Lirica
La “Norma” alla
Fenice è l’Africa di Kara Walker
GIUSEPPE
PENNISI
VENEZIA
Negli ultimi
anni è diventata quasi una prassi non collocare Norma di Vincenzo
Bellini nella Gallia del 50 avanti Cristo, durante l’occupazione da parte dei
romani. Si sono viste edizioni ambientate nei luoghi e nei tempi più
differenti: dal Tibet annesso dai cinesi, alla Francia durante la Resistenza.
Non fa eccezione la produzione firmata da Kara Walker (nota artista
afroamericana del visivo – dalle silhouettes alle sculture, a installazioni
monumentali). Le opere di Kara Walker sono note per l’attenzione alla violenza
contro le donne, al razzismo, alle discriminazioni. In questa Norma (in
scena al teatro La Fenice di Venezia sino al 18 settembre), Bellini (e il
librettista Felice Romani) gli offrono tutti gli ingredienti. L’azione è posta
nell’Africa centrale in epoca coloniale, specificamente nel Congo sotto il
dominio francese il cui governatore era l’esploratore italiano Pietro Savorgnan
di Brazzà; secondo la recente storiografia africana, non sarebbe stato un
mitico portatore di civiltà, ma un violentatore di donne congolesi (e forse per
questo morì prematuramente, forse per omicidio).
Non è la prima
volta che Norma viene ambientata in Africa a sud del Sahara; ne
ricordiamo una produzione, in un festival Usa nel 1976 in cui la protagonista
era il mezzo soprano Shirley Verrett (con la pelle d’ebano) e il ruolo di
Adalgisa era affidato a un soprano. Tuttavia, le scene e i costumi di Kara
Walker, ancorché astratti e stilizzati, fanno percepire il senso della violenza
contro le donne.
Purtroppo, Kara
Walker non è né una drammaturga né una regista. Si è fatta aiutare da Charles
Fabius, assistente “storico” di Bob Wilson. Quindi, un’azione scenica in parte
ispirata alle simmetrie di Wilson ma soprattutto in cui gli interpreti vanno
ciascuno per conto suo, un po’ come negli spettacoli lirici degli Anni
Cinquanta. Sarebbe auspicabile che in riprese future si rimettesse mano a
questo aspetto. Ciò valorizzerebbe anche il lavoro visivo della Walker.
Di grande
livello la parte musicale, soprattutto l’interpretazione delle due protagoniste
e la concertazione. Marella Devia, a 68 anni, affronta Norma solo dal 2013.
Rispetto alla sua interpretazione al San Carlo di Napoli alcuni mesi fa, ha
ancora approfondito l’emissione sfoggiando un bellissimo timbro, una splendida
linea vocale, un superbo legato e un esemplare padronanza del fiato negli acuti
e nella coloratura. Le più piccole dimensioni de La Fenice (rispetto al San
Carlo) consentono di apprezzare meglio questo straordinario soprano. Accanto a
lei, la giovane Roxana Contantinescu è una mirabile Adalgisa piena di
sfumature. Davvero commovente il loro duetto “Mira o Norma”. A fronte di queste
due protagoniste, gli altri quasi scompaiono. Lo stesso Pollione/Savorgnan di
Brazzà impersonato da Roberto Aronica passa dallo stentoreo al melodico con
meno grazie e destrezza che ci si aspetterebbe. Simon Lim (Oroveso), Anna
Bordigon (Clotilde) e Antonello Ceron (Flavio) diventano poco più che comparse.
Daniele
Callegari non è uno di quei maestri concertatori che considerano, in Norma,
l’orchestra essenzialmente un supporto alle voci. Lo si avverte sin dalla
ouverture e lo conferma il modo in cui tratta il contrappunto. Quindi, in buca
una concertazione piena di tinte, mentre sul palcoscenico, sei cantanti in
cerca di una regia.
© RIPRODUZIONE
RISERVATA
Al teatro di
Venezia fino al 18 settembre l’opera di Vincenzo Bellini viene ambientata nel
Congo coloniale Di grande livello la parte musicale Ma lascia a desiderare
quella registica
VENEZIA. L’allestimento
della “Norma” di Bellini
Copyright © Avvenire
Powered by TECNAVIA
Nessun commento:
Posta un commento