venerdì 26 agosto 2016

Festival Salisburgo in Musica settembre

Il 28 luglio, la manifestazione e` stata
aperta dall’attesissima prima
mondiale di The Exterminating
Angel (L’Angelo Sterminatore), terza
opera di Thomas Ade` s, il quale
ha anche concertato l’Orchestra
Sinfonica della Radio di Vienna. Il
lavoro e` coprodotto con il Covent
Garden di Londra, il Metropolitan di
New York e il Teatro Reale di Copenaghen.
Al pari delle due opere
precedenti di Ade`s (Powder her Face
tratta da un fatto di cronaca e
The Tempest da Shakespeare) e`
probabile che nei prossimi anni si
vedra` nei maggiori teatri europei,
americani ed asiatici. L’opera, presentata
con un solo intervallo, e`
tratta dal film eponimo di Luis Bun
˜ uel del 1962: dopo una serata a
teatro, un gruppo di persone appartenenti
all’alta borghesia si riunisce
a cena. Quando uno dei commensali
si mette al piano per suonare, e
tutti si accorgono che si sta avvicinando
l’alba, non riescono piu` ad
uscire dalla villa. Restano reclusi,
come bloccati da incantesimo (nonostante
polizia, esercito ed anche
religiosi tentino di tutto per dar loro
una via d’uscita). Dopo qualche
giorno di prigionia, alcuni danno il
peggio di loro stessi. Riescono ad
uscire, ma sara` una liberazione di
breve durata: restano «naufraghi».
Una parabola mista fra realismo,
surrealismo e religiosita` , simbolo –
secondo Bun˜ uel – della «condizione
borghese intrappolata in se stessa
ed incapace di comprendere il mondo
». L’opera di Ade` s e Cairns e` , per
Salisburgo, Haus fu¨ r Mozart, Stiftskirche St. Peter, Grosses Festspielhaus,
Kollegienkirche, Felsenreitschule, 28 luglio - 2 agosto 2016
ADE`
S The Exterminating Angel A. Echalaz, A. Luna, A. S. von Otter, S. Matthews, C. Rice, S.
Bevan, C. Workman, F. Antoun, D. A. Moore, I. Davies, E. Lyon, S. Byriel, T. Allen, J. Tomlinson;
ORF Radio-Symphonieorchester Wien, Salzburger Bachchor, direttore Thomas Ade` s regia
Tom Cairns scene e costumi Hildegard Bechtler
MOZART Messa in do minore C. Gansch, C.E. Craig, M. Schmitt, M. Walser; organo Michaela
Aigner Salzburger Bachchor, Camerata Salzburg, direttore Adam Fischer
EO¨ TVO¨ S Halleluja - Oratorium balbulum I. Vermillion, T. Lehtipuu, P. Simonischek BRAHMS Variazioni
su un tema di Haydn op. 56a MAHLER Adagio della sinfonia n. 10 Coro della Radio
Ungherese, Wiener Philharmoniker, direttore Daniel Harding
STRAUSS Die Liebe der Danae K. Stoyanova, T. Konieczny, N. Ernst, W. Ablinger-Sperrhacke,
