Il 2007 si è aperto con la rivelazione che l’asta annunciata da Prodi per la privatizzazione di Alitalia non era affatto un’asta, ma un barocco, arzigogolato ed inconcludente beauty contest. Si chiude con le polemiche sull’inizio di quella che dovrebbe essere la fase finale di un’Ops (offerta pubblica di scambio) di pacchetti azionari per fare diventare la compagnia italiana parte di un’aggregazione europea al cui centro c’è il binomio AirFrance-Klm. In breve quello che oggi termina è stato, per molti aspetti, l’anno di Alitalia.
Dopo il Consiglio dei Ministri del 28 dicembre, la trattativa tra Alitalia, da un lato, ed AirFrance-Klm, dall’altro, dovrebbe essere tutta in discesa, nonostante ci siano forti resistenze all’accordo sia in seno al Governo sia – quel che più conta- da parte di settori politici ed economici importanti del Nord del Paese (dove si teme che l’intesa comporterebbe una riduzione significativa del ruolo di Malpensa).
Da un canto, ma man mano che viene precisato l’assetto istituzione-societario della proposta AirFrance-Klm (segnatamente un trust italiano che manterrebbe il 51% dei diritti di voto della compagnia dopo l’acquisizione del controllo da parte di AirFrance-Klm), la proposta franco-olandese diventa più attraente. Da un altro, una volta avuto il consenso del CdA, sembra difficile che si possa tornare indietro poiché – come illustrato in altra sede – si aprirebbe un contenzioso in cui la sola richiesta di risarcimento (da parte di AirFrance-Klm) potrebbe innescare quella procedura fallimentare che, secondo Carlo Scarpa dell’Università di Brescia, sarebbe dovuta iniziare due anni fa. Non dimentichiamo che Alitalia è stata costretta a vendere le slots a Heathrow per sopravvivere sino al termine della trattativa con AirFrance-Klm. Da un altro lato ancora, la cordata che contende l’intesa tra Alitalia e AirFrance-Klm non ha fornito, a quel che è dato sapere, risposte adeguate ai dubbi sulla propria solidità finanziaria e sulla propria capacità industriale sollevati da L’Occidentale del 27 dicembre.
Il vento del Nord, tuttavia, è forte, ha dalla parte sua le maggiori confederazioni sindacali e può contare su un argomento non banale: quali che siano i meriti della decisione del CdA Alitalia, il metodo e la procedura seguiti dal dicembre 2006 (quando la privatizzazione è stata annunciata) lasciano molto a desiderare, per ragioni di fondo documentate più volte su L’Occidentale in questi mesi. In aggiunta, Romano Prodi ha una tendenza inarrestabile a negoziare su tutto e su tutti. Quindi, non sono da escludersi sorprese (pure nell’eventualità che la trattativa finanziaria, economica, tecnica ed industriale tra Alitalia, da un canto, e AirFrance-Klm, dall’altro, fili liscia come l’olio). Alla guida di un Governo debole e da mesi sempre sull’orlo di una crisi, Prodi non può permettersi che le aree più produttive del Paese dissotterrino l’ascia di guerra. Quali gli scenari possibili?
Il primo è quello possiamo chiamare, utilizzando un lessico un po’ datato ma adesso attualissimo, del maxi-pateracchio . Consisterebbe nel mettere “la pratica Alitalia” in un gran calderone (nomine negli enti previdenziali, all’Eni, all’Enel, all’Autorità per l’Energia, e via discorrendo) in cui negoziare (con gli scontenti) un po’ tutto, concedendo poltrone a destra ed a manca. Riuscirebbe a calmare forse i sindacati ed a giocare tra le differenze esistenti nel “fronte del Nord” (il Veneto e la Venezia Giulia, ad esempio, non sono mai stati innamorati di Malpensa ed hanno sempre puntato su un potenziamento dell’aeroporto di Verona che da lustri si sente penalizzato dal grande scalo alle porte di Busto Arsizio). Prodi è sempre stato molto abile in questi campi. Anche e soprattutto quando il costo viene posto in capo ad altri.
Il secondo è quello che possiamo chiamare, con un termine più moderno, il maxi-inciucio di settore. Consisterebbe nell’acquisire il consenso della cordata che si oppone a AirFrance-Klm (e che probabilmente ha una certa influenza sul vento del Nord). Nessuno nutre l’illusione che quello del trasporto aereo è un mercato funzionante secondo quanto si apprende studiando economia politica: è fortemente regolamentato non solo da autorità pubbliche nazionali ed internazionali ma anche e soprattutto da intese, più o meno esplicite, tra compagnie. Il maxi-inciucio consisterebbe nel dare ad AirOne (ed ai suoi sostenitori) le carte per farle diventare un “mini-campione nazionale”. Come? Tramite slots in quantità ed orari strategici in aeroporti italiani particolarmente importanti (specialmente al Nord). Ciò faciliterebbe l’aggregazione , attorno ad AirOne, di molte altre compagnie di piccole dimensioni. Il maxi-inciucio di settore potrebbe comportare, nel medio termine, benefici per i consumatori in quanto il complesso Alitalia-AirFrance-Klm si troverebbe un competitore sul mercato italiano ed un giorno su quello europeo.
Questo secondo scenario, però, presuppone che il Nord faccia la parte sua in un campo in cui per il Governo e per la politica nazionale è difficile entrare: spingere verso un’aggregazione societaria le s.p.a. che gestiscono gli aeroporti di Torino, Milano, Genova, Bergamo, Brescia, Verona, Venezia e Trieste. Senza una razionalizzazione, infatti, le slots non sarebbe sufficienti a dare l’impulso (o la protezione) necessaria. Ma, come si è detto, si tratta di s.p.a. che non vanno affatto d’amore e d’accordo.
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