Nei suoi sogni, il Ministro dell’Università e della Ricerca, Fabio Mussi crede di essere a Friburgo, sui testi di Theodor Adorno. Ah, les beax jours! Adesso è alle prese con un sistema universitario attaccato tanto da dentro quanto da fuori. Pochi si rendono conto che l’istruzione universitaria rende più della Borsa (anche se i rendimenti risultano maggiori ai datori di lavoro dei laureati che a chi ha faticato per completare il ciclo universitario): per i primi il tasso di rendimento finanziario è il 18%, per i secondi il 10% circa – ritorni comunque di tutto rispetto. Lo documenta un’analisi dell’Istituto di Studi sul Lavoro tedesco (IZA Discussion Paper No. 3058) di cui sono autori Justin van der Sluis, Mrjam van Praag e Aaren van Wittleloostujin su dati della Repubblica federale e dei Paesi Bassi.
Lo rincuora anche un lavoro di Tommaso Agasisti del Dipartimento di Ingegneria, Economia e Gestione del Politecnico di Milano e di Carmen Pérez Esparrells in cui si raffronta l’efficienza delle università italiane e spagnole. Contrariamente alle geremiadi di rettori, professori, studenti, genitori (e congiunti vari), lo studio dimostra un buon grado di efficienza in ambedue i Paesi ma con un tasso migliore nelle Università italiana che in quelle spagnole. Conclusione che dovrebbe essere divulgata nonostante il muro di maldicenze (contro le università) della stampa nostrana. Il miglioramento dell’efficienza delle università italiana dipende, secondo il lavoro, dal “cambiamento tecnologico” effettuato dai nostri atenei- con la frase si intende la tanto vituperata struttura 3 + 2 . In ambedue i Paesi ci sono, però, marcate differenze regionali.
Come superarle? Un saggio di Robert Schwager del Centro di Ricerca Economica Europea (Zew) della Università di Magdeburgo (il quaderno di ricerca Zew n. 07-056, disponibile in inglese oltre che in tedesco) lo riporta ancora una volta agli anni di Friburgo, quando lo studio di Adorno comportava anche conoscenze di alta matematica applicata). Schwager propone un modello di competizione tra università pubbliche: le rette riflettano la qualità (e la reputazione) dei differenti atenei e le università competano per due categorie di studenti: quelli “immobili” (che vogliono restare sottocasa) e quelli “mobili” (pronti a spostarsi). Il modello mostra come si potrebbe coniugare efficienza con equità (pur mantenendo il sistema interamente nelle mani pubbliche)..
Un’altra idea viene dalle Fiandre. La analizzano Stjin Kelchtermans e Frank Verboven (Università Cattolica di Lovanio) in una ricerca su come migliorare l’efficienza interna “riducendo la diversità del prodotto delle Università”, in breve concentrando i corsi . Nel Belgio un sistema di incentivi porta a risparmi nei costi fissi ma può essere non desiderabile sotto il profilo sociale se gli studenti non sono pronti a spostarsi da una città ad un'altra Suggerimenti su cui lavorare per la prossima finanziaria. Se saremo ancora nel Palazzo, pensa il Ministro.
Ex Libris
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