L’inaugurazione della Scala la sera di Sant’Ambrogio rischia di saltare, se lo sciopero delle maestranze, iniziato a Palermo e diffusosi in tutte le maggiori fondazioni lirico-sinfoniche, non trova soluzione. Sono saltate “prime” a Genova, Firenze e Roma nelle ultime due settimane. Lo sciopero a Roma è costato alla Fondazione lirica almeno 100.000 euro di perdita netta. Cosa è in ballo e quali le soluzioni?
Anche se la legge finanziaria ha aumentato il Fondo unico per lo spettacolo (Fus) da 444,301 milioni di euro nel 2007 al 536,814 milioni di euro nel 2008 - complessivamente restiamo al sotto dell’apporto pubblico in altri Paesi europei – in Austria i quattro teatri d’opera di Vienna ed il Festival di Salisburgo ricevono un contributo “federale” pari a tre volte il contributo del Fus alle 14 fondazioni lirico sinfoniche italiane. Il nodo sono i contratti integrativi per orchestre e maestranze. Da un lato, la normativa prevede che gli integrativi vengano negoziati dopo la definizione del contratto nazionale. Da un altro, se le richieste dei sindacati (in particolare di quelli scaligeri) venissero accolte, assorbirebbero l’incremento del Fus (non lasciando nulla all’ampliamento delle attività artistiche). Già parte dello stanziamento del Fus è stato dirottato ad operazioni di salvataggio di due fondazioni che, in base alle norme in vigore, dovrebbero stare per essere messe in liquidazione. All’insegna del “quanto più ti indebiti tanto più paga Pantalone”, la sinistra ha dato un pessimo esempio a chi fatica per far quadrare i conti come la fondazione lirica romana e l’Accademia di Santa Cecilia che, unitamente a pochi altri, presentano consuntivi in attivo, aumentando rappresentazioni e presenze di pubblico pagante, anche giovane. Da un altro, pare ormai essenziale rivedere i meccanismi finanziari di base per la lirica.
Mentre i nostrani scioperano, pochi si sono accorti che dal 5 al 13 dicembre sbarca al Teatro Massimo Bellini di Catania (il teatro con la migliore acustica nel nostro Paese), la moscovita Helikon Opera con “La fidanzata dello Zar” di Nicolaj Rimsky-Korsakov , capolavoro che si è visto sulle scene italiane (all’Opera di Roma) per l’ultima volta 20 anni fa. E’ un teatro puramente privato che 18 anni fa ha lanciato una sfida al polveroso Bolshoj.
Lo ha creato Dmitry Bertman che allora aveva 23 anni, usciva da una scuola di teatro (quella fondata da Stanislasvy) ed era alla ricerca di un’occupazione nella Russia nel caos dell’inizio della transizione dal comunismo a qualcosa-d-altro ancora non ben definito. Cominciò in un palazzo un po’ diroccato dell’aristocrazia moscovita dei tempi zaristi: la sala non conteneva più di 200 spettatori. Lo affiancò Kirill Tikhonov, già allora anziano (classe 1921, morto nel 1998) che ne aveva viste di cotte e di crude. Misero insieme un cast giovane (ora è una compagnia di 350 persone, orchestra, coro, macchinisti, scenografi) che con interpretazioni innovative trovano il supporto non solo della biglietteria ma anche di sponsors (Аmerican Express, Ost West Allianz Insurance Co., Ingosstrakh, Renaissance Capital, TOTAL, West LB Bank, Egon Zehnder International, Algorithm Group, United Way Moscow, Sсhwarzkopf, L'Oreal, Hoffman la Roche, Ford, Hewlett Packard, Boehringer Ingelheim, National Reserve Bank, Russian Focus, Volvo Car International, AZR – Zvezda Rusi, Vneshtorgbank, Vash Dosug, Hachette Filipacchi Presse, Eastwood Travel France, Baltchug Kempinski Moscow, Sodis, Motorola, KRKA, ABN AMRO Bank, Panasonic). Gli spettacoli piacevano; quindi, venivano esportati in tournée in Spagna, Francia, Germania, Irlanda, Canada, Austria, Estonia, Danimarca, Svezia ed anche Nuova Zelanda. In Italia se ne è avuto un assaggio al Ravenna Festival alcuni anni fa e Reggio Emilia e Messina l’anno scorso. Adesso Catania.
Soprattutto l’allestimento dell’italianissimo “Nabucco” ha trionfato a Parigi, Digione a San Pietroburgo. A questo punto, il Comune di Mosca si è mosso: non solo con sovvenzioni per le stagioni (il repertorio comprende 70 titoli) ma per assicurare un teatro più adeguato. Mantenendo la facciata ed altre caratteristiche immutate il Palazzo Shakhovskoy-Glebov-Streshnevs, sede ormai storica dell’Helikon, è in fase di ristrutturazione: avrà due sale moderne – di 600 e 200 posti – di cui una dedicata alla sperimentazione.
Dalla Russia con amore, ci viene un messaggio : premiare chi fa bene, non chi razzola male (lasciano l’ente nei guai finanziari) anche se sfodera la bandiera rossa per celare i suoi nobili lignaggi borbonici ed il Palazzo avito in un centro storico di pregio.
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