Oggi, lunedì 3 novembre , San Gregorio Magno patrono di cantanti e musicisti (non di piloti ed assistenti di volo), dalle 15 alle 19 all’aeroporto Leonardo da Vinci a Roma-Fiumicino, si consuma un nuovo atto della vicenda Alitalia: un’assemblea plenaria (o “aperta”) delle sigle “autonome”- essenzialmente i piloti e gli assistenti di volo – che non hanno firmato il “contratto quadro” offerto loro dalla Cai. Sabato primo novembre, festività di tutti i Santi, al termine di una riunione spontanea è stato formato (non è chiaro da chi o con quale legittimazione politica e sindacale) un “Comitato di sciopero e di lotta Alitalia”. Non sono chiare quali sono le regole dell’assemblea e se si giungerà a votazioni su mozioni contrapposte oppure ad un referendum oppure ancora se si alterneranno discorsi ed interventi senza giungere a contare voti ed, alla fine, ciascuno deciderà con la propria testa cosa fare-. Tale mancanza di regole chiare e trasparenti renderà, probabilmente, abbastanza disorientante e disorientata la riunione. I risultati saranno, in ogni caso, all’insegna dell’ambiguità. Il Presidente della Camera e forze politiche della maggioranza invitano alla responsabilità. Le poche voci che si sono alzate dall’opposizione chiedono invece agli “irriducibili” di tenere duro.
L’assemblea di questo pomeriggio è un episodio particolarmente importante, ma non è ancora quello definitivo. Pure nell’ipotesi d’esiti chiari, si dovrà aspettare il 12 novembre quando si avrà la decisione della Commissione Europea sull’ultimo prestito dello Stato a quella che fu Alitalia; dai corridoi di Bruxelles apprendiamo che la Direzione Generale competente è orientata a considerarlo “aiuto di Stato” ma a chiedere che il rimborso non venga necessariamente dalla Cai (per assicurare discontinuità) ma dalla “bad company”, che lo finanziaria con la vendita di “asset” dell’ex-compagnia di bandiera. Inoltre, solo verso la fine dell’anno si saprà chi sarà il partner industriale che renderà possibile sviluppare la Cai come un vettore internazionale di rilievo. Sono in corsa AirFrance-Klm e Lufthansa, ma potrebbero sbucarne altre.
L’assemblea d’oggi è priva di procedure predefinite anche e soprattutto perché è stata convocata quando i sindacati autonomi dei piloti e degli assistenti di volo sono stati presi di sorpesa dalla coraggiosa decisione della Cai di andare avanti e di presentare l’offerta vincolante e definitiva pure senza il loro consenso. In effetti, le sigle dei piloti e degli assistenti di volo pensavano di avere le carte vincenti di un vero e proprio “gioco ad ultimatum”: la Cai, una “friendly company” con una compagine variegata ed eterogenea, si sarebbe squagliata o quanto meno divisa di fronte alle loro compatte resistenze. Erano pure convinti che o il Governo sarebbe intervenuto (al fine di evitare il tracollo di un’operazione su cui il Presidente del Consiglio avrebbe messo a repentaglio il proprio prestigio) o si sarebbe sfasciato tutto. Ambedue le ipotesi andavano bene ai leader di piloti ed assistenti di volo. Se avesse prevalso la prima, avrebbero vinto le pressioni corporative (ed i loro portafogli). Se avesse avuto successo la seconda, si sarebbe dato un apporto significativo alla cabina di regia che, guidata da Waler Veltroni, Antonio Di Pietro e Guglielmo Epifani, sta tentando di agitare mezza Italia (la scuola, i trasporti, i metalmeccanici, gli statali) nella speranza di potere ripetere quanto avvenuto nell’inverno 1994-95: di fronte al disagio sociale, indurre parte della maggioranza a staccarsi dal resto ed attuare un “ribaldone”.
Il “gioco ad ultimatum” di piloti ed assistenti di volo – il lessico tecnico proviene dalla “teoria dei giochi” ma il suo significato è chiaro anche ai profani d’algoritmi e di calcolo delle probabilità - è analogo a quello di Don Giovanni di fronte alla statua del Commendatore. Il Don estende l’ultimatum dell’invito a cena al monumento funebre nella convinzione che il “Commenda”, ormai sottoterra e con una statua di marmo pesante sulla fossa (e, quindi, sulla bara) è impossibilitato ad uscire dall’aldilà ed ad accettare. La Cai ha fatto come il Commendatore: ha preso di sorpresa le altre parti in gioco accettando l’invito e presentandosi puntuale al convito. Il “gioco ad ultimatum” ha assunto, quindi, un percorso che la controparte (il “Don”, le sigle di piloti ed assistenti di volo) non poteva prevedere. Dato che le stime del rischio, basate sul calcolo delle probabilità, non contemplano l’incertezza (avvenimenti del tutto inaspettati poiché “non aspettabili”).
Oggi, non solamente – come banalmente affermano molti commentatori – sono le sigle ad essere restate con il cerino in mano, ma i rappresentati di piloti e assistenti di volo si trovano alle prese con un gioco più complicato, quello sviscerato dalla teoria economica del suicidio coniugata con la teoria delle opzioni reali. In breve, tanto per le sigle quanto per ciascun pilota e per ciascun assistente di volo l’opzione reale non è solamente se accettare o meno il contratto quadro ma se recepire le regole del gioco di un modo globalizzato , nel mezzo di una severa crisi finanziaria internazionale, o utilizzare “l’ultima opzione” – il suicidio, ovviamente professionale- non personale. Chi non recepisce le nuove regole, infatti, può essere sostituito da chi, invece, le recepisce (nel pool esistente – nessuno sa cosa farà il vicino, anche quello che strilla di più, al momento della decisione se firmare o meno il contratto) oppure da altri, anche coreani od indiani, ugualmente qualificati (come fanno numerose altre compagnie internazionale e come tentò di fare tre anni fa la stessa Alitalia ma venne fermata da minacce di scioperi da parte degli irriducibili di oggi).
I leader della protesta lo sanno e per questo alimentano la circolazione d’informazioni che non corrispondono alla realtà, principalmente quella secondo cui in caso di fallimento dell’intera operazione, gli ex-dipendenti avranno non 18 mesi d’indennità di disoccupazione (al 30% dello stipendio gabellare), come previsto dalla normativa in vigore, ma ben sette anni di cassa integrazione ed indennità di mobilità. La teoria economica ci dice che l’opzione del suicidio viene scelta unicamente in rarissimi casi di “fallimento della razionalità”. Per questo motivo, l’assemblea sarà agitata. E’ da augurarsi che non prevalga “il fallimento della razionalità”. Ove ciò avvenisse, la Cai dovrebbe dar prova di un nuovo atto di coraggio: iniziare ad essere una compagnia internazionale non correndo dietro a chi opta per il suicidio (sarebbe comunque pessimo personale di volo , ed anche di terra) ma reclutando, invece, uno staff internazionale nei Paesi dove le professionalità richieste ci sono e sono pronte a scommettere sulla nuova “friendly company” italiana.
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