giovedì 13 dicembre 2007

SUL CASO ALITALIA MANCA UNA SERIA POLITICA INDUSTRIALE

Palazzo Chigi preme perché al tormentone Alitalia sia dia un’ultima volata. Prodi ha avocato a sé stesso in prima persona le decisioni con cui chiudere la partita. E’ passato un anno dal 1 dicembre 2006 quando annunciò la privatizzazione tramite un’asta. Il 29 gennaio 2007 alla lettura del bando ci si accorse che si lanciava non un’asta ma un beauty contest , in termini tecnici una gara senza un capitolato dettagliato, con pochi paletti (“italianità”, “difesa occupazione”), per individuare l’offerta maggiormente in linea con le idee (peraltro poco chiarite) dell’appaltante. Tutti i pretendenti iniziali (una dozzina) se ne sono scappati. In estate, Alitalia rischiava di diventare una zitella vergine e priva di contante.
E’ stato chiamato Maurizio Prato per tentare trattative dirette con un numero limitato di potenziali acquirenti – metodo che poco si addice a trasparenza ed obiettività. Della mezza dozzina di soggetti che hanno espresso interesse, ne sono rimasti tre (come nella canzone di Domenico Modugno nell’operetta “Rinaldo in campo”): Air France-Klm, Airone-IntesaSampaolo, e “la cordata Baldassarre” (riammessa in gioco dal CdA del 6 dicembre, ma che pochi esperti del settore considerano un concorrente serio rispetto agli due). Da un’intervista (forse irritale) di Prato paiono chiare quali siano le sue preferenze. Ma l’ultima parola spetta a Prodi in persona.
Non è stato chiarito il punto chiave di politica industriale: se l’aeronautica commerciale possa“campioni nazionali” o debba puntare su “campioni europei” e tendenzialmente “campioni internazionali”. I “campioni nazionali” hanno un olezzo di protezionismo. Quelli “europei” possono essere il veicolo verso le partnership globali che si profilano in un comparto sempre più competitivo e dove gli utili di impresa sono caratterizzati da forte volatilità (e la stessa regolamentazione è diventata internazionale). Dai comunicati del CdA (e dalla dichiarazioni di Prodi) sembra che il solo scopo sia fare cassa: obiettivo troppo limitato per la maggiore operazione di politica industriale della legislatura.
Inoltre, nel piano Air France-Kml (unica cordata con dati precisi sulla redditività per tratta), il traffico a lungo raggio verrebbe convogliato su Parigi il aeroporto Charles De Gaulles diventerebbero il vero hub, a spese soprattutto di Malpensa, ma anche di Fiumicino. Airone manterrebbe due “hub”, Malpensa e Fiumicino, ma ci sono dubbi (da parte del vettore leader di Star Alliance di cui fa parte) sulla capacità industriale di sostenere linee intercontinentali. I due piani comportano ridimensionamento degli organici. Gli interrogativi sono molti. Possono essere risolti soltanto da una politica industriale ben definita. Il tormentone Alitalia, però, prova che in Italia da mesi e mesi, la politica industroale marca visita.

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