R. Hangler, G. Siegel, P. Kolgatin, A. Fru¨ h, R. S. Green, J. Park, M. Celeng, O. Bezsmertna, M.
Selinger, J. Johnston; Wiener Philharmoniker, Konzertvereinigung Wiener Staatsopernchor, direttore
Franz Welser-Mo¨ st regia e scene Alvis Hermanis costumi Juozas Statkevicˇus
EO¨ TVO¨ S Shadows, Sonata per sei, A Chinese Opera flauto Vera Fischer clarinetto Olivier Vivare`
s Klangforum Wien, direttore Pe´ ter Eo¨ tvo¨ s
MOZART Cosı` fan tutte J. Kleiter, A. Brower, M. Jankova` , M. Peter, A. Arduini, M. Volle; Morzarteumorchester
Salzburg, Konzertvereinung Wiener Staatsopernchor, direttore Ottavio Dantone
regia e scene Sven-Eric Bechtolf costumi Mark Bouman
vo, con Froh che entrava in scena
come un giocatore di golf, Donner
come un lanciatore del martello,
Fasolt come un giocatore di football
americano, Fafner bardato da
portiere di hockey su ghiaccio; e
poi Bru¨ nnhilde vestita da fantino,
Hunding e Fricka da motociclisti, le
walchirie che giravano per il palcoscenico
in mountain bike. C’era anche
qualche tratto ironico, piu` scanzonato
che dissacrante: ad esempio
nella scena « siderurgica di Siegfried
alle prese con Nothung, dove
l’eroe piu` che fondere una spada di
metallo sembrava cucinarsi un uovo
al tegamino. La regia calcava anche
la mano sull’idea di Siegfried
come eroe bambino, con una grande
quantita` di rimandi al mondo
dell’infanzia e ai giocattoli: c’erano
ragazzini che sbucavano in ogni
scena; la natura era popolata da
animali di legno, orsi, uccelli, rane,
cavalli, e anche il drago appariva
come una buffa concrezione lignea,
con una grande dentiera; Siegfried
si inoltrava nel bosco con il suo inseparabile
orsetto di peluche. Lo
spazio scenico si espandeva in tutte
le direzioni: le tre Ondine volteggiavano
inerpicate in cima a grandi
scale semoventi; nella scena del Nibelheim
le incudini erano disposte
(e suonate) lungo tutto il perimetro
del teatro, i suoni dei corni echeggiavano
ovunque; e nella Go¨tterda
¨mmerung Alberich entrava in
scena dall’alto, calato con una corda
sulla testa di Hagen. Sul podio,
Kuhn dimostrava la sua dimestichezza
con le partiture wagneriane,
offrendo una lettura solida, ricca di
colori, sempre attenta al canto, in
un crescendo di tensione e coinvolgimento,
dal Rheingold (un po’ impreciso)
a una sontuosa Go¨tterda¨mmerung,
caratterizzata da grandi
propulsioni dinamiche. Sempre interessante
la scelta dei cantanti, reclutati
all’Accademia Montegral.
Tra i migliori c’erano l’Alberich di
Thomas Gazheli (anche nel ruolo di
Wanderer), dalla voce rotonda e
molto espressiva; il Wotan di Vladimir
Baykov (nella Walku¨re), che
nonostante un registro grave poco
sonoro, si ammirava per il timbro
caldo e la finezza del fraseggio; la
Bru¨ nnhilde di Nancy Weissbach,
che nel finale di Siegfried dominava
la scena con una voce copiosa,
ricca di sfumature, di grande personalita`
; Andrea Silvestrelli, magnifico
Fafner, cavernoso e terrificante,
meno convincete come Hagen. Il tenore
neozelandese Andrew Sritheran,
un Siegmund di grande qualita`
e molto credibile in scena, era affiancato
dall’ottima Marianna Szivkova,
una Sieglinde di temperamento
e ottima attrice. Da segnalare
l’eccellente Fricka di Hermine Haselbo
¨ ck, l’autorevole Loge di Johannes
Chum, l’Erda di Rena Kleifeld
(nel Siegfried), che sfoggiava un’autentica
voce di contralto, e due
Waltraute di lusso: Rita Lucia
Schneider, vera leader delle cicliste
nella Walku¨re, e Svetlana Kotina,
trascinante e appassionata nel duetto
della Go¨tterda¨mmerung.
Gianluigi Mattietti
16 musica 279, settembre 2016
certi aspetti, ancora piu` esplicita e
piu` dura del film, soprattutto per la
raffinatissima scrittura musicale, tonale
e fortemente polifonica (in
scena ci sono 15 personaggi), e con
arie, duetti e concertati, ma anche
con molto declamato. Richiede una
grande orchestra con strumenti non
convenzionali; ad esempio, l’introduzione
e` costituita da suoni di
campane e per la prima volta in
Ade` s compare la musica elettronica,
nonche´ le onde martenot, col loro
suono delicato e profondo a rendere
un angelo sterminatore al tempo
stesso seducente e distruttore.
Lenta e quasi ossessiva nella prima
parte, l’opera assume un ritmo incalzante
nei due intermezzi e nella
seconda parte per concludersi con
un finale liberatorio (pur se sappiamo
che sara` di breve durata). Alcuni
degli interpreti (quali Anne Sofie
von Otter, Charles Workman, John
Tomlinson e Thomas Allen) calcano
da moltissimi anni le scene e fanno
valere il proprio carisma. Tra gli altri,
tutti molto bravi anche come attori,
spicca Audrey Luna, nel ruolo
di Leticia, la cui aria dolcissima e
trasparente della seconda parte
porta alla liberazione (temporanea)
dei «naufraghi».
