Negli Anni 70, un capolavoro di Roberto Rossellini, commissionato dalla televisione francese, raccontava, in 90 minuti, la presa di potere di Luigi XIV documentando (in pieno rispetto d’unità di tempo, luogo e spazio) il ricco banchetto con il quale il giovane Re Sole mostrò a tutti di essere una spanna sopra gli altri. Con maggiori ambizioni, qualche anno fa, Kenneth F. Kiple e Kriemhild Conée Ornelas, ed una schiera di loro collaboratori, nei due volumi “The Cambridge History of Food Habitus” (ad un prezzo di listino di oltre 150 euro) hanno tracciato l’intera storia socio-politica dell’umanità attraverso non come ci si comporta a tavola (compito già svolto dall’antropologo Claude Lévi Strauss) ma come e cosa si mangia.
Si è dato obiettivi meno grandiosi, ma più vicini a noi, Giuseppe Romano, giornalista e docente universitario di piattaforme multimediali (oltre che raffinato buongustaio), con il suo “Mezzogiorno di Cuoco”: esaminare, attraverso le abitudini alimentari degli italiani, come è cambiata la società italiana dai tempi bui in cui si era appena entrati nella seconda mondiale all’oggi, ossia al periodo immediatamente precedente quella che potrebbe essere una lunga stagnazione. Le statistiche sono crude: all’inizio degli Anni 60 (in pieno miracolo economico) circa il 55% delle spese di consumo delle famiglie degli italiani erano per alimentari (e il 19% per altri generi di beni e servivi) mentre quando si stava per entrare nel XXI secoli, gli alimentari assorbivano meno del 20% dei consumi della famiglia-tipo (ed il 60% si dirigeva a beni e servizi di altra natura).
Utilizzando il metodo secondo cui, studiando un albero, si scopre molto di più sulle caratteristiche di un bosco che facendone una fotografia digitale da un elicottero, Romano esamina le abitudini alimentari degli italiani (e la trasformazione sociale) attraverso un unico prodotto: la carne, specialmente quella “in scatola”, prodotta in Italia in tempi d’autarchia prima ancora che arrivasse il “corned beef” americano del “Piano Marshall”. Da studioso dei media, esamina, quindi, l’evolversi della pubblicità, specialmente da quando la televisione è entrata nelle nostre case, il mutare della distribuzioni, le nuovi abitudini del “fast food” e dello “slow food”. Il racconto si ferma all’inizio di questo secolo: quando cominciano a mangiare carne cinesi ed indiani (ed i prezzi delle derrate vanno alle stelle).
Un saggio al tempo stesso divertente ed interessante che ricorderà agli anziani “come eravamo” ed insegnerà alle giovani generazioni che appena 50 anni fa la carne era riservata ai giorni di festa
Giuseppe Romano “Mezzogiorno di Cuoco” Venezia, Marsilio 2008 pp. 126 € 13
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