giovedì 27 dicembre 2007

IL DILEMMA DEL CREDIT CRUNCH TARGATO EUROPA

C’è troppa o troppo poca liquidità in circolazione? Nelle spiegazioni apparse in questi mesi si mette l’accento su determinanti geo-politiche e geo-economiche: gli squilibri finanziari internazionali (in breve il disavanzo dei conti con l’estero Usa di 800 miliardi di dollari l’anno), le differenze di propensione al risparmio nelle varie aree geografiche, l’impatto delle tecnologie sui flussi di capitale, gli eccessi di innovazione finanziaria negli Usa ed in Europa. Pur se queste determinanti hanno un ruolo, la principale spesso distolgono l’attenzione dalla principale. La liquidità non viene più concepita come rapporto tra massa monetaria e mercati di riferimento nell’economia reale ma come grado di fiducia tra i soggetti economici nei differenti mercati – sia tra di loro sia negli strumenti di transazione, di misurazione e di riserva a loro disposizione. La credit crunch ,in atto negli Usa e paventata in Europa, è grave perché riguarda il grado di fiducia che alcune delle maggiori banche internazionali hanno fra loro. Un’indicazione concreta è data dall’aumento del premio di rischio per le operazioni tra banche. Un fenomeno che fa a pugni con le buone prospettive di crescita dell’economia mondiale ed i ribassi dei tassi d’interesse pilotati dalla Fed negli Usa e la decisione della Bce di non aumentare quelli da lei guidati nell’area dell’euro (nonostante un tasso d’inflazione annuo relativamente sostenuto).
Cosa ha inciso negativamente sulla fiducia tra le banche? Queste si sono sempre indebitate a breve per investire , con un certo grado di rischio, a medio termine. L’innovazione finanziaria ha fatto sì che una quota crescente delle intermediazione venga effettuata tramite strutture organizzative (gli Special Investment Vehicles, SIVs) il cui capitale proviene in gran misura dalle banche ma le cui operazioni non sono soggette a regolamentazione bancaria. La moltiplicazione delle SIVs ed il pullulare di marchingegni barocchi per gettare sul mercato prestiti al tempo stesso illiquidi ed ad alto rischio (come i mutui subprime) ha incrinato la fiducia reciproca tra le banche in quanto – lo mostrano le cronache di queste settimane – spesso nessuna ha piena consapevolezza di quanti SIVs siano nel suo portafoglio, di quanti in quelli delle altre banche con cui tratta più frequentemente e quale il grado di rischio associato ai differenti SIVs . Da qui una caduta di fiducia che pone difficoltà di liquidità – proprio mentre il mondo sguazza in liquidità – gli stessi principali intermediari finanziari, le banche, il cui compito principe è quello di ben incanalare la liquidità.
Quali sono le probabilità che il fenomeno si sviluppi anche in Europa? Il Vice Presidente della Bce, Lucas Papademos, tranquillizza i mercati sottolineando come nel Vecchio Continente si seguano regole e prassi rigorose per i prestiti in generale ed i mutui in particolare. Indicazioni analoghe provengono dalla Bank of England: solo un terzo delle imprese (bancarie, manifatturiere, commerciali, ecc.) ritiene che nel 2008 si potrebbe verificare una credit crunch. In Spagna, però, il 60% dei portafogli delle banche è bloccato nell’immobiliare. In tutta Europa è in atto una contrazione della leva finanziaria per fusioni e concentrazioni: da 95 miliardi di euro nel 2006 e 35 nel 2007.

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