In questi ultimi giorni, la Filarmonica della Scala (sfrattata dalla Sala del Piermarini a ragione dello sciopero di una piccola sigla di meccanici – le relazioni industriali stanno mettendo a repentaglio anche la tradizionale serata di Sant’Ambrogio) ho trovato ospitalità nella più piccola sala del Conservatorio. Mentre a Roma furoreggia un Festival per il bicentenario dalla nascita di Felix Mendelssohon-Bartoldy, con un direttore mitico, l’ottantenne Kurt Mansur , a lungo alla guida della New York Philarmoc Orchestra, dell’Orchestre National de France, della Dresden Philarmonie, della Gewandhaus di Liscia, della Komische Oper di Berlino e via discorrendo. Il Festival si svolge al Parco della Musica che per numero di spettatori (oltre un milione) e d’eventi (più di 1100 eventi) l’anno, è secondo al mondo soltanto al Lincoln Center di New York. Il Parco è sede dell’Accademia di Santa Cecilia , una delle rarissime fondazioni lirico-sinfoniche italiane (un’altra è il Teatro dell’Opera di Roma), i cui conti chiudono, da anni, in attivo. Il Festival, prodotto dall’Accademia ed ne è parte della stagione concertistica, comprende un concerto (8-11 novembre) in cui vengono eseguiti composizioni di Mendelssohn tra le più conosciute (l’ouverture Le Ebridi, la Sinfonia n. 3 “Scozzese”, il concerto per violino) ma anche il monumentale “damma religioso” “Elias”, raramente messo in scena per il grandioso organico che comporta e le tremende difficoltà sia vocali (tanto per i solisti quanto per il coro) sia orchestrali. E’ il capolavoro estremo di uno dei protagonisti del romanticismo musicale europeo, Mendelssohn, il quale è morto, a soli 38 anni, poco dopo la prima esecuzione, in un festival a Birmingham, nel 1847.
E’, sotto molti punti di vista, un punto d’incontro della cultura europea della prima metà dell’Ottocento. Il compositore era un luterano convinto e fervente (lo mostra anche il suo altro “dramma religioso” “Paulus” rappresentato a Dresda dieci anni prima) ma sentiva in modo molto forte la propria tradizione ebraica (tra i suoi progenitori il filosofo razionalista Moses Mendelssohn, amico intimo di Lessino):. Il testo del tedesco Julius Schubring, poeta di non grande livello è fedelissimo alla Bibbia. Il committente era l’anglicana città di Birminghan. Il lavoro narra, in 24 scene, la lotta del profeta contro i politeisti re Acab e regina Jezabel sino all’ascensione d’Elia al Cielo in un carro di fuoco tirato da cavalli (volanti) pure essi di fuoco– un finale quindi da super-effetti speciali.. Ha i tratti di un film biblico, colmo di battaglie (e miracoli) in cui il Dio degli Ebrei chi lo sfida. protagonista d’eccezione René Papa (buoni gli altri solisti: Jorma Salvasti, Mihoko Fujomura, Malyn Byström), eccezionale il coro (guidato da Norbert Balatsch) anche per la perfetta dizione in tedesco.
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