La proposta della Messa di Mozart
era la controparte musicale del
dramma mistico Jedermann di Hugo
von Hofmannsthal che ogni anno
apre il festival sulla piazza del Duomo.
Risalente al 1783, venne per la
prima volta eseguita proprio nella
Chiesa di San Pietro il 26 ottobre di
quell’anno. Molti studiosi la considerano
come un dono di nozze a
Costanze, da poco diventata sua
moglie. La partitura ritrovata negli
archivi e` incompleta: il musicologo
Peter Quantrill la paragona alla mai
terminata Sagrada Familia di Gaudı`.
Il 29 luglio, la Camerata Salzburg,
diretta da A´ da´m Fischer, il
Bachchor di Salisburgo ed i quattro
solisti (Christina Gansch, Claire Elizabeth
Craig, Maximilian Schmitt e
Manuel Walser) hanno offerto un’esecuzione
traboccante di amore e
di devozione. Quest’anno la sezione
di musica contemporanea del festival
di Salisburgo e` stata dedicata a
due autori: Thomas Ade` s e l’ungherese
Peter Eo¨ tvo¨ s. A ciascuno stati
dedicati tre eventi: ad Ade`s la prima
mondiale dell’opera The Exterminating
Angel e due concerti (rispettivamente
uno di musica sinfonica
ed uno di musica da camera),
ad Eo¨ tvo¨ s, la prima mondiale di un
oratorio e due concerti
Halleluja di Eo¨ tvo¨ s, sottotitolato
oratorium balbulum (ossia oratorio
balbuziente), si basa sulla vicenda
di un musicista monaco di St. Gallen
del 900 dopo Cristo, Notker Balbulus,
successivamente canonizzato,
che a causa della balbuzie aveva
difficolta` a comunicare. Nell’oratorio
un narratore racconta come un
angelo (mezzosoprano) ponesse domande
al profeta (tenore) che non
riusciva a rispondere tempestivamente.
Nel contempo, il coro intona
un Alleluja con citazioni di Monteverdi,
Ha¨ ndel, Mozart, Mussorgski e
Bruckner: ancora una parabola della
difficolta` di comunicazione del
nostro tempo balbuziente e della
necessita` di affidarsi all’Alto per capirsi.
Un’orchestra di grandi dimensioni
si presentava su tre piani sulla
sinistra del palcoscenico, mentre il
coro era su piu` livelle alla destra.
Nella seconda parte Daniel Harding
ha diretto, con molta maestria, i
Wiener nelle brahmsiane Variazioni
su un tema di Haydn e nell’Adagio
della Decima di Mahler.
Die Liebe der Danae (L’amore di
Danae) e` una delle opere meno rappresentate
di Richard Strauss: allo
stesso festival di Salisburgo e` stata
messa in scena solo due volte (se si
escluse la prova generale del 1944
quando la prima e le repliche vennero
sospese a ragione della guerra).
E `
un’opera che Strauss amava
moltissimo, e a cui lavoro` per oltre
quindici anni: il canovaccio venne
predisposto da Hugo von Hofmannsthal,
prima di morire per un
attacco cardiaco. Strauss chiese al
poeta Stefan Zweig di redigere il libretto
clandestinamente (Zweig era
ebreo e, quindi, persona non gradita
al nazismo). La censura intercetto`
la corrispondenza (sul libretto)
tra Strauss e Zweig: il poeta emigro`
in Messico (dove morı` tragicamente)
e il compositore perse l’incarico
di Presidente della Camera dei Musicisti
del Reich. Strauss allora affido`
la stesura del testo all’allora giovane
drammaturgo e poeta Joseph
Gregor. L’opera richiede un cast
enorme (con due tenori eroici e
uno lirico), un soprano dalla scrittura
vocale impegnativa, una quindicina
di solisti in ruoli minori, mimi e
ballerini, nonche´ un’orchestra smisurata.
