venerdì 17 agosto 2007

I CAVALLI DI TROIA DEL SUBPRIME

Cassandra, tutto sommato, aveva ragione e sapeva valutare bene i rischi: non venne ascoltata e finì schiava incatenata al carro di Agamennone trionfatore. Chi la ha dileggiata, ora si morde le mani in quanto aprì le porte al cavallo di Troia. Per valutare il rischio di contagio della crisi del subprime Usa sui mercati europei, occorre tenere conto che si tratta di un fenomeno differente di quello del crollo delle Borse del 19 ottobre 1987. Allora, come messo acutamente in rilievo da Jian Yang e David Bessler dell’Università del Texas in un saggio che apparirà in settembre nell’ European Journal of Operation Research, la crisi venne scatenata dell’aumento vertiginoso dei titoli mobiliari (in vari mercati), nonostante gli utili medi d’impresa non fossero brillanti. Si trattò, quindi, di un riaggiustamento simultaneo che dal Nord America si estese a Europa e Asia; le banche centrali riuscirono a contrastarlo con un’iniezione di liquidità. Al momento, rapporto prezzi:utili delle azioni dello Standard & Poor 500 è 16,8:1 quindi in linea con la media (16,1:1) dalla fine della seconda mondiale. Ove di tenga conto non degli utili nell’ultimo anno ma della media degli ultimi dieci , l’indicatore sfiora 27:1 – è quindi vicino ad un’area di rischio. Ciò spiega le iniezioni di liquidità. Anche se non è chiaro che risolveranno il problema (come fecero nel 1987).
L’incremento in progressione geometrica della valorizzazione dell’immobiliare ha spinto, specialmente negli Usa e nel Regno Unito, a comportamenti spericolati da parte di istituti di credito. I rischi del contagio dipendono in primo luogo dal fatto che, nel mercato dei derivati, i mutui senza garanzie (quindi subprime) sono stati impacchettati con altri titoli e ceduti in combinazioni più o meno complesse (in gergo Cdo) a banche, assicurazioni, fondi pensione e gestori di risparmio del resto del mondo. Questo è il primo cavallo di Troia. E’ essenziale che la mappa richiesta alle autorità di regolazione e vigilanza venga fatta al più presto e nel modo più completo. Se quelle europee ed italiane non saranno all’altezza si dovrà ridisegnare il sistema di vigilanza.

Il secondo cavallo di Troia - sottolinea Geoffrey Wood dalla Cass Business School di Londra – consiste nel fatto che le banche europee tendono a prendere rischi maggiori di quelli degli istituti Usa in quanto non è ancora entrato nella loro mentalità il divieto ai salvataggi pubblici (sul tipo di quelli che hanno interessato il Crédit Lyonnais in Francia ed i banchi meridionali in Italia). La mancanza di un sistema regolatorio, e di vigilanza, europeo rende tale cavallo di Troia particolarmente insidioso. La nomina di consiglieri indipendenti nei CdA sarebbe dovuta essere la linea di difesa. Un’analisi comparata (22 Paesi, e 799 s.p.a) della City University di New York ha concluso che se il quadro legislativo, regolatorio (e di vigilanza) è debole, l’indipendenza è più nominale che effettiva.

Il terzo cavallo di Troia sono le regole contabili. L’International Financial Accounting Standards (Ifas) si applicano, formalmente dal 2005, ma secondo Iain Coke dell’Institute of Chartered Accountants di Londra, le norme mordono meno di quanto non sembrino; ci sono ancora differenza di interpretazioni di definizioni importanti. Ci si basa principalmente sul lavoro dello società di revisione, in particolare di quello dei quattro “grandi” del settore (Pricewaterhousecoopers, Deloittle Touche Tomatsu, Ernst & Young, Kpmg). In un’analisi in corso di pubblicazione nel periodico Contemporary Accounting Research, viene esaminata l’interazione tra qualità della revisione in un vasto campione di s.p.a in 42 Paesi. La conclusione è che la qualità della revisione aumenta (se affidata ad uno dei quattro “grandi”) solo nei Paesi a quadro legislativo-regolatorio “forte” .

Non basta, quindi, iniettare liquidità. Ci vogliono segnali concreti che si sta operando nelle direzioni specifiche indicate al fine di bloccare i cavalli di Troia prima che portino distruzione..

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