Quali gli effetti della crisi del subprime sui giovani – negli Usa ed in Europa? Il tema dell’impatto sull’atteggiamento della generazione che si avvicina alla Borsa è stato trattato estensivamente in occasione del crollo dei mercati il 19 ottobre 1987. Ci fu allora il timore che si sarebbe allontanata dal mercato azionario quella che veniva chiama la “Y generation”, allora ancora adolescente. Molti padri di famiglia cercarono di correre ai ripari: ad esempio, appena i miei due figli raggiunsero la maggiore età (diversi anni dopo il venerdì nero del 19 ottobre 1987) li dotai di un fondo con il quale cominciare insieme (la consultazione è sempre utile) ad abituarsi al mercato mobiliare. In effetti, la “Y generation” del 1987 è tornata alla Borsa (tanto negli Usa quanto più lentamente in Europa) grazie ai forti aumenti delle quotazioni (risultato di quelli degli utili aziendali) che hanno caratterizzato gli Anni 90 e l’inizio del 21simo secolo. La “Y generation” di allora è la “MTV generation” di oggi, quella cresciuta negli ultimi dieci anni in parallelo con lo sviluppo della televisione e della sempre maggiore scelta che si avrà quando anche in Italia il digitale terrestre sarà in piena azione.
La Kpmg ha condotto un sondaggio tra promotori finanziari e gestori alcuni mesi fa (prima quindi che di crisi del subprime si parlasse nei media) . Soltanto un quinto hanno sviluppato prodotti specifici per la “MTV generation”, specialmente nel settore della previdenza, campo in cui i giovani hanno disperatamente esigenza in quanto molti Paesi europei stanno trasformando i loro sistemi pubblici da “retributivi” (le spettanze sono computate sulle retribuzioni) e “contributivi” (le spettanze dipendono dai contributi) con una drastica riduzione degli assegni che in vecchiaia si riceveranno: il 30-40% dell’ultimo stipendio a 70 anni (l’età della pensione verso cui si viaggia in Europa) per un’aspettativa ulteriore di vita di 25-30 anni (se continuano i progressi in atto). Il 28% dei promotori e dei gestori hanno risposto che ci penseranno tra cinque anni. L’altro aspetto della medaglia è che gli strumenti “finanziari” di cui la “MTV generation” pare avere maggiore conoscenza sono il libretto degli assegni e le carte di credito – consumo, quindi, piuttosto che investimento.
Partendo da questi dati si possono fare alcune congetture, differenziando tra giovani americani ed europei. I primi sono, in linea di massima, più smaliziati in termini di mercato azionario; la crisi del subprime ha rappresentato per molte delle loro famiglie la perdita dell’abitazione, i Cbo (Collateral debt obligations- titoli derivati in cui i subprime vengono impacchettati) hanno il sapore dell’imbroglio e dello sciacallaggi; lo stesso intervento della Fed sul tasso di sconto viene letto come strumento di sciacallaggio; istituzioni come la Sec (nella propria funzione di monitoraggio sulle compagnie di rating) non escono molto bene dalle ultime vicende. Tuttavia, l’America giovane ha sempre creduto nella Borsa e, se verranno adottati i correttivi che appaiono necessari, la caduta di fiducia sarà breve.
Più serio il problema in Europa. Non solamente i giovani europei hanno meno dimestichezza con la finanza di quanto ne hanno i loro coetanei Usa a ragione di un sistema di formazione obsoleto, ma pochi media hanno presentato un quadro equilibrato degli avvenimenti. Da un lato, c’è chi ha parlato di autodistruzione del capitalismo. Da un altro, c’è chi ha nascosto i fin troppo evidenti errori. Sono scettico su quanto possa fare l’Università. Le leve sono a) la correttezza di informazione ed analisi (che si ha soltanto in aziende editoriali pure) e b) una vasta attività di formazione diretta ai giovani (e che in questo campo potrebbe e dovrebbe essere anche supportata da programmi regionali finanziati in partnership con la Commissione Europea”.
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