacoli gratuiti.
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