OPERA/ Con Ciro in Babilonia Rossini "va sul set" del film Intolerance
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Come di consueto, il Rossini Opera Festival (Rof) presenta, oltre a numerosi
concerti, spettacoli per giovani cantanti e per bambini, nonché conferenze, tra
opere in quattro cicli. Quest'anno la terza opera, dopo La Donna del
Lago e Il Turco in Italia, è
Ciro in Babilonia, nell'edizione critica che
debuttò al Rof nel 2012. Il lavoro ebbe scarso successo alla prima nel 1812,
quando il ventenne Gioacchino dovette frettolosamente mettere in musica un
libretto biblico, improbabile nella trama e nei versi. Persosi l'originale,
l'edizione contemporanea è il frutto di una complessa operazione musicologica
della Fondazione Rossini.
Ciro in Babilonia nacque come un oratorio
biblico di quelli che, nell'Europa della Restaurazione, i teatri potevano mettere
in scena durante la Quaresima. Nonostante l'esito quanto meno incerto della
prima a Ferrara, circolò in Italia e anche all'estero sino al 1830 o giù di lì.
In edizioni, spesso spurie, per adattarlo a "opera seria". Ciro
in Babilonia non è fra le maggiori partiture del pesarese:
Rossini era un ventenne snello e donnaiolo, con la testa oltre che rivolta alle
gonnelle, diretta alle deliziose farse composte in quel periodo. In tempi
recenti, l'opera è stata ripresa nella seconda metà degli anni Ottanta a Novara
e nel 2004 al festival rossiniano in Germania nella Foresta Nera.
È la seconda volta che ne viene presentata
un'edizione critica con un cast all'altezza dell'impervia vocalità delle
principali arie (due per il contralto, una per il soprano e una per il tenore).
L'opera non è priva di momenti efficaci: il quartetto con cui termina il primo
atto, la scena del banchetto (che sembra anticipare Maometto II in quanto è un lungo "numero" in più parti), ma nel
complesso si tratta di prodotto acerbo e ineguale.
Nel 2012 il Rof ha reso lo spettacolo interessante
grazie alla spiritosa idea del regista David Livermore, dello scenografo Nicola
Boveys e del costumista Gianluca Falaschi di presentare l'azione come fosse
quella di un film muto di soggetto biblico dell'epoca in cui a Cinecittà e a
Hollywood anche l'inverosimile pareva avesse un tocco di realtà. Come in un
film d'inizio Novecento, il truce re di Babilonia Baldassarre (tenore lirico di
registro alto) ha imprigionato la moglie (soprano) e il figlio di Ciro
(contralto). Vuole far sua la donna e uccidere il bimbo, ma al termine di
intrighi di ogni sorta, tradimenti e battaglie, i buoni trionfano e i cattivi
sono puniti.
La regia riprende spezzoni interi di Intolerance di Griffith e l'ultima scena è chiaramente tratta dell'episodio del
sacrificio umano in Cabiria. Ottime le voci
(specialmente Eva Poddles, Pretty Yende e Antonino Siragusa) in arie e duetti
davvero impervi. Baldanzosa e di livello l'orchestra del Teatro Comunale di
Bologna, diretta da Jader Bignamini.
La vera scoperta è Pretty Yende, un giovane soprano
sudafricano di etnia Zulu che ha studiato all'Accademia della Scala e ha già
cantato in palcoscenici di grande livello, come il Metropolitan, la Scala, il
Covent Garden, la Deutsche Oper Berlin. È soprano di coloratura
"drammatico", quindi appartiene a una specie rara; è importante che i
suoi agenti non la spingano verso ruoli a lei non adatti, mettendo a rischio la
sua splendida emissione e la sua indubbia qualità drammatica. Di gran livello,
come sempre, Antonino Siragusa. È apparsa invece affaticata (la sera della
prima, 10 agosto), la non giovanissima Ewa Podles.
La produzione è in collaborazione con il Caramoor
International Music Festival, nei pressi di New York, dove è stata presentata nella
primavera 2012. Dopo la proposta in due importanti festival internazionali si
vedrà se, a due secoli dal debutto a Ferrara, Ciro in Babilonia non ha iniziato a viaggiare nelle fondazioni liriche. Per
accattivante che sia l'allestimento, ho qualche dubbio di rivedere l'opera
nelle prossime stagioni. Una vera operazione da festival.
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