martedì 21 agosto 2007

MENO POLTRONE E FANTASIA PER ARGINARE I DANNI USA

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) ha annunciato che a ragione degli effetti in Italia della crisi dei mutui subprime (e relativi Cdo), il pil italiano crescerà, nel 2007; dell’1.8% , non del 2% come previsto nel Dpef di sei settimane fa. Ha avvertito che si tratta di una stima preliminare che verrà precisata nell’aggiornamento del Dpef a fine settembre. Utilizzando un modello semplificato, e facendo riferimento al “consensus” (i dati dei sintesi dei 20 maggiori previsori privati internazionali), arrivo a conclusioni meno ottimiste tanto per il 2007 (ormai agli sgoccioli) quanto per il 2008 (e per la relativa manovra di finanza pubblica): l’anno prossimo il tasso di crescita del pil si porrà verosimilmente al di sotto dell’1,5% - un terzo della decelerazione rispetto alle stime del Dpef del 28 giugno è da attribuirsi alle ricadute della crisi del subprime. Ciò implica una manovra di circa 15-20 miliardi di euro per restare negli obiettivi del piano di rientro concordato con l’Ue. Ossia una nuova stangata di tagli ed aumenti tributari. E’ bene esserne consapevoli sin da oggi.
E’ anche bene avere contezza dei rischi di previsione. Le stime riflettono un quadro sostanzialmente di crescita sostenuta dell’economia mondiale (al traino dell’Asia) ed un rallentamento moderato dell’economia Usa. Un lavoro ancora non pubblicato, e redatto in lessico molto tecnico, di due dei più alti dirigenti della Federal Reserve – Donald Kohn, il vice di Ben Bernanke, e Karen Dynan, capo del servizio studi – traccia un contesto meno incoraggiante: il subprime, incentivando la crescita dei prezzi delle case, ha portato l’indebitamento medio delle famiglie Usa del 60% ad oltre il 100% del reddito familiare lordo annuo. Oltre alle conseguenze personali (aste forzate di prime case) , ciò comporta una frenata a consumi ed ad investimenti da parte delle famiglie (con ricadute sul resto dell’economia).
Ciò che più disturba è che la crisi si sarebbe potuta evitare. Dal 2001, ogni anno l’equivalente Usa dell’Uppi (l’associazione dei piccoli proprietari immobiliari) lancia avvertimenti sui rischi del subprime . In Aprile Bernanke, parlando all’equivalente Usa della Confedilizia, ha avvertito che a ragione dell’avvicinarsi di una crisi del subprime a fine 2007 i prezzi medi delle case sarebbero stati più bassi di quelli di fine 2006; a fine maggio, in un discorso alla Borsa merci di Chicago, Bernanke ha ancora una volta lanciato avvertimenti. Alcuni operatori hanno recepito il messaggio: l’hedge fund Balestra Capital si è liberato all’inizio dell’anno di 10 milioni di Cdo e la sua valorizzazione di mercato è cresciuta rapidamente nelle ultime 3 settimane, mentre la Borsa in generale inciampava. Molti altri, la maggioranza, sono stati sordi agli avvertimenti: oggi sono sotto accusa non solo le agenzie di rating ma anche la stampa e la televisione economica (specialmente la Cnbc) che non solo hanno ignorato il tema ma messo in onda, sino alla primavera scorsa, lunghe interviste rassicuranti di Angelo Mozzilo, amministratore delegato di Countrywide (uno dei maggiori istituti specializzati in subprime – oggi sulla via dell’amministrazione controllata). Ignoranza; scarsa deontologia, connivenze? Risponderanno inchieste iniziate negli Usa in questi ultimi giorni.
Tornando ai problemi nostrani, nel pagare i costi della crisi, dobbiamo chiederci se non è giunto il momento di ripensare il nostro barocco sistema di regolazione a vigilanza del risparmio e di andare verso una unica authority (riducendo molte poltrone e molti accavallamenti) come hanno già fatto 15 dei 28 Paesi dello Spazio Economico Europeo.

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