giovedì 13 dicembre 2007

LA DIPLOMAZIA DEL DOLLARO, DELL’EURO E DELLO YUAN

In libro recente, Carlo Pelanda, studioso di geopolitica ed editorialista di vari giornali, propone una nuova “Grande Alleanza”: l’America, l’Ue , la Russia, l’India ed il Giappone dovrebbero fare fronte comune in una strategia di “contenimento” della Cina, la cui crescita travolgente minaccia, unitamente ad una politica di tasso di cambio diretta a massimizzare il proprio export, di sconvolgere l’economia internazionale. Secondo stime del Premio Nobel Robert Fogel il pil cinese nel 2040 sarebbe equivalente al pil mondiale del 2000- ossia un vero e proprio tsumani. La “Grande Alleanza” avrebbe come denominatore comune la democrazia come sistema politico dei Paesi che ne farebbero parte. L’idea è suggestiva. Tuttavia, da un lato, è difficile definire, sulla base di criteri europei ed americani prevalenti, “democratica” la Russia di Putin; da un altro, Paesi come India e Giappone hanno verosimilmente, proprio rispetto alla Cina, interessi (economici e politici) differenti da quelli dell’Ue e dell’America (in specie del Nord America).
Tuttavia, si può partire dalla provocazione di Pelanda per delineare, invece, una strategia del dollaro, dell’euro e dello yuan per rimettere in sesto l’economia internazionale analoga alla strategia del dollaro e della sterlina, esaminata, cinquanta anni fa, dell’allora giovanissimo Richard Gardner (Ambasciatore Usa in Italia negli Anni 80), in un bel libro in cui descriveva le misure di politica economica internazionale (concepite dagli Usa e della Gran Bretagna). Sulla base di tale strategia del dollaro e della sterlina è stato definito un assetto istituzionale che ha permesso una crescita senza precedenti all’economia mondiale per circa quattro decenni.
In altri termini, occorre che la Cina sia coinvolta e faccia la propria parte. Un primo passo è stato effettuato al recente G7 ed all’assemblea del Fondo monetario internazionale (Fmi) e della Banca mondiale (Bm). La delegazione cinese (unitamente a quelle di un certo numero di Paesi asiatici e medio-orientali, nonché a quella della Novegia –ossia un club caratterizzato da forti riserve valutarie) è stata invitata ad una cena offerta (subito dopo la riunione del G7) dal Tesoro Usa. C’è chi preconizza un nuovo “accordo del Plaza” (con riferimento a quello raggiunto il 22 settembre 1985 per i cambi dollaro-marco-yen); adesso si tratterebbe di un’intesa dollaro-euro-yuan che tenga conto della rapida espansione del mercato mondiale dei capitali. E’ forse un’utopia, ma potrebbe essere un primo passo per giungere ad una maggiore stabilità finanziaria internazionale.
Tale obiettivo richiede una vasta gamma di strumenti mirati ad assicurare trasparenza dei mercati, una più attenta gestione del rischio, un’intesa su come trattare la finanza strutturata nella contabilità aziendale, eventuali controlli e verifiche sulle società di rating (e sulla qualità del loro lavoro), una più efficace supervisione delle finanziarie che trattano prodotti innovativi. Questi aspetti tecnico-economici richiedono preliminarmente un accordo sul futuro del Fm (che dovrebbe dare ad esse corpo specifico e realizzazione). I lavori sulla riforma del Fmi sono, dal canto loro, estremamente complessi in quanto riguardano non soltanto i compiti istituzionali del Fondo e la sua “filosofia economica” ma la rappresentatività dei suoi organi di governo e di gestione (fortemente sbilanciati a favore dei Paesi del G7 mentre gran parte della finanza , e dell’economia, mondiale è ora delle mani di nuovi “entranti”, Cina in primo luogo ed inoltre India, Brasile, Opec).
L’Italia è una media potenza che può e deve giocare le carte del riassetto e rafforzamento delle istituzioni economiche internazionali nell’ambito dell’Ue. Ciò non vuole necessariamente dire essere in una posizione secondaria e subordinata. Se si hanno idee e proposte, si possono giocare carte vincenti. Non si è presi molto sul serio se, come si è verificato, questo autunno, alla vigilia del G7 e delle assemblee di Fmi e Bm, il Ministro dell’Economia e delle Finanze ed il Governatore della Banca d’Italia litigano in pubblico. E il Fmi dà sostanzialmente ragione a Bankitalia a proposito degli incerti e sfuggenti numeri della legge finanziaria.

Riferimenti
Gardner R. Sterling Dollar Diplomacy Oxford University Press, Londra 1956
Fogel R. W. Capitalism and Democracy in 2040: Forecasts and Speculations NBER Working Paper No. W13184
Obstfeld M., Taylor A. Global Capital Markets: Integration, Crisis and Growth Cambridge University Press, Londra 2004
Pelanda C. La Grande Alleanza: l’integrazione globale delle democrazie Franco Angeli, 2007

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