Scritta durante le devastazioni
della Seconda guerra mondiale,
nel congedarsi dai Wiener Philharmoniker,
Strauss ottuagenario
scelse di eseguire l’intermezzo sinfonico
in do maggiore del terzo atto
di Die Liebe Der Danae e, al termine,
abbassata la bacchetta disse:
«Spero di rivedervi tutti in un mondo
migliore». Il regista e scenografo
Alvis Hernanis situa la vicenda in
un Rajastan come puo` essere immaginato
da un pittore Jugendstil (ad
esempio Klimt), un mondo da Utopia
in cui Danae, assetata di oro al
primo atto, trova l’amore nella vita
povera nel secondo e nel terzo, con
grande rincrescimento di Giove.
Nonostante non ci siano stati cenni
di dissenso in sala, alla prima del
31 luglio non tutti hanno apprezzato
questa scelta, connotata da suoi forti
colori e in un’atmosfera quasi da
film storico prodotto a Bombay. Di
grandissimo livello, pero` , l’esecuzione
musicale: Franz Welser-Mo¨ st, alla
guida dei Wiener Philharmoniker,
ha ben reso la struggente bellezza
della partitura, in equilibrio tra ironia
e melanconia. Fra le grandissime
voci, doveroso ricordare almeno
Tomasz Konieczny, Krassimira
Stoyanova, Gerhard Siegel e Regine
Hangler
Interamente dedicato a Eo¨ tvo¨s era
il terzo concerto diretto dal compositore
stesso nella Chiesa dell’Universita`
. L’orchestra era il Klangforum
di Vienna, un complesso specializzato
in musica contemporanea,
elettronica ed elettroacustico,
che curiosamente andava a pennello
con l’elegante barocco bavarese
del luogo di culto. I tre brani precedono
l’attivita` operistica di Eo¨ tvo¨ s,
molto intensa negli ultimi anni e di
grande successo in Francia, Germania
e Stati Uniti. Sono, pero` fortemente
teatrali. Il primo, per flauto,
clarinetto e orchestra risale al 1995-
96. Si intitola Shadows: interagendo
con l’orchestra, i due strumentisti
danno vita ad un vero e proprio teamusica
279, settembre 2016 17
Assente dal Costanzi addirittura dal
1913 (un’unica recita con la Storchio),
Linda di Chamounix di Gaetano
Donizetti vi e` rientrata con
qualche prestigio di voci e di messa
in scena. Quella d’aver locandine illustri
sembra, da sempre, la sorte
della Linda: dalla sua creazione
viennese nel maggio del 1842, con
la Tadolini, Moriani, la Brambilla,
Varesi e De´ rivis, all’edizione scaligera
del 1972 (la Rinaldi, la Zilio,
Kraus, Bruson, Dara, Gavazzeni) e
ben oltre. Fino al debutto della presente
coproduzione, al Liceu di Barcellona
nel 2011, con la Damrau, la
Tro Santafe´ , Flo´ rez, Spagnoli, De Simone
ed alla sua attuale riproposta
romana, tutt’altro che in subordine.
Il problema della Linda di Chamounix
(che´ dell’esistenza d’un
« problema » relativo a questo prodotto
della maturita` donizettiana
deve parlarsi) non e` tanto legato a
suoi impervi tornanti esecutivi,
quanto alla stessa partitura. Curata
allo spasimo dal Bergamasco, orchestrata
in modo favoloso (Haydn,
Beethoven e Rossini dietro l’angolo),
ricchissima come obbligatorio
per Vienna e il Teatro di Porta Carinzia,
e` in realta` ipertrofica, se non
a tratti obesa: arie a non finire, dieci
duetti, ensembles, cori, stesi per
ben piu` di tre ore, non sempre son
stati latori d’interesse, qualita`, idee
catturanti. Che pur negli imminenti
Don Pasquale o Dom Se´bastien verranno
a iosa e con ben altre sortite
da un convenzionale di lusso, che
qui invero abbonda. Ne´ soluzione a
cio` e` stato tagliare la bellissima Sinfonia:
il classico lavoro di editing di
Gavazzeni alla Scala faceva ascesi
di quaranta minuti di musica (pur
tenendo la Sinfonia), una volta tanto
con lodevoli risultati. Tuttavia e
senza dubbio alcuno (oltre a certe
pagine corali, precipua la Preghiera
che chiude il primo atto) restano
memorandi due ritratti: Linda, la
protagonista e il marchese de Boisfleury.
