Non sono terminati gli strascichi del blocco dei Tir, e viene già minacciato uno stop, nel periodo natalizio, dei voli Alitalia (da parte di qualche sigla della galassia sindacale attorno ad un’aviolinea in rianimazione da anni). Tra i due fenomeni c’è un nesso più sottile dei particolarismi corporativi. La ragione di fondo è che l’Italia non ha una politica dei trasporti; quindi, i vari comparti del settore si muovono come schegge impazzite.
Nel lontano 1986, l’Italia ha approntato il piano generale dei trasporti allora considerato più avanzato al mondo; ne vennero tessute lodi al Congresso Scientifico dell’American Economic Association nel dicembre 1986; alla stesura aveva collaborato il Premio Nobel Leontieff e tutti i suoi allievi italiani, alcuni dei quali oggi in Parlamento. Il piano si sarebbe dovuto aggiornare ogni tre anni. In effetti, un aggiornamento vero e proprio è stato effettuato soltanto nel 2001-2002. Lo ha detto lo stesso Ministro Alessandro Bianchi in una conferenza all’Università Roma Tre l’8 novembre 2007, precisando che senza tale aggiornamento non sarebbe stata possibile la Legge Obiettivo e che un ulteriore aggiornamento (al 2020) sarebbe stato presentato da lì a pochi mesi. A quel che è dato di sapere siamo ancora ai prolegomeni. Speriamo di essere smentiti e che un piano di qualità internazionale appaia sul tavolo del prossimo Consiglio dei Ministri.
Nel contempo, mentre si sognano “le autostrade del mare”, è stato bloccato il potenziamento del traffico ferroviario (fermando o frenando il quadruplicamento di assi come Milano-Verona, Milano-Genova, Verona-Padova e l’alta velocità Torino-Lione). Le ferrovie, pur se malconce, sono l’unica alternativa ad un trasporto su gomma altamente inquinante e tramite micro-aziende (con mediamente meno di tre addetti ciascuna). Per quanto riguarda il vettore aereo, dopo avere messo in atto tutto l’accanimento terapeutico consentito dall’Ue, ci si è incartati in un processo di privatizzazione che all’estero desta ilarità ma da noi dovrebbe fare piangere. Si è promessa un’asta, ma si è invece lanciato (come rivelato da Il Tempo il 31 gennaio scorso) un beauty contest (sperando di avere così mano libera). Tutti i potenziali contendenti si sono poco a poco sfilati tanto che AZ pareva l’acronimo di Air Zitella. E’, quindi, iniziata, sostanzialmente, una trattativa privata, assistendo pure al rientro di chi al beauty contest se la era data. Con due concorrenti in lizza (ma ne sbucano ed escono altri quasi ogni giorno), Prodi invoca “vinca il più bravo!”. Mancando il contesto da cui ricavare parametri di valutazione e criteri di scelta oggettivi e trasparenti (per l’appunto un piano generale dei trasporti), Alitalia rischia di finire su un Tir di polemiche partitiche e particolaristiche. Sino a quando, sarà terminato quel po’ di ossigeno ancora in cassa.
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