Come si presenta l’Europa al G20 in programma il 15 novembre (di fatto, tenendo conto degli incontri “informali”, il 14-15 novembre) a Washington? La colazione di lavoro dei 27 dell’Ue il 7 novembre a Bruxelles ha prodotto una proposta che rappresenta un “minimo comun denominatore” meno cogente di quello definito, alcuni giorni primi dall’Ecofin (i Ministri economici e finanziari dei 27) e dall’Eurogruppo (i Ministri economici e finanziari degli Stati dell’area dell’euro). La proposta si articola in cinque punti:
· dare al Fondo monetario internazionale (Fmi), ed al Financial Stability Forum (Fsf), responsabilità primaria nel formulare piani operativi per ristabilire fiducia e stabilità nei mercati;
· mettere sotto sorveglianza (del Fmi e del Fsf) le agenzie di rating;
· aumentare la convergenza sugli standard contabili e rivedere le regole del “fair value” (ossia del metodo di deprezzamento, oppure d’apprezzamento, delle attività finanziarie in portafoglio);
· garantire che nessun territorio – leggasi: paradisi fiscali- o soggetto – leggasi “hedge funds” – sfugga ai controlli delle autorità di vigilanza;
· migliorare i codici di condotta.
Questa proposta è inquadrata in un programma più vasto: il 15 novembre il G20 dovrebbe varare uno scadenziario dettagliato da verificare – con una muova riunione del G20 – entro il 20 febbraio 2009. Contiene anche ammennicoli di contorno: dare, se non proprio un seggio, almeno uno strapuntino alla Spagna di Zapatero che sta facendo fuoco e fiamme poiché, pur considerandosi un hidalgo almeno alla pari degli altri, si sente escluso dal consesso. Lo ha ottenuto, ma (per ora) unicamente per il 15 novembre, in quanto Sarkozy parteciperà come Presidente (di turno) della Ue , non della Francia.
A Parigi ed a Roma si mostra soddisfazione per i risultati della riunione del 7 novembre e fa sfoggio di grandi attese per quella del G20. Nicolas Sarkozy afferma che è tutta idea sua: la ha lanciata nel suo discorso all’Onu il 23 settembre e proposta nell’incontro con Bush il 18 ottobre. L’entourage di Silvio Berlusconi rivendica che l’Italia la ha formulata prima ancora di Parigi in colloqui bilaterali già in agosto. Più prammatico il Premier britannico Gordon Brown: alla strategia in materia finanziaria (ed alla convergenza in tema di tassi d’interesse) ne deve corrispondere una in materia di economia reale per evitare una recessione che, come anticipato da “Libero Mercato” già all’inizio di ottobre, in Europa sta mordendo più che negli Usa. In ogni caso, i cinque punti prodotti il 7 novembre rappresentano quella “opzione call di espansione” (ossia una piattaforma su cui costruire programmi più ambiziosi al G20) auspicata da “Libero Mercato” il 4 novembre.
I nodi adesso sono essenzialmente due: a) quale sarà la risposta degli altri (specialmente degli Usa) e b) quale metodo dovrà, e potrà, seguire l’Ue nel resto di un processo che inizierà questa settimana a Washington ma non si esaurirà in febbraio. Nella formulazione (ed attuazione) del metodo, l’Italia ha un ruolo istituzionale centrale poiché il primo gennaio 2009 Roma assume, per 12 mesi, la Presidenza del G8. Un punto è chiaro a tutti: quale che sarà il risultato del G20 di questa settimana, gli esiti avranno possibilità di incidere sui mercati e sulle istituzioni unicamente se sorretti da una strategia del dollaro e dell’euro (ossia da una partnership atlantica) analoga alla strategia del dollaro e della sterlina che preparò nel 1944 la conferenza di Bretton Woods e la gestì.
