sabato 4 aprile 2009

ROMA E’ PIU’ COMPETIVA PERCHE’ SA RE-INVENTARSI, Il Tempo 4 aprile

Le prospettive per lo sviluppo futuro di Roma, quali tracciate nel “Rapporto Marzano”, meritano di essere esaminate rispetto alla situazione ed al potenziale delle altre grandi capitali. L’occasione puntuale è presentata anche dalla prossimità tra la presentazione del documento e il G20 in calendario a Londra il 2 aprile. Sappiamo che le casse del Campidoglio sono state lasciate vuote dalla precedente amministrazione e che il Governo centrale è dovuto intervenire con un supporto straordinario. Ove si reperissero risorse (l’imprenditoria romana sa essere generosa) sarebbe utile organizzare un G20 delle capitali per confrontare problemi e potenzialità di Roma con quelle di altre aree metropolitane che hanno lo status di capitale. Ne potremmo trarre lezioni noi. Ma ne potrebbero trarre anche, e forse di più, gli altri.
Sulla base di dati e di indicazioni parziali e frammentarie ci pare che Roma (nonostante i suoi problemi e le sue difficoltà) non sfigurerebbe ad un eventuale G20 delle capitali- pure e soprattutto grazie a quanto risolto (dall’emergenza rifiuti agli straripamenti del Tevere) e quanto impostato (le linee di sviluppo infrastrutturale ed industriale) nell’ultimo anno.
Le indicazioni principali riguardano la “tenuta” di Roma nell’attuale crisi economia e finanziaria internazionale. Uno studio della Fondazione Edison, ancora inedito, mostra come l’Italia stia reagendo meglio degli altri maggiori Paesi industriali allo tsunami abbattutosi sull’economia globale. Lo studio non focalizza specialmente su Roma ed il suo hinterland. Tuttavia, in un’Italia che “tiene”, Roma “regge” meglio della media del Paese. Un dato eloquente: mentre le stime di contrazione del pil italiano nel 2009 variano tra il 2,7 ed il 3,5%, quelle della caduta del pil romano (fonte Unioncamere) sono attorno al 2%. Secondo la stessa fonte, due imprese su tre resistono abbastanza bene anche se il 68% degli imprenditori guarda con preoccupazione al futuro. C’è senza dubbio un rischio occupazione: 30.000 unità di occupati a tempo pieno equivalente (sostenibili con l’attuale gamma di ammortizzatori sociali). Un rischio contenuto rispetto alle 200-300.000 unità stimate per Parigi e Londra. Inoltre, il principale stock di ricchezza delle famiglie romane (la casa in proprietà) non ha, secondo la CB Richard Ellis (una fonte internazionale distinta e distante dalle nostre beghe) subito la perdita di valorizzazione (40% in alcune aree della capitale britannica) che caratterizza gran parte delle capitali del G20 (anche Delhi e Pechino). Altro aspetto importante: tra le capitali europee, Roma mantiene una struttura produttiva che non ha abbandonato il manifatturiero per il finanziario ma ha gradualmente (e silenziosamente) bilanciato i due comparti. L’Associazione italiana del private equità conferma che, grazie a poche operazioni di grande rilievo, nel 2008 Roma è diventata la capitale italiane del private equity (superando Milano per volume d’investimenti, proprio mentre nel resto del mondo tale strumento si rinsecchiva).

Nessun commento: