domenica 19 agosto 2007

EMMA BONINO ALLA BASE DELLE LIBERALIZZAZIONI

L’inizio non è stato dei migliori: il 21 giugno, solstizio di estate, la riunione del Gruppo dei Quattro (Stati Uniti, Unione Europea, India e Brasile) a Postdam pare avere messo una pietra tombale su quella Doha development agenda (Dda), il maxinegoziato multilaterale gli scambi che è il punto centrale dell’azione del Ministro per il Commercio Internazionale e le Politiche Europee, Emma Bonino; il 22 giugno, a Bruxelles, si è evitata per il rotto della cuffia una nuova profonda crisi del processo d’integrazione europea (ma la strada è ancora tutta in salita) ed a Roma la “banda dei quattro” (colleghi di governo appartenenti alla sinistra radicale) ha minacciato di mandare a casa l’Esecutivo e di bloccarne il pur modesto programma di liberalizzazione dell’economia italiana. Quanto tale programma sia piccolo, piccolo (e comporti pure dei passi indietro) lo descrive il “Quinto Rapporto sul Processo di Liberalizzazione della Società Italiana”, appena pubblicato dall’Associazione Società Libera.
Si prospetta, quindi, un ritorno del protezionismo e, in parallelo, una restrizione delle libertà , o quanto meno un arresto nel processo di apertura della società italiana. Il fido Paolo Reboani ha scovato un lavoro scientifico fresco di stampa che fornisce una forte base teorica a questa preoccupazione : il saggio di Kevin O’Rourke del Trinity College della Università di Dublino: “Democracy and Protectionism" (“Democrazia e Protezionismo”) apparso nella IIIS Discussion Pape Series n. 191. Il lavoro parte dalla teoria pura del commercio internazione ( ossia dal teorema Hecksher- Ohlin-Stolper-Samuelson) ; la applica ad un vasto numero di Paesi utilizzando indicatori quantitativi di apertura agli scambi e di democrazia (sistema politico, meccanismi elettorali, libertà di stampa, e via discorrendo) ; conclude che il processo di democratizzazione dovrebbe indurre a politica commerciali più liberali in Paesi in cui i lavoratori guadagneranno da mercati più aperti. Quindi, lo stesso Sarkozy è meno democratico di quel che pare. Per non parlare della nostrana “banda dei quattro”.
Reboani sfata un’altra ipotesi, spesso proposta dalla sinistra radicale e dai protezionisti di destra: quella secondo cui le riforme dei servizi (su cui insistono Ministri come Pierluigi Bersani e Linda Lanzillotta) non contribuirebbero alla competitività internazionale del settore manifatturiero. Un gruppo di ricerca dell’Ocse e della Banca Mondiale (CEPR Discussion Paper N. 5902) dimostra l’opposto quanto meno sulla base di un caso di studio relativo ad un Paese industrializzato in transizione dal piano al mercato – la Repubblica Ceca. L’analisi empirica riguarda il periodo 1998-2003 ed è condotta a livello di singole imprese in un campione molto ampio di aziende manifatturiere: c’è una forte correlazione positiva tra la liberalizzazione dei servizi ed il miglioramento della competitività , specialmente a valle, delle industrie . Ciò rafforza l’urgenza di andare avanti con i provvedimenti che hanno preso il nome da Bersani e Lanzillotta. In attesa che la Dda ed il processo d’integrazione europea vadano meglio.
Inoltre , un lavoro di Devashich Mitra (Syracuse University ) e Priya Ranjan smentisce un’altra tesi della “banda dei quattro”, quella secondo cui l’internazionalizzazione provoca, tramite la delocalizzazione, disoccupazione aggiuntive. Lo studio - “"Offshoring and Unemployment" è stato appena pubblicato in Germania come IZA Discussion Paper No. 2805. Il lavoro ha una parte teorica ed una empirica: la conclusione è che, contrariamente all’impressione generale, i salari aumentano ed i tassi di disoccupazione settoriale diminuiscono quando imprese trasferiscono all’estero parte dei loro rami d’azienda. Infine , un lavoro del principali centro studi d’oltre Reno (ZEW Discussion Paper N 07-032) passa in rassegna 54 studi micro-econometrici e conferma che le imprese esportatrici , aperte alla concorrenza internazionale, sono più produttive di quelle rivolte essenzialmente al mercato interno.
Di per sé, queste letture non sono meste. Lo diventano guardando al contesto. Sia interno sia internazionale.

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