lunedì 20 agosto 2007

L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA USA

Parafrasando il lattaio Tevey , protagonista dei racconti di Shlomo Aleichem (noti per la commedia musicale e film,, “Fiddler on the Roof”, “Sviolinando sul tetto”), non c’è nulla di male nel commettere errori se ci se ne accorge prima di fare troppi guai. Si sono sbagliati tutti coloro che sull’onda del ritocco tecnico al tasso di sconto Usa ed alla reazione immediata della Borsa, hanno esultato e invitato a seguire la lezione americana. A meno di 48 ore, il Sentinel Fund (100 miliardi di dollari) sta portando i libri in tribunale; a Washington dicono che la fila rischia di essere lunga ed includere in Europa banche – è già stato creato un fondo di protezione per quelle tedesche , in spregio al trattato di Maastricht-, compagnie di assicurazione e fondi pensione: l’ultima stima di Cdo contagiato (derivati i cui contenuti sono illustrati su Il Tempo del 16 agosto) arriva a 600 miliardi di dollari con effetti devastanti sull’economia reale, anche italiana. In settembre, le autorità di regolazione e vigilanza italiana consegneranno la mappa delle attività a rischio nelle loro mani.
Cosa non copiare dall’esperienza Usa (la terza in meno di nove anni)?
a) I mutui subprime non sono ipoteche senza garanzie patrimoniali che facilitano l’acquisto di una casa. Ipoteche che impongono garanzie patrimoniali (oltre al valore dell’immobile che si acquista) sono fuori legge dagli Anni 30: negli Anni 70 si richiedeva, come garanzia personale, che il reddito familiare annuo lordo fosse almeno pari al 25% del valore del rogito; oggi si chiede il 15%. I subprime sono mutui a creditori esigibili unicamente nel caso di aumenti vertiginosi del valore dell’immobile in acquisto. Gli istituti di credito li impacchettano prontamente in Cdo e li vendono a banche, fondi , assicurazioni lasciando a società di recupero il lavoro sporco di riprendere possesso dell’immobile e metterlo all’asta. In breve, vero sciacallaggio, riprovevole sono il profilo etico e foriero di disastro finanziario.
b) Il sistema di vigilanza . Tanto la Sec (la Consob locale) quanto il Comptroller of Currency (la direzione generale del Tesoro preposta a questi compiti) non hanno visto il temporale che stava per arrivare ed ancor peggio hanno facilitato l’esportazione della tempesta ai grulli del resto del mondo (tra cui i volenterosi esecutori di qualsiasi verbo pronunci lo Zio Sam). E’ pure mancata la vigilanza (del mercato, oltre che della Sec) su quelle società di rating che solo quando i buoi erano scappati hanno abbassato il classamento di alcuni istituti.
c) Un adeguamento del tasso di sconto (negli Usa il tasso direttore del mercato è l’interbancario) dirigista e pasticcione per favorire essenzialmente una categoria di operatori (gli arbitraggisti, da non confondere con gli arbitri delle partite di calcetto, come documentato su Il Tempo del 19 agosto), misura che può dare un fiato momentaneo alla Borsa ma non affronta i nodi a medio e lungo termine.Ci sono, comunque, lezioni importanti sotto il profilo sia concettuale sia operativo. La terza sbandata in nove anni (anticipata diversi mesi fa dal saggio di Mark Mitchell, Lasse Heje Pedersen e Todd Pulvino, due operatori finanziari ed un accademico, "Slow moving capital") mette in dubbio il paradigma della “efficient market hypothesis” che sviluppato separatamente da Paul Samuelson e Eugene Fama negli Anni 60 regge ancor oggi l’economia e la politica finanziaria ed è insegnato nelle università. In una finanza globale molto diversificata, le “frizioni” (o vischiosità) degli arbitraggi finanziari richiedono forte regolazione e forte vigilanza:il mercato è strumento molto potente ma anche – lo ripete Stefano Zamagli, che non è certo un filo-socialista – molto fragile. Se, invece, si segue acriticamente la strada Usa, si contribuisce agli obiettivi dello schieramento politico che sta facendo di tutto per fare diventare l’intera Italia un subprime

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