giovedì 25 agosto 2016

OLIMPIADI Ricette per non perdere im Avvenire 25 agosto



OLIMPIADI
Ricette per non perdere
L’analisi
Molti studi confermano che organizzare i Giochi può essere rischioso sotto il profilo economico Ma gli antidoti per evitare il crac ci sono
GIUSEPPE PENNISI
Il “New York Times” del primo agosto ha salutato l’inizio delle Olimpiadi di Rio de Janeiro con un lungo editoriale in cui si chiedeva perché città e Stati corteggiano così ardentemente le difficoltà organizzative, i costi e i rischi di sicurezza che comporta ospitare i Giochi.
Uno sguardo veloce agli ultimi decenni giustifica l’interrogativo. Ci sono voluti trent’anni perché Montreal saldasse gli impegni finanziari contratti per le Olimpiadi del 1976; in quel lasso di tempo lo stadio costruito per l’occasione ha preso il nomignolo di The Big Owe (il Grande Debito), che, peraltro, mantiene ancora nel gergo colloquiale degli abitanti della capitale del Quebec.
Gran parte delle infrastrutture per i Giochi di Atene (considerati, in un pregevole saggio di quattro economisti greci, come la goccia che ha fatto traboccare il vaso e innescato la crisi degli ultimi anni) sono rimaste inutilizzate sino a pochi mesi fa quando l’ormai decrepito villaggio olimpico, considerato dallo scrittore Dove Barbanel «un cumulo di rovine», è stato adibito ad alloggio temporaneo per circa 3.000 migranti (i quali protestano per le condizioni di degrado). È presto per un bilancio finanziario dei Giochi di Rio; tuttavia, il Presidente dello Stato ha indicato la possibilità di un “fallimento tecnico”: ciò implicherebbe che i lavoratori sarebbero pagati e alcuni servizi essenziali resterebbero in funzione, ma alle imprese coinvolte nei Giochi verrebbero offerti concordati (con uno sconto del 70%-80% rispetto a quanto pattuito inizialmente).
Forse è errato guardare alle Olimpiadi solamente con il metro dell’analisi costi benefici, ma ci sono Stati e Città che devono utilizzarlo in questo modo poiché hanno i conti in difficoltà e servizi pubblici inadeguati. Ci sono stati Giochi i cui benefici sono difficilmente quantificabili. Ad esempio, quelli di Roma nel 1960 furono uno segni del “miracolo economico” (che si afflosciò pochi anni dopo) e consentirono all’Italia di entrare in quello che allora veniva chiamato il consesso delle grandi potenze. Le Olimpiadi di Soci del 2014 (che costarono alla Federazione Russa 51 miliardi di dollari) e quelle di Pechino del 2008 (di cui non è stato mai rivelato il costo fi- nanziario) ebbero una funzione analoga: un diploma di maturità o di laurea di valore internazionale (anche se i Giochi invernali di Soci mostrarono molte ombre e non fecero necessariamente brillante l’immagine di Putin all’estero). C’è una vasta letteratura, di cui alcuni testi sono stati ricordati su “Avvenire” del 9 agosto, per indurre a ritenere che sotto il profilo economico e finanziario, ospitare i Giochi sia una perdita netta per la città e lo Stato che decidono di farlo. Basta scorrere il Social Science Research Network (la più vasta biblioteca telematica di economia e finanza) per leggere circa 400 saggi su questo argomento. La conclusione generale è che, in termini economico-finanziari, la spesa non vale l’impresa e che i comitati che promuovano questa o quella città operino tramite
fund raising senza alcun sussidio pubblico. Il fund raising, però, si scontra con un aspetto poco noto e non certo incoraggiante: le perdite subite da coloro che ottenendo commesse e contratti per i Giochi (costruzioni di impianti, concessioni per esercizi commerciali e simili) finiscono per uscirne spellati. Uno studio recente (pubblicato il 26 giugno scorso) di due economisti dell’università di Berkeley in California (Patricia Dechow e Alastair Lawrence) e di uno dell’Università Tsinghua di Pechino (Mei Lung), esaminano l’andamento delle quotazioni azionarie delle imprese “olimpiche” (costruzioni, aziende di articoli sportivi, imprese di servizi collegati ai giochi) nei sette anni dall’annuncio di dove si terranno le Olimpiadi e la conclusione dei Giochi. Studiano in particolare i “mercati” per le Olimpiadi in Cina nel 2008 e a Londra nel 2012. In ambedue i casi i titoli azionari hanno avuto un’impennata all’annuncio: una olympic euphoria di breve durata, seguita prima da normalizzazione e poi dalla caduta dei corsi. Un’analisi analoga, condotta da Christian David Dick del Centro di ricerca economica europea Zew e da Qingwei Wang della Università di Cardiff analizza 15 Olimpiadi e giungono a conclusioni simili: un balzo “anormale”, mediamente di due punti percentuali, nelle due settimane dopo l’annuncio seguito da un abbassamento.
La determinante principale, afferma l’Oxford Olympic Study 2016 (nell’università del Regno Unito esiste un osservatorio permanente sull’economia e la finanza ddi Giochi) è che mediamente nelle Olimpiadi degli ultimi lustri i costi effettivi sono stati il 156% di quelli preventivati, mandando a gambe all’arie tutte la analisi di fattibilità fatte nella fase di aggiudicazione dei Giochi (uno dei risultati è, come si è accennato, che le imprese coinvolte hanno spesso dovuto patteggiare sconti). Lo studio fornisce dati dettagliati per le varie Olimpiadi. Propone severi sistemi di monitoraggio per contenere e monitorare i costi, nonché “azioni di responsabilità” nei confronti di manager che, direttamente o indirettamente, consentono il superamento dei preventivi.
C’è un aspetto economico positivo, che interessa principalmente Paesi con bilancia commerciale strutturalmente in passivo (quella italiana è in buon e solido attivo). Lo hanno sottolineato Andrea Rose di Berkeley e Mark Spiegel della Federal Reserve Bank di San Francisco nel 2009 nel saggio The Olympic Effect: utilizzando una vasta gamma di modelli di politica commerciale e un ampio campione di Olimpiadi, concludono che i giochi hanno un impatto positivo «statisticamente robusto» sull’export nazionale, da attribuirsi però non tanto all’evento quando «al segnale di apertura al commercio internazionale che il Paese invia quando si candidata». È stato uno dei benefici delle Olimpiadi di Roma del 1960.
In breve, la letteratura economica ci dice che le Olimpiadi comportano perdite finanziarie per gli Stati e le Città che le ospitano, pur se avvantaggiano l’export. Se si decide di ospitarle, occorre esserne consapevoli, finanziarle unicamente con risorse di sponsor e mettere in atto un rigoroso sistema di monitoraggio e valutazione in itinere.
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SILENZIO. Lo stadio degli sport acquatici di Rio de Janeiro, una delle strutture costruite per le Olimpiadi

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