sabato 25 aprile 2009

DONIZETTI E LE TRE REGINE "BRITISH" Il Domenicale 25 aprile

Le opere sulle tre Regine Tudor rappresentano una trilogia vera e propria nella fertile produzione di melodrammi (74 tra compiuti ed incompiuti) di Gaetano Donizetti. Sarebbero anche esse parte di una tetralogia Tudor, includendo nel computo “Elisabetta al Castello di Kenilworth” del 1829; pur classificato come “melodramma serio”, è un lavoro semi-serio con lieto fine (e segue tutte le convenzioni del genere). “Anna Bolena”, “Maria Stuarda” e “Roberto Devereux” (composte tra il 1830 ed il 1837) hanno, invece, un filo conduttore comune: tragedie tutte al femminile, imperniate tanto sugli intrighi di potere (tra i Tudor) per il controllo del più grande impero del mondo quanto sulla passione delle tre protagoniste per un uomo ­ tre amori impossibili in cui eros (con Donizetti era ancora in scena ­ lo avrebbe soffocato qualche lustro più tardi il melodramma verdiano) è contrastato da ragion di Stato. Mostrano l’importanza dell’interazione tra donne e potere nell’Italia frammentata della prima parte dell’Ottocento. Sparite dai palcoscenici nella seconda metà dell’Ottocento (quando trionfava Verdi), le tre “Regine” sono riapparse dopo la seconda guerra mondiale. Le “Regine” hanno trionfato prima sui palcoscenici anglosassoni che su quelli italiani. Se ne ricorda una bellissima edizione, alla fine degli Anni 60, costruita da Julius Rudel (maestro concertatore) e Tito Capobianco (regista) su Beverly Sills alla New York City Opera e registrata in studio per la Emi.
In Italia, in questi ultimi anni, tuttavia, si sono viste di frequente “Anna Bolena” (Verona, Palermo), “Maria Stuarda (Roma, Macerata, Milano, Catania) e più raramente “Roberto Devereuex” (Roma, Bergamo). “Maria Stuarda” (la più eseguita) delle tre in particolare venne riscoperta al Maggio Musicale del 1970. Il vostro “chroniqueur” rammenta di avere assistito ad una rappresentazione di “Roberto Devereux” (allora ancora sconosciuto al grande pubblico italiano) in un grande cinema teatro di Seul (in Corea) nel lontano 1973 (ottime le voci, ma approssimativa la versione). Riascoltate in sequenza, l’una dopo l’altra, le tre “Regine” hanno una grande presa, soprattutto se la stessa cantante si assume, in un vero e proprio tour de force (siamo ancora ancorati al “bel canto” belliniano intriso, però, dal gusto allora nuovo per lo sfoggio degli acuti) il ruolo di protagonista. L’effetto diminuisce se le tre opere vengono rappresentate separatamente: quindi, un invito (in particolare al Festival Donizetti a Bergamo) di predisporre un festival in cui un giorno le tre “Regine” possano essere gustate una dopo l’altra nell’arco di una-due settimane.
“Maria Stuarda” è, tra le tre, quella la cui partitura e libretto hanno subito maggiori rimaneggiamenti a ragione sia della censura (che a Napoli ne vietò la messa in scena ed Milano impose cambiamenti al testo) sia del mutamento di convenzioni nella struttura del melodramma. E’ in scena alla Fenice di Venezia dal 24 aprile al 3 maggio in un nuovo allestimento (regia, scene e costumi di Denis Krief) che se gli attuali programmi non subiscono cambiamenti, andrà a Trieste, Napoli e Palermo. Verrà seguita l’edizione critica in due atti curata da Anders Wiklund che cerca di proporre quella che sarebbe dovuta essere la versione destinata al San Carlo nel 1834 (e che venne ascoltata unicamente alla prova generale). L’edizione critica accentua ancora di più come il dramma sia a due voci femminili (un soprano in grado di passare dalle vette della coloratura al declamato nel ruolo della Regina di Scozia ed un mezzo “spinto” in quello della Regina d’Inghilterra). Si contendono un tenore di grazia (il cui ruolo è peraltro limitato).
In una conversazione, Krief sottolinea come siamo alle prese “con un’opera romantica della prima metà dell’Ottocento italiano basata più che sui libri di storia su un testo di Friederich Schiller di fine Settecento”. “Ci troviamo a Venezia nel 2009; quindi ancora altri tempi ed altri luoghi”. E’ comunque un melodramma storico basato su un dramma storico, non un dramma borghese. :”due donne di potere, una prigioniera dell’altra, anche se, in realtà, non si capisce in maniera chiara, netta e precisa chi sia la vera prigioniera”- “una prigione reale da una parte ed una gabbia psicologica dall’altra”.

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