lunedì 29 agosto 2016

La “Norma” alla Fenice è l’Africa di Kara Walker in Avvenire 30 agosto



Lirica
La “Norma” alla Fenice è l’Africa di Kara Walker
GIUSEPPE PENNISI
VENEZIA
Negli ultimi anni è diventata quasi una prassi non collocare Norma di Vincenzo Bellini nella Gallia del 50 avanti Cristo, durante l’occupazione da parte dei romani. Si sono viste edizioni ambientate nei luoghi e nei tempi più differenti: dal Tibet annesso dai cinesi, alla Francia durante la Resistenza. Non fa eccezione la produzione firmata da Kara Walker (nota artista afroamericana del visivo – dalle silhouettes alle sculture, a installazioni monumentali). Le opere di Kara Walker sono note per l’attenzione alla violenza contro le donne, al razzismo, alle discriminazioni. In questa Norma (in scena al teatro La Fenice di Venezia sino al 18 settembre), Bellini (e il librettista Felice Romani) gli offrono tutti gli ingredienti. L’azione è posta nell’Africa centrale in epoca coloniale, specificamente nel Congo sotto il dominio francese il cui governatore era l’esploratore italiano Pietro Savorgnan di Brazzà; secondo la recente storiografia africana, non sarebbe stato un mitico portatore di civiltà, ma un violentatore di donne congolesi (e forse per questo morì prematuramente, forse per omicidio).
Non è la prima volta che Norma viene ambientata in Africa a sud del Sahara; ne ricordiamo una produzione, in un festival Usa nel 1976 in cui la protagonista era il mezzo soprano Shirley Verrett (con la pelle d’ebano) e il ruolo di Adalgisa era affidato a un soprano. Tuttavia, le scene e i costumi di Kara Walker, ancorché astratti e stilizzati, fanno percepire il senso della violenza contro le donne.
Purtroppo, Kara Walker non è né una drammaturga né una regista. Si è fatta aiutare da Charles Fabius, assistente “storico” di Bob Wilson. Quindi, un’azione scenica in parte ispirata alle simmetrie di Wilson ma soprattutto in cui gli interpreti vanno ciascuno per conto suo, un po’ come negli spettacoli lirici degli Anni Cinquanta. Sarebbe auspicabile che in riprese future si rimettesse mano a questo aspetto. Ciò valorizzerebbe anche il lavoro visivo della Walker.
Di grande livello la parte musicale, soprattutto l’interpretazione delle due protagoniste e la concertazione. Marella Devia, a 68 anni, affronta Norma solo dal 2013. Rispetto alla sua interpretazione al San Carlo di Napoli alcuni mesi fa, ha ancora approfondito l’emissione sfoggiando un bellissimo timbro, una splendida linea vocale, un superbo legato e un esemplare padronanza del fiato negli acuti e nella coloratura. Le più piccole dimensioni de La Fenice (rispetto al San Carlo) consentono di apprezzare meglio questo straordinario soprano. Accanto a lei, la giovane Roxana Contantinescu è una mirabile Adalgisa piena di sfumature. Davvero commovente il loro duetto “Mira o Norma”. A fronte di queste due protagoniste, gli altri quasi scompaiono. Lo stesso Pollione/Savorgnan di Brazzà impersonato da Roberto Aronica passa dallo stentoreo al melodico con meno grazie e destrezza che ci si aspetterebbe. Simon Lim (Oroveso), Anna Bordigon (Clotilde) e Antonello Ceron (Flavio) diventano poco più che comparse.
Daniele Callegari non è uno di quei maestri concertatori che considerano, in Norma, l’orchestra essenzialmente un supporto alle voci. Lo si avverte sin dalla ouverture e lo conferma il modo in cui tratta il contrappunto. Quindi, in buca una concertazione piena di tinte, mentre sul palcoscenico, sei cantanti in cerca di una regia.
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