venerdì 14 novembre 2008

IL "CAVALIERE DELLA ROSA" ED IL DUELLO MILANO ROMA, Il Velino 14 novembre

E’ iniziato il 12 novembre, con un incontro tra il Ministro dei Beni e delle Attività Culturali, Sandro Bondi, ed i sindaci ed i sovrintendenti delle 14 fondazioni lirico sinfoniche, un processo che potrebbe portare ad una modifica, pure radicale, dei finanziamenti dell’amministrazione centrale ai principali teatri d’opera della Penisola. Nell’ambito di questa revisione, il Teatro alla Scala ambisce ad essere dichiarato “teatro di eccellenza”, facendo relegare il Teatro dell’Opera di Roma in seconda posizione nonostante la normativa ne riconosca le funzioni di rappresenta dovute ad essere localizzato nella capitale e nonostante la programmazione 2009 sia più ricca (per numero di opere, di rappresentazioni e di novità) della stagione al Piermarini.
Chiunque nutrisse dubbi dovrebbe recarsi in questi giorni al Teatro dell’Opera per assistere a “Der Rosenkavalier” (“Il cavaliere della rosa”), la più importante commedia in musica del 900. Si svolge in un Settecento volutamente falso (il valzer, che domina lo spartito, non era stato inventato; la cerimonia- chiave del libretto - l’annuncio di un fidanzamento tramite da una rosa d’argento portata da un paggio - non è mai esistita né nell’Austria Felix né altrove). Si intrecciano due temi: il passaggio del tempo e la tolleranza. La trentatreenne Principessa Maria Teresa cede il proprio diciassettenne amante Octavian alla quindicenne Sofia, figlia di un borghese arricchito , Faninal, e destinata in sposa al quarantenne, spiantato e volgarotto, Barone Ochs (cugino della Principessa medesima). La trama si dipana per oltre quattro ore ( compresi i due intervalli) con scoppiettanti colpi di scena, senza che mai l’attenzione cali. Il merito va almeno in parte al magnifico libretto (ed al curioso impasto lessicale di varie tipologie di tedesco- da quello formale, a quello colloquiale, al dialetto viennese). In Italia, negli ultimi anni, “Rosen” si è visto a Genova, Firenze, Milano, Torino, Napoli, Palermo, Spoleto, Catania, Bologna, Trieste e Lecce. E’ in arrivo a Cagliari. Mancava, però, a Roma da 35 anni, quando è stato replicato per cinque sere nell’ambito di una tournée del Teatro dell’Opera di Colonia.
Il nuovo allestimento rappresenta un vero evento: ha debuttato il 12 novembre con il Capo dello Stato nel palco presidenziale e spumante offerto a tutti gli spettatori al primo intervallo) e resta in scena sino al 18 novembre. E’ una co-produzione italo-francese che si vedrà anche a Tolosa e a Parigi ed ha le carte in regola per una lunga tournée internazionale (non solo in Francia ed in Italia). Nella scenografia sfarzosa di Ezio Frigerio (smisurati ambienti barochi dove domina il bianco e l’oro incastonati in slanciate colonne corinzie), e con i costumi eleganti di Franca Squarciapino, il regista Nicolas Joel dipana con agilità la folla di personaggi (una trentina di solisti, oltre al coro) che danno corpo all’intreccio, cantando, recitando e anche danzando con maestria. Si ride (specialmente nel secondo ed al terzo atto) e ci si commuove nel finale. Poco accorta, tuttavia, la decisione di iniziare lo spettacolo alle 20,30 terminando verso l’una del mattino; parte del pubblico se ne va prima dell’esilarante terzo atto.
L’orchestra del Teatro dell’Opera di Roma, guidata da Gianluigi Gelmetti, fornisce un’ottima prova alle prese con una partitura apparentemente semplice (a ragione dei valzer) ma in sostanza molto complessa. Gelmetti opta per una concertazione languida, in cui accentua il lato sensuale della scrittura; è una lettura legittima, ma che può non piacere a chi preferisce tempi più serrati ed un ritmo più veloce. Di livello più che buono la compagnia di canto: Kurt Rydl è un veterano che ha interpretato oltre 250 volte il ruolo del Barone Ochs, Christiane Iven è una Principessa di statura imponente, Irini Karajanni un Octavian in esplosione ormonale e pieno d’astuzie, la cui maturazione (da adolescente a giovane uomo) avviene nell’arco di una sola giornata, Gemma Bertagnolli una Sofia tutto pepe , Peter Weber un Faninal con tutte le caratteristiche e le piccole manie dell’arricchito che vuole accettato nei salotti buoni. Merita una lode Giuseppe Ruggeri, chiamato all’ultimo momento a sostituire Fabio Sartori (ammalato) nel ruolo, breve ma difficile, del “cantante italiano”. Ciò che più conta è l’affiatamento dell’intera compagnia.

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