La Bce non può essere la sola panacea dei mali
europei
AddThis
Sharing Buttons
Share to
WhatsAppShare to TwitterShare to FacebookShare to Google+Share to LinkedInShare
to E-mail
Il commento dell'economista Giuseppe Pennisi
Per Ferragosto
anche Francoforte, almeno quella più direttamente interessata alla politica
monetaria europea, va in vacanza. Non saranno, però, ferie completamente
serene. La Banca centrale europea (Bce) è di fronte ad un dilemma che dovrà
cercare di cominciare a risolvere alla prima sessione del Consiglio, in
calendario per l’otto settembre.
In altra sede,
ho analizzato come sia urgente fare un approfondito check up al Quantitive
Easing (Q.E.). Da un lato, i risultati in termini di crescita
dell’economia reale, e di ritorno a tassi di inflazione compatibili con tale
crescita, sembrano essere molto modesti. Inoltre gli acquisti sul mercato
secondario di obbligazioni pubbliche sono costosi (per chi li fa). Da un altro
ancora, la fonte più pregiata di obbligazioni sul secondario, o ritenuta tale,
(gli acquisti di titoli di tasto tedeschi) si sta essiccando.
Queste
considerazioni portano ad un altro interrogativo. Per anni, la Bce è stata
criticata in quanto pareva le mancasse una delle caratteristiche essenziali a
quelle di una vera e propria banca centrale: ossia di essere il prestatore di
ultima istanza a cui rivolgersi se l’economia va male per mancanza di
liquidità. In effetti, la Bce è stata sensibile a queste critiche e vi ha
risposto creando il LITRO (long term refinancing operations), diretto
principalmente al rifinanziamento di operazioni a lungo termine, come quelle
nei settori infrastrutturali. Gli esiti non sono stati eccitanti anche perché
limatati a una platea molto definita di operazioni.
Inoltre –
sottolinea uno studio di Viral Acharya (New York University), Diane Pierrey
(Université de Lausanne) e Staffan Steffen (University of Mannhein) diramato
come ZEW Center for Euporean Economic Policy Discussion Paper No. 16-29) –
perché al contempo le banche dei Paesi della periferia dell’unione monetaria
erano diventate troppo esposte a crediti ad alto rischio per poter avere
accesso a questa linea di rifinanziamento. A quel punto, una vera virata di
bordo della Bce: l’annuncio delle Outright Monetary Transactions (OMTs) dirette
a migliorare permanentemente la solvibilità delle banche europee e, quindi,
rivitalizzare l’economia.
Il Q.E. è
il frutto principale di questo approccio. Ciò ha però spostato l’asse: la Bce
era diventata prestatore di ultima istanza, almeno per il rifinanziamento delle
infrastrutture (di cui l’Unione Europea ha disperatamente urgenza). Ed ha fatto
una virata per essere anche acquirente di ultima istanza per contribuire a
risolvere la crisi dell’economia reale del continente. I risultati non sono
stati entusiasmanti. Le banche della periferia – conclude lo studio ZEW
– sono rimaste deboli e dipendono sempre di più da aiuti pubblici,
effettivi o sperati.
La conclusione
che sembra emergere è che le misure monetarie hanno esaurito le loro frecce, o
quanto meno non si possono nutrire grandi speranze se non vengono messe in atto
profonde riforme del funzionamento dei mercati di beni, di servizi e del
lavoro. Ciò, però, è al di fuori del mandato Bce.
Nessun commento:
Posta un commento