In questi giorni, i Capi di Stato e di Governo del G20 – ed in particolare quelli europei- devono decidere cosa rispondere all’invito esteso dal Presidente francese Nicolas Sarkozy per una riunione a Parigi l’8 ed il 9 gennaio. E’ una risposta difficile. Da un lato, Sarkozy è un Presidente permaloso; nessun vuole contrariarlo. Da un altro, l’impegno assunto al G20 di Washington (l’inchiostro è ancora caldo sul verbale e sul comunicato ufficiale) è che i “grandi” si rivedranno attorno al 30 aprile, lasciando il campo, nel frattempo, ai Ministri dell’Economia e delle Finanze (a cui compete cercare di riscrivere architettura e regole dell’economia internazionale) ed ai loro tecnici. Da un altro ancora, Sarkozy ha, per così dire, “un compare”; la riunione è co-ospitata da Tony Blair (disoccupato, o quasi, di superlusso) e complice nell’estendere l’invito. Alle diplomazie economiche internazionali (che hanno mostrato perplessità), è stato detto che non si tratta di una riunione formale vera e propria ma di una “conference”, un seminario tra amici (con il solito codazzo di Ministri, Sottosegretari, diplomatici, dirigenti delle Pa e barracuda-esperti) in una Parigi che sarà allora accarezzata dal dolce nevischio con cui inizia il terzo quadro de “La Bohème”. Suvvia, come si può dire di no ad un invito a cena, prima colazione e pranzo esteso da Nicolas, Tony, Carla e Cherrie?! In breve, pare un film degli Anni 70.
Agli americani, l’invito non è piaciuto più di tanto. Mark Landler, inchiestista di punta del “New York Times” ha dedicato una lunga analisi all’iniziativa: in breve proprio mentre a Washington, i “vecchi” stanno predisponendo il trasloco ed i “nuovi” non hanno ancora trovato casa, l’Iper-Presidente prende per sé le luci della ribalta (associandovi un’icona della politica mondiale degli Anni 90). Ciò vuole dire una diplomazia dell’euro e della sterlina ma in cui l’Europa (pur se in recessione) vuole mettersi nel sedile del conducente. E dare il là sui 47 temi regolatori ed economici individuati nel G7 di Washington.
L’iniziativa presenta, senza dubbio, opportunità per l’Ue – un profilo più alto vuol dire anche maggior voce in capitolo. Ha, però, anche minacce e trappole che gli sherpas dei leader Ue dovrebbero valutare con attenzione. Una minaccia, piccola in termini quantitativa ma potenzialmente esplosiva sotto il profilo della strategia europea ed internazionale, è stata anticipata la sera del 20 novembre dallo stesso Governo francese, con una misura di cui pochi si sono accorti: la nascita di un “fondo sovrano” piccolo (20 miliardi d’euro- appena il 2,5% della capitalizzazione di mercato alla Borsa di Parigi) ma strategico, poiché destinato ad investimenti dello Stato in s.p.a. che intendono abbracciare “progetti innovativi” oppure che “debbono stabilizzare la loro base in capitale per il futuro”. Di raffa, di raffa o di baracca si tratta di una nuova edizione di sussidi a “campioni nazionali” in potenza oppure in difficoltà. Gli sherpas che preparano la “conferenza” di Parigi dovrebbero leggere con attenzione il lavoro “"Subsidizing National Champions: An Evolutionary Perspective" di Cecile Aubert, Oliver Falck e Stepham Heblich (CESifo Working Paper Series n.2380) , una serrata critica di politiche di questa natura, nonché lo studio di Alberto Alesina, Silvia Ardagna e Vincenzo Galasso (Nber Working Paper N w14479) sull’unione monetaria e le riforme strutturali. L’analisi evidenzia che i Paesi che si sono tolti di dosso il vecchiume ed hanno accelerato le riforme sono quelli che più hanno tratto beneficio dall’unione monetaria. Tutto sommato, però, la minaccia è contenuta. Da un canto, i Capi di Stato e di Governo possono dire che non sono affari loro ma dei loro Ministri dell’Economia e delle Finanze e spedire altrove il dossier , augurandosi che si perda nei corridoi delle burocrazie. Da un altro, la Commissione Europea vigila sugli aiuti di stato e sull’eventuale utilizzo del fondo per bloccare Opa ostili.
Il trappolone è, invece, annidato in un “vertice” (convocato quasi all’improvviso dalla Presidenza francese) per una data più vicina: il 28 novembre. Riguarda l’agricoltura – la Francia otterrà, nel 2008, 10 miliardi di euro dal fondo per la politica agricola comune (Pac), una fetta importante dei 53 miliardi di euro disponibili , pari, a loro volta, al 40% del totale delle risorse comunitarie. Al vertice agricolo, viene presentato un documento (della Presidenza) in cui si elogia la “preferenza comunitaria”, si propone un ruolo dell’Ue nella soluzione “dell’equilibrio alimentare mondiale” (ciò vuol dire aumento della produzione lorda vendibile in Europa anche se non competitiva), si invita l’universo mondo ad adottare “azioni per incoraggiare la coesione in aree rurali” e si sottolineano i pregi dei prodotti “du terroir” (ossia puri ed organici). Soltanto panna montata? Non proprio. La crisi internazionale diventa un grimaldello per rilanciare quella Pac (che dovrebbe andare in pensione) ed anche per mettere una pietra tombale sul negoziato commerciale internazione, la Doha development agenda (Dda).
La riunione del 28 novembre probabilmente non avrà alcuna puntuale implicazione operativa, pur se, in ogni caso, darà un brutto colpo al moribondo Dda. Quella dell’8 e 9 gennaio serve a riproporre il problema Pac nella convinzione che i Capi di Stato e di Governo possono essere più sensibili a certe esigenze in merito alle quali gli stessi Ministri dell’agricoltura che non sono unanimi nel sostenere una Pac di cui la Francia è il principale beneficiario.
Quindi, “nessun dorma”!
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