Il 12 ottobre, la stagione sinfonica 2008-2009 dell’Accademia di Santa Cecilia è stata aperta con “Jeanne d’Arc au Bûcher” di Arthur Honneger su testo di Paul Claudel; dal 2 all’11 novembre si svolgono una serie di concerti per il bicentenario della nascita di Felix Mendelssohn-Bartoldi – un mini-festival diretto da un nume del mondo delle bacchette, l’ottantenne ma vivacissimo Kurt Masur, e che ha come evento centrale l’esecuzione di “Elias”, capolavoro estremo del compositore tedesco, raramente prodotto per i mezzi imponenti che comporta. C’è un nesso tra i due lavori nonostante le differenze d’epoca e di stile: hanno ambedue un ritmo cinematografico ed un forte contenuto intellettuale che oggi sarebbe chiamato “teocon”. La programmazione 2008-2009 dell’Accademia (una rara istituzione musicale con i conti a posto) prevede altri sei “drammi in musica” – in breve quanto una stagione lirica di un teatro d’opera di medie-grandi dimensioni (La Scala ha 14 titoli, l’Opera di Roma 15). La predilezione del direttore musicale Antonio Pappano si coniuga anche con un filo “teocon”.
Veniamo a “Jeanne D’Arc”: concertazione di Pappano; regia di Keith Warner; le scene ed i costumi di Es Devil; un cast internazionale ( nei ruoli recitanti, Romane Bohringer e Tchéky Karyo ed, in quelli cantati, Susan Gritton, Maria Radner e Donald Kaash). Uno spettacolo che ha meritato un esito strepitoso. Dopo il successo negli Anni 50 (molto legato all’interpretazione di Ingrid Bergman) “Jeanne d’Arc au Bûcher” sembrava destinata all’oblio. Ha, invece, inaugurato la stagione lirica del “Massimo” di Palermo nel 2003; Roma se lo è conteso con Firenze dove avrebbe dovuto aprire il Maggio Musicale del 2007. Cosa spiega questo interesse per la Pulzella d’Orléans?
Il ruolo di Giovanna nella guerra dei 100 anni fu minuscolo come illustrato da Desmond Swerd, in “A Brief History of the Hundred Years War. The English in France (1337-1453)” . La Pulzella riuscì a tirare su il morale delle truppe fedeli al Delfino, ma finì presto sconfitta e condannata, per stregoneria, da un tribunale ecclesiastico francese; il “Delfino” Carlo, che Giovanna aveva fatto incoronare Re, non mosse un dito per salvarla (forse anche lui pensava che fosse un’invasata), pur se un quarto di secolo dopo chiese la revisione del processo che portò all’annullamento di quello del 1431. Tutta la vicenda fu dimenticata in Francia sino alla débâcle di Sedan (1870) quando la Nazione aveva disperatamente bisogno di un simbolo. Prima di Sedan, i lavori su Giovanna prodotti in Francia, in Italia ed in Russia si basano quasi interamente su Die Jungfrau von Orleans di Schiller, una lettura romantica con una storia d’amore tra la fanciulla ed un giovane inglese. Fu possibile ripescare la “vera storia” perché gli atti dei processi (quello per stregoneria e la sua revisione) erano su carta e sono rimasti integrali in varie copie; una loro edizione critica è stata pubblicata in tre volumi dalla Société de l’Histoire de France nel 1960-71. Una dimostrazione, ove ce ne volessero, della giustificazione della battaglia del “Foglio”; se fossero stati distrutti dalle tarme del “morbo di Baumol” (“Il Foglio” del 7 ottobre), di Giovanna non ci sarebbe neanche una statua (ancor meno la canonizzazione del 1920).
“Jeanne d’Arc” è l’incontro di due intellettuali di spicco di quello che è chiamato il “Novecento Storico”. Il tema è il travaglio tra dubbio e dogma: più che uno sviluppo drammaturgico il lavoro scava nei momenti tra l’abiura, di una Giovanna in cui è stato inserito il seme del dubbio e la scelta del martirio.
L’”Elias” di Mendelssohn è ancora una volta un crociccio di più culture europee. Il compositore, luterano convinto ma impregnato nella tradizione ebraica delle sue origini (tra cui il filosofo razionalista Moses Mendelssohn, amico intimo di Lessino), il testo del tedesco Julius Schubring (fedelissimo alla Bibbia), il committente: l’anglicana città di Birminghan. Narra, in 24 scene, la lotta del profeta contro i politeisti re Acab e regina Jezabel sino all’ascensione d’Elia al Cielo in un carro di fuoco tirato da cavalli (volanti) pure essi di fuoco . Ben differente, però, dal fuoco del rogo di “Jeanne d’Arc”. E’ un film biblico di battaglie in cui il Dio della tradizione sovrasta chi lo sfida. Eccellenti, oltre a Masur, il protagonista, René Pape, ed il coro. Di buon livello, gli altri.
Questa Europa piena di dubbi mette in scena “Jeanne d’Arc au Bûcher” ed “Elias” perché, come la Francia dopo Sedan, ha bisogno di un simbolo di unità e di coraggio.
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