Giocando su tre fronti differenti (e confondendo il “fuoco amico”, ossia i cosiddetti alleati), Prodi ha centrato tre goals: finanziaria, welfare e Alitalia. Soffermiamoci su questo ultimo aspetto in quanto Il Tempo ha scoperchiato prima di tutti cosa si celava sotto la presunta asta. La vicenda non si è ancora conclusa: sta iniziando la fase finale (il negoziato con il contendente prescelto dal CdA Alitalia) che si presenta opaca come le altre. E’ prematuro dare un giudizio tecnico-economico perché i dati essenziali non sono stati resi pubblici. Ad una prima lettura, il programma AirFrance-Klm rispetta tre criteri chiave: cassa immediata (di cui Alitalia ha urgente bisogno), collocazione in posizione chiave nella maggiore partnership europea del settore (mantenendo il marchio), conformità alle regole italiane ed europee in materia di concorrenza.
Numerosi interessi legittimi (specialmente del Nord) protestano in quanto Malpensa dovrà trovare una nuova funzione (e darsi un nuovo business plan). Anche i sindacati sono in fibrillazione: troppo a lungo hanno considerato Alitalia un ammortizzatore sociale non una compagnia area a servizio dei clienti. Ci sono molte domande (su rotte, occupazione, futuro della meteora di sussidiarie che ruota attorno alla capogruppo) che speriamo abbiamo risposte adeguate nelle prossime settimane. Tranne che non si giunga a rottura nel negoziato operativo con AirFrance-Klm, per Prodi sarà difficile disattendere la decisione del CdA di una s.p.a. quotata, guidata da persona da lui scelte e dei cui organi di governo e controllo fanno parte rappresentati dei dicasteri-chiave del Governo. Ove ciò avvenisse, si innescherebbe una vertenza giudiziaria ancora più grave di quelle che hanno recentemente coinvolto il Prof. Petroni ed il Gen. Speciale.
La decisione del CdA pone, però, Prodi ad un bivio. A fronte delle proteste dei sindacati (e non solo) si potrebbe cercare di chiuderla in fretta (pure per evitare il fallimento della compagnia) con qualche aggiustamento al margine e considerare terminata (sino a tempi migliori) la partita delle privatizzazioni. Oppure, come annunciato il 6 dicembre 2006, quella di Alitalia potrebbe essere la madre di altre privatizzazioni (nuove come Rai, Poste; da completare come Enel, Eni; da impostare come i servizi pubblici locali).
Chi crede nel mercato, non può che auspicare la seconda alternativa. E’ difficile che Prodi (ammesso che abbia in animo di seguirla) riesca a realizzarla. Da un lato, la bagarre all’interno della maggioranza (pure nell’ambito dello stesso Partito Democratico) rischia di diventare il detonare di una bomba tale da fare esplodere una coalizione già politicamente implosa (nonostante i goals segnati il 21 dicembre). Da un altro, se non scoppia, la maggioranza può unicamente sperare di “tirare a campare” (lo ripete quasi ogni giorno Prodi in persona), mentre le privatizzazioni richiedono leadership, impegno ed energia.
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