giovedì 27 novembre 2008

VERSO UNA NUOVA BRETTON WOODS Formiche dicembre

La riunione del G20 (ossia il G7 allargato a maggiori Paesi emergenti) tenuta a metà novembre negli Usa viene vista come l’inizio del percorso verso quella che è giornalisticamente chiamata “una nuova Bretton Woods”, ossia un insieme di nuove regole economiche che non solo faciliti il superamento della crisi finanziaria in atto ma dia un nuovo assetto permanente al funzionamento dell’economia internazionale.
La conferenza di Bretton Woods (1-22 luglio 1944) venne organizzata – è bene ricordarlo perché l’ONU sta vantando alcune pretese – prima che le Nazioni Unite venissero istituite. Nella calda cittadina del New Hampshire si erano dati convegno esperti di 44 Stati in base alla regola della “not committally representation”, ossia “non impegnavano” gli Stati d’origine: Lord Keynes, ad esempio, guidava una delegazione di britannici ma non rappresentava il Governo di Sua Maestà britannica. Gli esperti provenienti dall’Urss si sfilarono il giorno dopo la conferenza. E via discorrendo. Non sono pignolerie da erudito (chi scrive ha lavorato per circa 20 per le istituzioni di Bretton Woods) ma vogliono dire che G20 (allargato) è alla ricerca di qualcosa di profondamente differente: un accordo al massimo livello tra Capi di Stato e di Governo non un’intesa tra esperti da tradurre successivamente in trattati e statuti.
A Bretton Woods e soprattutto nella sua preparazione – è ancora valido il libro magistrale di Richard Gardner, Ambasciatore Usa in Italia nella seconda parte degli Anni 70- , il gioco venne retto da solo due aree – quella del dollaro e quella della sterlina – ossia gli Usa ed i loro alleati più prossimi, da un lato, e la Gran Bretagna ed il Commenwealth, dall’altro. La partecipazione degli altri “vincitori” (in primo luogo, quella dell’Unione Sovietica) fu marginale. Oggi si guarda invece ai Paesi emergenti (ed ai loro fondi sovrani) come strumento di riequilibrio.
Il tema centrale di Bretton Woods non era l’ordine finanziario internazionale (il tema che oggi maggiormente interessa). Basta leggere gli atti della conferenza (e gli statuti delle tre istituzioni che da essa sarebbero dovute nascere – in pratica ne sorsero solamente due) per toccare con mano che l’obiettivo era l’apertura dei commerci specialmente di manufatti e di semi-manufatti. Per raggiungere tale obiettivo, gli accordi di Bretton Woods creavano un sistema di cambi gestiti collegialmente (non fissi, come si scrive erroneamente) ed una cassa di risparmio mondiale (il Fondo monetario) per concedere prestiti a breve termine, ed a condizioni di mercato, a Paesi temporaneamente in difficoltà.
E’ fin troppo ovvio che il XXI secolo della globalizzazione (finanziaria, ancora più che commerciale) è molto differente dagli Anni 50 della ricostruzione. Non solo la liberalizzazione dei mercati finanziari ha preso, di diversi multipli, il sopravvento su quello dell’apertura dei mercati commerciali (vedasi il fallimento del Dda- Doha dvelopment agenda), il sistema di cambi gestiti collegialmente è crollato nel 1971-73 quando è stato reciso il nesso tra il dollaro Usa (il perno del sistema) e l’oro.
Tuttavia, la confusione su cosa fosse la “vecchia” Bretton Woods non permette di vedere la lezione principale che oggi se ne può trarre. Allora il motore dell’assetto su “la diplomazia del dollaro e della sterlina”. Oggi, è essenziale una “diplomazia del dollaro e dell’euro” che tracci il nuovo assetto e lo piloti. Lo dice, implicitamente, anche “un falco” come John B. Taylor, Vice Segretario al Tesoro Usa dal 2001 al 2005, nel suo ultimo libro “Global Financial Warriors”, Norton & Co. 2007.
Nella gestione della crisi finanziaria internazionale, l’Europa ha mostrato una vitalità inattesa ed ha il compito primario di aiutare il resto del G20 a ripensare gli assunti dei meccanismi finanziari internazionali: le istituzioni finanziarie internazionali (Fmi, Banca Mondiale, e via discorrendo) devono lavorare all’unisono con Governi che possono non solo dare pareri molto validi ma sostenerli con meccanismi di controllo del rischio e d’ assicurazione. A riguardo è importante confutare una banalità che si ascolta e si legge con frequenza: quella secondo cui la crisi sarebbe, in gran misura, il risultato di inadeguata regolazione, specialmente nel settore dei mutui edilizi. Occorre chiedersi se non sia stato invece il groviglio di regolazione – pochi comparti come quello dei mutui negli Usa sono soggetti a regolazione minuta al livello dei comuni, delle contee, dei singoli Stati dell’Unione e federale. L’eccesso di regolazione facilitare le elusioni e gli abusi. Dalla nuova Bretton Woods deve uscire una regolazione più efficace perchè più semplice.

Per saperne di più

Gardner R. “The Sterling Dollar Diplomacy” -, Oxford University Press 1956
Rjan R. “The Future of the IMF and of the World Bank” in American Economic Review May 2008

Taylor J. “Global Financial Warriors”, Norton & Co. 200
7

Nessun commento: