Il sorpasso della Spagna (in termini di pil pro-capite) nei confronti dell’Italia – ed un possibile analogo sorpasso da parte della Grecia – vengono da lontano e potrebbero andare lontano. Così avrebbe detto Palmiro Togliatti. Ed una volta tanto - la prima e forse l’ultima- siamo d’accordo con Il Migliore.
Uno studio della Banca centrale europea, pubblicato a Francoforte a fine novembre in un’elegante copertina marrone ma ignorato dai media italiani (e quel che più conta dalla maggioranza impegnata a farsi doni di Natale, a spese di tutti, tramite la finanzia), stima all’1,3% l’anno il potenziale di crescita di lungo periodo dell’economia italiana rispetto al 2,2% l’anno per la media dell’intera area dell’euro. L’Europa dell’unione monetaria ha un potenziale basso di crescita a lungo termine rispetto al 3,2% l’anno stimato dalla Bce per gli Usa, al 2,8% del Canada ed al 2,5% della Gran Bretagna. All’interno dell’area dell’euro, corre la piccola Olanda al 2,8%, ma è superata da Paesi di media portata come Spagna e Grecia (ambedue al 3%) ed anche i due grandi, Francia e Germania, hanno un potenziale di crescita (di lungo periodo) leggermente superiore al 2% l’anno. L’Italia non è solo l’ultima ruota del carro nell’area dell’euro, ma sfigura pure di fronte al vecchio ed addormentato (da tre lustri) Impero del Sol Levante (il cui potenziale di crescita a lungo termine è stimato all’1,5% dallo studio econometrico Bce).
In linguaggio asettico, l’analisi specifica Bce afferma che le determinanti principali dei nostri guai sono il declino relativo della popolazione in età da lavoro, le modeste spese in ricerca e sviluppo e, quindi, il comparativamente basso tasso di produttività multifattoriale. Sono determinanti, quindi, ben differenti dall’alto stock di debito pubbliche che, secondo quanto dichiarato dal Presidente del Consiglio Romano Prodi, sarebbe all’origine dell’insoddisfacente andamento del sistema Italia e, quindi, del sorpasso. Senza dubbio, il debito pubblico limita i margini di manovra per tutte le politiche pubbliche (anche e soprattutto per quelle relative di crescita); tuttavia, il manuale di storia economica di Augusto Graziani (per decenni coerentemente collaterale alla sinistra radicale) individua nella fine degli Anni 70 (quando Prodi è stato componente dell’Esecutivo) l’inizio del rapido aumento del debito pubblico. E’ testo utilizzato da dieci anni nelle maggiori Università.
Sarebbe, però, almeno poco elegante addebitare alla prima esperienza di Governo dell’attuale Presidente del Consiglio non solo “la legge Prodi” (per il salvataggio, con i soldi di tutti, di aziende decotte) ma anche il sorpasso di oggi da parte della Spagna. La volata finale (quella che verosimilmente ci porrà pure dietro alla Grecia) è stato l’aumento fiscale che VVV (Viceministro Vincenzo Visco) ha chiesto al tecnico imprestato, temporaneamente, alla politica TPS (Tommaso Padoa Schioppa). Non lo diciamo noi ma una serie di studi internazionali, l’ultimo dei quali viene dalla lontana Università Internazionale della Florida. E’ un ateneo distinto e distante dai nostri problemi di bottega; VVV e TPS potrebbero seguire un seminario davvero speciale sugli effetti di tasse, imposte e tributi vari su crescita e sulla concorrenza fiscale sempre più serrata che ci viene fatta dai Paesi neocomunitari diventati nostri soci dell’Ue anche e soprattutto grazie alla frenetica attività di Romano Prodi quando presiedeva la Commissione Europea.
Inoltre, l’aumento del carico fiscale è stato accompagnato da un incremento vertiginoso della regolamentazione in materia di tutto e di più. Il Governo ha l’obbligo dalla fine degli Anni 90 di applicare l’Air (Analisi dell’impatto della regolazione) non per scopi accademici ma per trarne indicazioni operative. Sino ad ora pare siano stati condotte (ma non ancora pubblicate) analisi della regolamentazione in materia di frantoi, vivai e biscotti. Tralasciando temi davvero critici. Lo si è toccato con mano all’Internazional Regulatory Reform Conference (IRRC) organizzata dalla Bertelsmann Stiftung (una fondazione privata emanazione del gruppo editoriale): uno degli argomenti all’attenzione dell’IRRC è il ritardo relativo dell’Italia, e tra i Paesi Ocse e tra i Paesi Ue, in termini di modernizzazione della regolazione. Ce lo dice anche un lavoro recente della Banca Mondiale.
L’aumento delle tasse e della regolamentazione non hanno neanche portato a quella “pace sociale” promessa in campagna elettorale ostentando la Cgil come “king maker” della coalizione guidata (per così dire) da Romano Prodi. Da mesi quel resta della coalizione capitola anche di fronte a corporazioni che non ne riconoscono le ordinanze, ossia l’autorità e l’autorevolezza. E ci costringe ad una crescita rasoterra.
Riferimenti
Andres L. , Guasch J-L, Straub S. Do Regulation and Institutional Design Matter for Infrastructure Sector Performance?" World Bank Policy Research Working Paper No. 4378
Cahn C., Saint Guilhem A. “Potential Output Growth in Several Industrialised Countries: A Comparison" ECB Working Paper No. 828
Fisher E. “Risk Regulation and Administrative Costitutionalism” Hart Publishing, 2007
Graziani G. Lo Sviluppo dell’Economia Italiana- dalla ricostruzione alla moneta europea” Bollati Boringheri, 1998
Mcgee R. "Tax Burden in Transition Economies and the European Union: A
Comparative Study" Florida International University 2007
Nationaler Normenkontrollat Strengthening Cost Consciuosness for Better Regulation- Annual Report of the National Regulatory Control Council, Federal Republic of Germany
Nijsen A., Hudson J., Mueller Ch., Van Paridon K., Thurik R.“Business Regulations and Public Policy: the Costs and Benefits of Compliance“ Springer, 2007
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