Berlino. Un accordo transatlantico sulle regole per la finanza internazionale è fattibile, ma non scontati. Questa una delle sensazioni che si coglie dalla International Regulatory Reform Conference 2008 (Irrc 2008) organizzata dalla Bertelsmann Stiftung in collaborazione con le maggiori organizzazioni internazionali (Banca mondiale, Ocse, Commissione Europea), istituzioni private ( tra cui Ernst Young Institute for Better Government, Eipa, Society for Risk Analysis) ed Università (tra cui Pennysvania, Exeter, King’s College). L’Irrc è da circa un lustro un evento annuale ; si accede unicamente per invito e vengono invitati unicamente esperti del campo. E’ nata con l’obiettivo generale di semplificare e rendere più trasparente la regolazione pubblica e delle politiche pubbliche. Organizzata in “linee di lavoro” e sessioni plenarie, , quest’anno i 500 esperti venuti da tutto il mondo, si danno convengo dal 16 al 18 novembre. La macchina organizzativa dell’Irrc 2008 è stata messa in moto molto prima che la crisi finanziaria internazionale in atto avesse le caratteristiche di questi ultimi mesi tali da indurre alla convocazione del G20 – ad esempio, a me l’invito a partecipare è arrivato in agosto. Tuttavia, dato che si tiene all’indomani del G20 consente di prendere il polso su punti di vista ed impressioni di esperti della materia a proposito delle conclusioni della riunione appena conclusasi a Washington. Il tema non è all’ordine del giorno, ma se ne parla in numerose “linee di lavoro” dell’Irrc – ad esempio in quella sull’analisi di rischio- nonché in conversazioni tra i partecipanti.
Incoraggiante, ad esempio, il punto di vista di C. Burden Gray (Inviato Speciale per gli Affari Europei - in scadenza di mandato- dell’Amministrazione George W.Bush a Bruxelles). Gray sottolinea che “Usa ed Ue non debbono più avere differenze in materia di analisi d’impatto della regolazione (soprattutto in tema di finanza e di bache”; ciò “è possibile e fattibile” in quanto “a livello tecnico le differenze non sono insormontabili”. E le differenze politiche sono spesso ammantate da “veli tecnici” che celano, in sostanza, interessi (quasi sempre legittimi) di scuole di pensiero. Meno ottimista ma molto chiaro, il Vice Presidente della Banca mondiale (con delegate per settore finanziario privato) e Capo Economista della Società finanziaria internazionale, Michael Klein. Sottolinea come le radici dei nodi venuti al pettine in questi ultimi anni siano profonde: si è passati da economie (nella cui struttura di produzione predominano manifattura e agricoltura) dove la concorrenza ed il funzionamento delle regole del mercato sono “facili” ed economie di servizi “dove è difficile introdurre la concorrenza ed il mercato. In esse si deve fare ricorso ad un equilibrio delicato tra coordinamento (da parte della mano pubblica) e mercato. Un equilibrio difficile. Secondo Klein, il G20 ha mostrato due tendenze ancora marcatamente distinte e distanti. Nella visione, per così dire, “americana” le semplificazione e la maggiore trasparenza delle regole (e della loro attuazione) sarebbero la leva per sciogliere i nodi. In quella “europea”, soprattutto dell’Europa continentale, ed “asiatica”, l’accento è su un maggiore intervento regolamentare (sia nazionale sia internazionale) auspicabilmente di migliore qualità e su un forte scetticismo nei confronti del mercato sia delle autorità di regolazione e di vigilanza- serpeggia il principio secondo cui “sarebbe meglio rimettere i problemi in mano agli eletti”. I quali, però, sono spesso catturati da interessi particolaristici.
Due letture, se non proprio contrapposte, quanto meno divergenti . Esse riassumono bene l’atmosfera che si avverte del centro di conferenze Axica, a due passi dalla Porta di Brandeburgo. L’accordo transatlantico , dunque, è possibile ma non dietro l’angolo.
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