Domani 18 dicembre, il CdA di Alitalia dovrebbe varcare il Rubicone e schierarsi per uno dei contendenti alle nozze con la dissestata compagnia. Il condizionale è d’obbligo perché non sono da escludere ulteriori rinvii. Tanto più che lo stesso Presidente del Consiglio, Romano Prodi – dimenticando, forse, che Alitalia è da anni tenuta in vita con alimentazione artificiale e maschere di ossigeno – ha detto che non c’è fretta; con il tono consueto di parroco di campagna ha affermato che occorre operare “bene e seriamente”, ma senza l’assillo di scadenze che nessuno avrebbe fissato. Un’occhiata ai conti, tuttavia, suggerisce che o le nozze si fanno presto (e con una dote di cassa) o si portano i libri in tribunale per dare inizio ad una procedura fallimentare.
I contendenti dovrebbero essere due: AirFrance-Klm, da un lato, e Airone con vari gruppi bancari italiani ed internazionali, dall’altro. Pure in questo caso il condizionale è d’obbligo in quanto, all’ultim’ora, sono entrati ed usciti di scena altri potenziali o virtuali pretendenti alle nozze con Alitalia. Proprio come nelle “folle journée” de “L Nozze di Figaro” di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais , nota principalmente grazie all’adattamento in commedia in musica fattone da Lorenzo Da Ponte e Wolfgang A. Mozart.
Al pari della “folle journée”, l’intrigo si è fatto così complicato che per orientarsi occorre un brevissimo sunto delle puntate precedenti al fine di isolare le questioni principali oggi sul tappeto. Il 2 dicembre 2006, il Governo annunciò la privatizzazione (o meglio la cessione del 49,9% del pacchetto azionario di Alitalia ancora nelle mani del Ministero dell’Economia e delle Finanze) tramite un’asta. Quando il 29 dicembre venne pubblicato il bando ci si accorse che non si trattava affatto di un’asta (basata su un capitolato d’appalto dettagliato e chiari parametri di valutazione, nonché trasparenti criteri di scelta) ma di ciò che nel lessico si chiama un beauty contest, una gara per spogli successivi in cui fissati alcuni paletti (italianità e difesa dei livelli occupazionali) le preferenze della stazione appaltante vengono rivelate gradualmente man mano che si precisano i contenuti finanziari ed industriali delle offerte. Una dozzina di pretendenti si sono fatti avanti (uno, per propria ammissione, soltanto per burla- ossia per dimostrare quanto sfilacciata fosse la procedura). A poco a poco, se la sono data tutti a gambe, ivi compresa Airone (oggi considerata molto vicina al cuore di numerosi componenti del Governo, nonché dei sindacati).
Dichiarata fallito il beauty contest, si è cambiato sia il management della compagnia sia il metodo per vendere il 49.9% delle azioni (e se possibile cedere l’intera azienda tramite un’Opa totalitaria). Non si parla più né di asta né di beauty contest ma di trattativa – un metodo che Prodi ben conosce dai tempi dell’Iri , ed in particolare del primo tentativo di cessione della Sme. Si sono presentati una mezza dozzina di aspiranti: è rientrata in gioco Airone, ha mostrato di essere interessata la cordata AirFrance-Klm, che non aveva partecipato alla prima tornata. Altri pretendenti o sono stati trovati privi dei requisiti essenziali o sono scappati al momento di passare all’operatività (in breve, di mettere soldi sul piatto).
Era chiaro a tutti i partecipanti che le nozze di Alitalia non sarebbero state un matrimonio d’amore ma di interessi. Meno chiari, perché mai precisati, quali sarebbero stati i parametri di valutazione ed i criteri di scelta per individuale quello che Oscar Wilde avrebbe chiamato “il marito ideale”, per se sulla base di interessi . Dunque, la confusione (per essere gentili), il caos (per rappresentare correttamente la situazione) ed i tentativi di aggiotaggio (su cui sta indagando la Procura della Repubblica). Ancora meno chiaro chi dovrà prendere la decisione: se il CdA di Alitalia (come prescrivono i codici dato che si tratta di s.p.a. quotata), se il Governo (come affermano i Palazzi romani), se l’Esecutivo d’intesa con i sindacati (come sostengono le numerose sigle che contornano Alitalia), se Prodi in prima persona (come ha dichiarato in un paio di interviste).