E’ fin troppo ovvio che nella capitale Usa il G20 avrà a che fare con un Presidente in fase di trasloco e con i collaboratori di uno non ancora stato insediato. Su alcuni aspetti, tuttavia, concordano sia l’alta amministrazione del Governo (in carica sino al 20 gennaio) sia gli esperti economici di Barack Obama (riunitisi a Chicago il 7-8 novembre): i) evitare l’istituzione di nuovi regolatori del mercato o la concentrazione delle funzioni in uno solo tra quelli esistenti (leggasi: Fmi); ii) de-enfatizzare l’importanza di “hedge fund” (et similia) e della loro regolazione.
Gli sherpas dell’Ue farebbero bene a studiare i dettagli della normativa americana sui salvataggi delle istituzioni finanziarie di recente approvata negli Usa (per Fanny Mae, Freddt Mac e compagnia bella): obbliga Casa Bianca e Congresso a regolare entro il prossimo maggio 2009 i mercati dei derivati e degli “hedge funds” ed a “rivedere” (review) l’assetto pluralistico della vigilanza finanziaria a livello sia federale sia dei singoli Stati dell’Unione (ossia a limitare le funzioni di vigilanza da parte della banca centrale, la Fed). In breve, probabilmente obtorto collo (ossia perché il “Piano Paulson” sia approvato dalle Camere), la posizione “normativa” Usa è più vicina a quella “politica” europea di quanto non lo sia quella “politica” della Washington-che-può di oggi e delle settimane immediatamente successive il 20 gennaio. E’ una carta importante che l’Ue può giocare bene al G20 di questa settimana e nel processo che ad esso (inevitabilmente) seguirà.
In particolare, gli sherpas dovrebbero chiedere al codazzo di barracuda-esperti che li seguirà nei voli di Stato alla volta degli Usa di sviscerare sia i dettagli tecnici della normativa Usa sia la bozza di un lavoro in uscita sul “Berkeley Business Law Journal”: "Which Way for Market Institutions? The Fundamental Question of Self-Regulation". Ne sono autori Cally Jordan dell’University of Melbourne e Pamela Hughes di Blake, Cassels e Gryadon LLP (uno dei maggiori studi legali internazionali). In caso di difficoltà, possono rivolgersi direttamente agli autori - c.jordan@unimelb.edu.au ; pam.hughes@blakes.com - per e-mail a nome di “Libero Mercato” e del vostro chroniqueur.
Sul futuro del processo, e sulla posizione dell’Ue, ci sono alcuni interessanti proposte da considerare, relative rispettivamente al metodo ed alla sostanza. La prima si riferisce a come procedere in un processo in cui (come visto su “Libero Mercato” del 4 novembre) “opzioni reali” di tipo “call” e “put”, sia positive sia negative (“liability options” si aprono e si chiudono con rapidità ed occorre sapere esercitare lo “strike” con una destrezza almeno analoga a quella utilizzata sui mercati finanziari. Ciò richiede speditezza, non complesse procedure tra 27 Stati (e luncheons di lavoro straordinari a Bruxelles). Coglie nel segno Alberto Quadro Curzio nel proporre un GE4 , ossia un “gruppo dei quattro” europeo, che operi ovviamente su delega del Consiglio Europeo che di fatto si riunisce ogni tre mesi e dell’Ecofin e dell’Eurogruppo che si riuniscono ogni mese.
Sui contenuti, un’interessante proposta è stata formulata da Maria Teresa Salvemini sul numero di “Affarinternazionale”, il periodico telematico dell’Istituto Affari Internazionali diramato l’8 novembre. La proposta contempla tre differenti ipotesi:_ a) un allentamento del patto di stabilità (con nuove regole di comportamento valide per tutti al fine il costo delle politiche di sostegno di alcuni Paesi non gravino sul resto dell’Ue; b) un piano europeo per l’utilizzazione di risorse finanziarie aggiuntive a quelle dei singoli Stati (associato a nuove regole di contabilizzazione); c) un accordo nell’Eurogruppo per l’impiego, in chiave espansiva, sia di entrate sia di spese.
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