sabato 8 novembre 2008

PRESIDENTE E' LA TUA ORA, Il Domenicale 8 novembre

Il “Dom” non mai celato la propria vicinanza alla piattaforma elettorale di John McCain né la propria simpatia all’eroe della guerra in Viet-Nam candidatosi in un momento particolarmente difficile della vita degli Stati Uniti: una grave crisi finanziaria internazionale originata negli Usa, il logorio inevitabile dopo tanti anni in cui il G.O.P. è stato alla Casa Bianca, lunghi e duri conflitti militari in cui Washington si è spesso trovata sola e poco compresa dagli stessi alleati tradizionali. L’elezione di Barack Hussein Obama alla Presidenza è Bianca, tuttavia, un ulteriore segno della capacità degli Stati Uniti – dove ho studiato e vissuto per oltre tre lustri – di rinnovarsi e d’innovare. E’ particolarmente significativo che a 150 anni circa dalla Guerra di Secessione diventi Capo dello Stato e del Governo (nonché Comandante Supremo delle forze armate) un americano nelle cui vene c’è sangue di vari continenti e la cui pelle non è quella di un Wasp (white anglo-saxon protestan). Così come nel 1960, l’elezione di Kennedy ruppe un’implicita “conventio ad excludendum” nei confronti dei cattolici, oggi quella di Obama strappa la “conventio ad excludendum” rispetto a chi non è bianco e di origine europea.
Al tempo stesso, però, un giudizio, anche preliminare, su quella sarà l’Amministrazione Obama potrà essere formulato unicamente quando il Senatore dell’Illinois avrà scelto e presentato la propria squadra. In queste settimane, al pari di Kennedy dopo la propria elezione (si rilegga il libro di David Halbestram “The Best and the Brightest” sull’Ammistrazione Usa nel 1960-67), dovrebbe cercare di dar vita ad un Governo con alcuni elementi forti provenienti al partito avversario (Kennedy nominò Segretario alla Difesa il repubblicano-di-sempre Robert S.MacNamara) per trovare risposte condivise ai problemi interni ed internazionali degli Usa (da quelli della copertura sanitaria per i 40 milioni che non la hanno a quelli del “nuovo” multilateralismo, da quelli degli squilibri finanziari a quelli della partnership atlantica). Darebbe così prova di essersi sbarazzato del forte marchio ideologico che ha caratterizzato la campagna elettorale e di volere trovare soluzioni prammatiche condivise.

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