Cerchiamo di definire noi de “L’Occidentale” alcuni parametri di valutazione e criteri di scelta, se non altro per orientarci nel fiume in piena di dichiarazioni di questo o di quello su offerte finanziarie e industriali di cui si conoscono, e vagamente, solamente i lineamenti.
Il primo parametro di valutazione dovrebbe essere l’apporto di cassa o direttamente oppure tramite una scambio di azioni coniugato con un aumento di capitale. Se non si è pronti a tirare fuori il contante, le nozze verranno celebrate con i fichi secchi e tra qualche mese si sarà ancora una volta alle soglie del fallimento. Se per i fiori in Chiesa ed il ricevimento si fa ricorso ad una forte leva finanziaria, le nozze di Alitalia sarebbero il prologo di una replica della vicenda dei vari passaggi di mano di Telecom Italia, croce e delizia delle cronache a cavallo tra due secoli, oppure di un pasticciaccio brutto analogo a quello di Enimont negli Anni 80. I parroci di campagna – lo ricordiamo al Presidente del Consiglio ed all’amministratore delegato da lui scelto per Alitalia, Maurizio Prato – sono come i loro parrocchiani contadini: si fidano quando toccano con mano il contante.
Il secondo parametro dovrebbe essere la centralità internazionale, non regionale o nazionale, della rinnovata Alitalia. “L’Occidentale” del 10 dicembre ha documentato come la teoria dei “campioni nazionali” non si applichi al trasporto aereo. Uno studio recente dell’Istituto Max Planck traccia un paragone eloquente con il gioco del calcio: una squadra vincente necessita sia di vecchie volpi che di giovani promesse. In questa ottica, i “campioni nazionali” valgono la candela unicamente se sono piloti in grado di guidare il gioco in una rete regionale, europea od internazionale (a seconda del mercato di riferimento)*. Sarebbe riduttivo far sì che l’Alitalia, non certo una giovane promessa, diventi un vettore italiano e al più europeo (grazie alle tutele in casa propria). Non è questione di orgoglio o prestigio; si finirebbe schiacciati tra low cost e global player dell’aviazione civile . Ritardando solo per qualche anno il redde rationem.
Il terzo criterio di valutazione dovrebbe essere la conformità alle regole italiane ed europee in termini di concorrenza. Anche ove l’antritrust nostrano non volesse alzare la voce (pur di vedere chiusa la partita), l’Italia non può permettersi una nuova vertenza con le autorità europee, in nome di Alitalia. Non tanto per aspetti di garbo ma per pura convenienza. Si sta riaprendo il fronte delle difficoltà (con gli altri Stati della zona dell’euro) in materia di conti pubblici. Abbiamo pendenze grandi e piccole in tema di aiuti di Stato. Veniamo accusati di non sapere utilizzare a pieno i fondi strutturali che vengono a noi conferiti. Già nella primavera del 2006, in occasione della ricapitalizzazione di Alitalia con garanzie statali, ci è stato detto a tutto tondo che sarebbe stata l’ultima volta. Informalmente, Bruxelles ha fatto sapere che ci sarà tolleranza zero in caso di posizioni dominanti in materie delle rotte più lucrose. Non soltanto verrebbero messi a repentaglio gli stessi principi ispiratori del mercato unico ma gli altri vettori europei (e non solo) ci aspettano al varco.
Se ambedue i corteggiatori superano esattamente nello stesso modo questi parametri di valutazione, i criteri per scegliere lo sposo dovrebbero premiare la convenienza per i consumatori in termini di rotte e di tariffe e tenere conto degli aspetti occupazionali.
*Falk O:, Heblich St. "Do We Need National Champions? If so, Do We Need a
Champions-Related Industrial Policy? An Evolutionary Perspective" Jena Economic Research Paper No. 2007-088
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