Lei e` figura molto piu` articolata
della consueta « fanciulla martire
» da opera semiseria (o da romanzo
popolare), trascorrendo lungo
il proprio arco vocale e drammatico
dall’ingenua villageoise uso Giselle
o Amina, alla gran mantenuta
parigina uso Manon o Violetta (ma
castissima); dal lirico puro e soave
alla piu` astrale coloratura drammatica;
dal pudore allo slancio appassionato
alla follia. E proprio la scena
della pazzia, in fine del secondo
atto, resta la pagina di piu` nuova,
genialissima, sconvolta invenzione.
L’attempato nobiluomo sembra di
suo rispondere alla tipologia del
buffo con velleita` seduttive: ma siamo
al tramonto del genere e Donizetti
ci tiene a farcelo sapere. Sı`
che le intenzioni di subentro nelle
tro di ombre. Il secondo, Sonata
per 6, e` del 2005, composto per il
125 ° anniversario della nascita di
Barto´ k, il maestro viene commemorato
con un concerto in cui un pianoforte
digitale dialoga con un pianoforte
tradizionale, mentre un impianto
elettronico raddoppia i suoni
ed interagisce con il resto dell’orchestra.
Infine Chinese Opera, che
risale al 1985-86 quando Eo¨ tvo¨s si
stava avvicinando al teatro musicale
e ricorda quattro registi (Peter
Brook, Luc Bondy, Klaus Michael
Gru¨ ber e Patrice Che´ reau) che lo
incoraggiavano in tale direzione.
Una serata affascinante.
Cosı`fan tutte dal 1920 ad oggi e`
stato messo in scena ben 45 volte
a Salisburgo: nel 2013 ero stato deluso
dalla regia di Sven Eric-Bechtolf,
che aveva collocato l’azione in
un ricco ed elegante giardino d’inverno
di fine Settecento, rendendo
l’opera leggiadra ma privandola
della sua crudelta` . Avevo quindi
dubbi se andare a vedere la sua
nuova regia con i costumi di Mark
Bouman, tanto piu` che la messa in
scena non era nella Haus fu¨r Mozart
(una sala di normali proporzioni)
ma nella enorme Felsenreitschule.
Bechtolf ha ripensato lo
spettacolo da capo a fondo e ne ha
fatto una bella e ingegnosa messa
in scena. Al centro del palcoscenico,
con l’ausilio unicamente di scene
dipinte si svolge l’azione principale,
con coro e comparse nei lati
del palcoscenico e nei tre ordini di
palchi da dove (ai tempi del Principe-
Cardinale) l’aristocrazia ammirava
gli esercizi ginnici, mentre gli affiliati
alla loggia massonica «Zur
Wohlta¨tigkeit» (Alla Beneficenza) a
cui apparteneva il compositore, assistono
all’intreccio. Don Alfonso e`
uno dei capi della loggia: illuminista,
razionalista. Lo sono anche
(ma senza troppa convinzione) i
due ragazzi (Guglielmo e Ferrando).
Non lo sono – alle donne non
era consentito esserlo in Austria e
Baviera – Fiordiligi e Dorabella. La
regia quindi non esplora solo i doppi
tradimenti, ma il contrasto tra la
simmetria teatrale e, per molti
aspetti anche musicale, e la vera e
propria esplosione di affetti (ed anche
di ormoni), contro le aspettative
razionali di Don Alfonso, nel
gioco di tradimenti da lui architettato.
Un’interpretazione geniale, ed
in linea con Mozart: arie quali Come
scoglio e Un’aura amorosa trasudano
di eros. E la stessa cameriera
Despina suggerisce a Fiordiligi
e Dorabella di far l’amor come
assassine.
Ottavio Dantone ha offerto una
splendida concertazione, piena di
sfumatura e di colori, per di piu`
senza tagliare una singola nota,
neppure nei recitativi, cosı` essenziali
alla comprensione del lavoro.
In buca c’era l’orchestra del Mozarteum,
mentre il coro era quello dell’opera
di Vienna. Ottimi – anche
come attori – i sei cantanti: Julia
Kleiter, Angela Brower, Martina
Jankova´ , Mauro Peter, Alessio Arduini
e Michael Volle.
Giuseppe Pennisi

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