OPERA/
Al Rof 2016 un Turco più felliniano che rossiniano
Pubblicazione:
sabato 13 agosto 2016
Una scena dello
spettacolo
Approfondisci
NEWS Musica
Stanco
della moglie Zaida, il bel Turco Selim sbarca a Napoli (poiché crede che le
italiane siano belle e disponibili). Vi incontra Fiorilla, coniugata con il
vecchio Geronio, ma corteggiata del fatuo Narciso (trasformato in un
seminarista nella versione al Rossini Opera Festival 2016), mentre Zaida (travestita
da zingara), con l’aiuto del poeta Prosdocimo, vuole riconquistarlo. Dopo una
catena di equivoci ciascuno finisce sotto le lenzuola giuste.
Nel
Settecento, ciò avrebbe innescato una farsa, mentre nel 1814, il ventiduenne
Giacchino Rossini e il venticinquenne Felice Romani, ambedue già pieni di
esperienza non solo di teatro in musica ma anche con il gentil sesso,
costruiscono una commedia cinica e amara (ma non priva di momenti divertenti)
che, alla “prima”, lasciò perplesso il pubblico della Scala. Venne
rappresentata come opera buffa per qualche anno e ignorata sino a quando, nel
1950, venne riscoperta da Gianandrea Gavazzeni con Maria Callas nelle piccole
stagioni per esordienti al Teatro Eliseo di Roma.
Ora
“Il Turco” è opera che viene eseguita con una certa frequenza in Italia ed è in
repertorio nei maggiori teatri tedeschi e americani. La difficoltà principale
consiste nel mantenere il fondo amaro nonostante l’intreccio da pochade. Alcuni
anni fa, a Roma Stefano Viezoli (un veterano de “Il Turco”) ci riuscì bene in
allestimento in cui la vicenda è spostata agli anni ‘30, tra i vitelloni della
Napoli di Piazza Amedeo: gli aspetti comici dominano la prima parte mentre il
cinismo è a tutto tondo nella seconda.
In
questa nuova edizione al Rossini Opera Festival (Rof) Il turco in
Italia, Davide Livermore (regista e scenografo) e i suoi collaboratori
(Gianluca Falaschi per i costumi, D-work per i video, Nicolas Bovey per le
luci) situa l’azione all’inizio degli anni Sessanta, a Cinecittà sul set di
Otto e ½ con richiami anche a La dolce vita e a Lo sceicco
bianco. L’opera da “commedia per adulti” sulla fedeltà coniugale diventa
una colorita farsa piena di gag. Un’interpretazione che è piaciuta al pubblico,
ma ha sollevato qualche perplessità tra alcuni critici in sala. L’idea è
originale e divertente, ma lontana dalla concezione di Rossini e Romani, e alla
lunga i continui riferimenti felliniani stancano un po’. Comunque, grazie alla
velocissima azione (tra aerobica e slanci atletici), le tre ore dello
spettacolo passano rapidamente e con allegria.
La Filarmonica Gioacchino Rossini è affidata a una giovane direttrice (una
rarità in Italia), Speranza Scappucci, che ha già fatto esperienze anche
all’estero; ha concertato in modo spigliato, in armonia con una regia piena di
ritmo. Una direzione puntuale pur se gli ottoni qualche volta sbavano, gli
archi non scivolano mai nel languido (come avviene in altre esecuzioni del
“Turco”) e il fortepiano è protagonista dei recitativi (così importanti in
quest’opera). L’orchestra è buona, ma ha ancora strada da fare prima di
affrontare partiture complesse.Di alto livello, tutte le voci (Erwin Schrott, Nicola Alaimo, Rene Barbera, Pietro Spagnoli). Ottima Olga Peretyatko nel ruolo della protagonista (Fiorilla); ha una splendida coloratura, specialmente nel rondò finale, anche se, a nostro avviso, sarebbe preferibile una voce leggermente più brunita e meno da “soprano soubrette”. Maria Callas propose una Fiorilla sfavillante ma con un timbro scuro. Quale quello che Olga Peretyatko sfoggiò un anno e mezzo fa alla Scala e alla Staatsoper unter den Linder ne “La sposa dello Zar” di Rimsky-Korsakov.
© Riproduzione Riservata.
Nessun commento:
Posta un commento